“Il ritorno". L’interpretazione magistrale di Irene Muscarà

“Il ritorno”. L’interpretazione magistrale di Irene Muscarà

Tosi Siragusa

“Il ritorno”. L’interpretazione magistrale di Irene Muscarà

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giovedì 02 Febbraio 2023 - 18:00

Ai Magazzini del Sale, come attrice e regista, l'artista messinese ha riscritto il romanzo "Tutto scorre" del russo Grossman

MESSINA – Ai Magazzini del Sale, per la Rassegna “Doppia Replica”, lo scorso fine settimana è stata portata in scena la toccante pièce “Il ritorno”, interpretata magistralmente e auto diretta da una eccellenza messinese, l’artista Irene Muscarà. Alla stessa si è attestata la sapiente riscrittura, liberamente tratta dal testo, il sublime romanzo del russo Vasilij Grossman, titolato “Tutto scorre”.

L’esistenza che scorre fra sradicamento, separazioni e sofferti ritorni

Il focus è da subito posto sul rientro a Mosca, dopo un lunghissimo trentennio, a seguito della morte del “Divo” Stalin, il 5 Marzo 1953, del dissidente Ivan, uno dei tanti, che in Siberia hanno scontato innocui comportamenti, gesti, modi di essere o dichiarazioni intesi quali ribellione al Regime comunista Sovietico.

Irene Muscarà riesce a penetrare le nostre menti e i nostri cuori, è soave e perturbante in uno, incisiva e essenziale, ma capace di operare un sapiente scandaglio psicologico e tratteggiare a tutto tondo il ritratto del protagonista rinchiuso in quel lager ghiacciato e del suo universo ritrovato o degli affetti solo evocati.

Per quasi sessanta minuti si rimane inchiodati al cospetto di quella sua presenza lieve e pregna di grazia, ma assertiva, autorevole, autentica, e a quella voce incisiva, che scandisce alla perfezione ogni parola, che permea ogni meandro delle nostre esistenze e si impone con la storia di un calvario, come tanti altri, che la scrittura e la performance sono riusciti a restituire….. quella “normale” resistenza alle ingiustizie, ai soprusi, all’annientamento dell’essere umano, deprivato del bene primario, infungibile, la libertà in ogni sua declinazione.

Dicevo “normale”, ma non rappresenta di certo la regola… quella di reagire ai soprusi, piccoli o grandi che siano, che nei regimi dittatoriali, di qualsivoglia segno, diviene pressante e stringente su ogni ambito di espressione della vita… La maggioranza non si oppone per quieto vivere, per vile accettazione della legge del più forte, per convenienza e, anzi, si fa sovente carnefice dei più pregevoli, quelli che denunciano e rifiutano di sottostare, a mezzo di codine delazioni anonime.

E questa narrazione ben si attaglia al nostro Eroe, che, scontata la deportazione, o meglio, grazie al decesso dell’ultimo Capo del regime sovietico drammaticamente ricordato per i suoi crimini di Stato, ritorna nella capitale, in visita alla coppia di cugini, tali Nicolay e Maria perbenisti e menefreghisti, che vogliono campare tranquilli, tutti presi dalle loro storie personali. Da loro apprende che la sua Anna è viva e si è rifatta una vita a Leningrado. Inevitabile lo choc: il Nostro l’aveva creduta morta, (ritenendo che solo tale evento ineluttabile avrebbe potuto interrompere la loro comunicazione attraverso la corrispondenza) e scontato il tentativo di ritrovarla, o quanto meno, di rivederla anche da lontano (dal quale subito desiste, sentendola, adesso, lontana da sé anni luce). Anche la conversazione con Pinegin – colui che lo aveva denunziato alle Autorità per i suoi discorsi in difesa del valore della libertà – lo farà sentire tremendamente solo, ancor più di quando viveva nel gelo siberiano.

L’incontro con una vedova, Anna Sergeevna gli consentirà di proseguire in qualche modo l’esistenza. Il lager maschile attraverso la memoria di Ivan, apprendiamo, era distinto da quello femminile da una “striscia di fuoco”, e così si tira fuori dall’oblio la figura di Masha, tratta in arresto per non aver voluto denunciare il marito, separata dalla propria figlia rinchiusa in orfanotrofio, seviziata e violentata, che riuscirà a ricongiungersi con i propri cari solo da cadavere in una cassa. La Muscarà porta in scena ogni personaggio evocato con innegabile maestria, con esiti di elevatissima professionalità.

Una piccola storia nella straripante tragedia dei regimi che largamente hanno inciso, mettendo la sordina a esistenze degne di appellarsi tali.

Non sono risultati necessari orpelli scenici, né di costume (solo uno sgabello, dal quale Muscarà si alza nei vari passaggi della drammaturgia, con indosso abiti neri, e i capelli biondi raccolti o intrecciati e l’espressione assorta e vivida in uno) per questa grandiosa rappresentazione – che si è retta sulla presenza scenica monologante della concittadina I. Muscarà – sulla quale non può che esprimersi plauso, menzionando che la formazione artistica della performer, durante la frequenza dell’Istituto Maurolico, nell’ambito della drammaturgia teatrale, si è avviata proprio grazie all’apporto dell’Associazione “Teatro dei Naviganti”, che già all’epoca poteva contare sulla innegabile preparazione sul campo della attuale direttrice artistica, l’eccellente Artista Maria Pia Rizzo. Irene Muscarà, mi piace sottolineare, aveva, tre anni orsono, portato in scena “Le cinque sorelle” di Cechov presso la stessa sede teatrale.

Un’altra performance di pregiatissima levatura, allora, per questa stagione in corso ai Magazzini del Sale, ove fin qui non si sono annoverati se non spettacoli ragguardevoli oltre misura.

Applausi scroscianti e ripetuti hanno salutato la polivalente artista, che ha mostrato, attraverso la sua lunga frequentazione russa, di saper maneggiare tale cultura, attraverso la conoscenza reale di quel mondo e della sua storia quasi recente.  

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