“Fratellina”: grande teatro al Vittorio Emanuele con Scimone e Sframeli

“Fratellina”: grande teatro al Vittorio Emanuele con Scimone e Sframeli

Tosi Siragusa

“Fratellina”: grande teatro al Vittorio Emanuele con Scimone e Sframeli

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sabato 13 Gennaio 2024 - 17:00

Vincitore del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano 2023 – migliore novità italiana”, è in scena fino a domenica. Nel cast Cesale e Weber

MESSINA – Grande teatro al Vittorio Emanuele con “Fratellina“, la ben calibrata pièce messa in scena dal 12 gennaio, con repliche del 13 e 14. Lo script magistrale di Spiro Scimone ha trovato consone interpretazioni nello stesso Scimone, in Francesco Sframeli e in Gianluca Cesale e Giulia Weber, sotto la sapiente direzione di Sframeli.

Una Produzione Teatro Metastasio di Prato e associazione culturale Scimone Sframeli. Il linguaggio ha qui operato oltre la propria soglia, in una sorta di lieta epifania, dal corpo carnale al corpo del testo, alla ricerca di una significanza smarrita, per dar colore alle sfumature, sbiadite, della nostra contemporaneità, ove il sogno non ha più diritto di cittadinanza.

Brillante e persuasiva mise en scène sulla riscoperta dei veri colori esistenziali

“Fratellina” è stato vincitore del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano 2023 – Migliore Novità Italiana”, a siglare il trentennale impegno della Compagnia, la cui fondazione risale al 1994, e che ricordiamo al debutto con “Nunzio”, in lingua messinese.

Da lì un percorso costantemente rivivificato, che è sgorgato, vitale, dal vissuto, dall’osservazione, e in cui, ogni nuova rappresentazione, pur incorporando la precedente e trovando vasta eco nella successiva, quindi conservando una cifra stilistica ben netta e riconoscibile, ha apportato comunque innovazioni e demarcato una novella conquista.

Teatro dell’Assurdo…non si ha difficoltà ad appellarlo, che, se rinviene i propri capisaldi in Beckett, Ionesco e Pinter, in primis attinge dal siciliano Pirandello, da Franz Kafka, tenendo in ogni caso sempre a mente la lezione shakespeariana.

Una narrazione intrisa di delicata grazia

Una narrazione intrisa di delicata grazia, che ci ha trasportati nell’universo di Nic, Nac, Fratellino e Sorellina, nel loro habitat, contrassegnato da due coppie di letti a castello, ove le interazioni fra i protagonisti si sono mantenute sempre in perfetto equilibrio fra umorismo e dramma.

I toni leggeri hanno denotato prevalenza del sentimento della tenerezza,con l’anelito ad aprire le nostre anime all’accoglienza dell’altro, per conquistare o quantomeno tendere verso legami intrisi di autenticità e si è rintracciata, quale tematica dominante, la riscoperta dell’interiorità, colma di purezza, al di là e contro il materialismo imperante, in una intensa gamma di tonalità,per bucare il bianco e nero delle nostre vite, ove la fantasia è stata relegata a dimensione notturna “tout court”, che alla luce del giorno opportunamente va rimossa.

La scenografia appropriata di Lino Fiorito, con il disegno di luci di Gianni Staropoli, ha riprodotto la scena con una coppia di letti a castello metallici di colore verde – speranza,posti in parallelo laterale, a simboleggiare dimore chiuse all’esterno, ove chi abita sa interagire a malapena solo con il proprio co-inquilino, con una sorta di lampadario a forma prima di sole giallo e poi di una luna di un bianco perlaceo, e una carta da parati stagliata sul fondo,che ,da una unica sfumatura scura, si è fatta verde – dorata,differenze che hanno evidenziato lo scorrere incessante e ineludibile del tempo.

I costumi, infine, di Sandra Cardini, hanno rimandato ad una atmosfera che, pur nel trascorrer delle ore, non è mai del tutto notturna, ma al più onirica, a significare la fissità di situazioni, mai davvero in evoluzione…anche se in verità le forti colorazioni di alcuni abiti, ma soprattutto le calzature dei protagonisti, una sorta di clogs, hanno avuto predominanza, come i materassi – coperte, che hanno virato verso quadrettature rosso-verdi-blue-grigie.

Un monito racchiuso nella visione della performance, quello di riappropriarci dell’umanità barattata, recuperando le cose dimenticate, i colori naturali per poter vedere nuovamente il mondo senza la lente deformante che rende tutto conforme e spento. I racconti di Nic e Nac – dapprima da soli in scena, con l’espediente dell’oscuramento del secondo letto a castello- e quelli, successivi, di “Fratellino” e “Sorellina”, ci hanno fatto ripiombare con lieve giocosità, con l’ausilio di dialoghi sempre suadenti, di parole che si sono reiterate, e di tanto ascolto dell’altro, anche dei suoi silenzi, nell’attesa, in quella dimensione dell’”esperar” che oggi è andata persa.

Applausi convinti alla fine

Un plauso, in conclusione, associandomi al gradimento espresso con applausi convinti e prolungati dal pubblico presente, ad uno spettacolo che ha parlato alle nostre anime, più che alle coscienze, per risvegliare il nostro primordiale senso di stupore e meraviglia, ritrovare la pulsione a vivere davvero e a riconquistare l’empatia e l’umanità, superando lo scoramento e le delusioni che sovente ci hanno fatto capitolare e riuscendo a guardare ad ogni nuova alba con occhi novelli, come Nic, Nac e Fratellino e Sorellina, che, armandosi di coraggio, escono finalmente da quei letti – dimore, monadi cullanti ,fin lì,,.quali amniotici uteri materni, per aprirsi all’esistenza ,verso una nuova dimensione, simboleggiata da un armadio, che, allocato, chiuso, nel prosieguo della pièce e focus della scena, finalmente Sorellina si decide ad aprire e che diviene porta di accesso alla vita, mentre può irrompere la musica a sottolineare il passaggio.

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