Joyce Carol Oates tra la scrittura del terrore e la possibilità del multiverso L’INTERVISTA

Joyce Carol Oates tra la scrittura del terrore e la possibilità del multiverso L’INTERVISTA

Emanuela Giorgianni

Joyce Carol Oates tra la scrittura del terrore e la possibilità del multiverso L’INTERVISTA

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lunedì 19 Giugno 2023 - 08:12

Al Tabouk, la scrittrice americana, autrice di più di 100 titoli, ha presentato Babysitter, appena uscito anche in Italia

TAORMINA – Joyce Carol Oates non è incasellabile dentro nessuna definizione, categoria, classificazione. La sua produzione letteraria conta più di 100 libri tra romanzi, raccolte di racconti, non-fiction, poesia, testi teatrali o per l’infanzia.

È un’autrice capace di lavorare contemporaneamente alla storia di un dodicenne che assiste a una violenza sessuale di gruppo su sua madre (Stupro. Una storia d’amore) e ad un libro illustrato per bambini come Il gattino che si credeva una volpe (entrambi sono, infatti, stati scritti nel 2003).

Ed è una delle grandi protagoniste del Taobuk 2023. Al Festival del libro taorminese, la scrittrice americana ha, inoltre, presentato l’ultima fatica letteraria Babysitter, appena uscito anche in italiano.

In questa occasione, si è raccontata a Tempostretto, tra la firma di un libro e l’altra, i cui titoli fanno da filo conduttore alla nostra discussione.

L’intervista

Iniziamo proprio dall’ultimo suo lavoro, l’avvincente thriller Babysitter. Cosa dobbiamo aspettarci?

“Ho voluto descrivere l’avventura di una donna dalla personalità indefinita e, però, dalla forte purezza. I lettori – ed io con loro, come autrice – vivranno le sue esperienze attraverso i suoi occhi. Ho deciso di raccontare tutto al presente senza utilizzare mai il passato, le nostre vite si dipanano ora e da ora guardiamo verso il futuro. Volevo trasmetterlo concretamente con la mia scrittura. Al centro della storia di questa donna, di nome Hannah Jarrett, ci sono una serie di terribili omicidi che sconvolgono Detroit. Ho vissuto e ho scritto per un po’ di anni in un quartiere periferico di Detroit. In quegli anni – il libro è ambientato tra il 1976 e il 1977 – passavamo ogni giornata in preda all’angoscia per la presenza di un serial killer che uccideva i ragazzini. Un giornalista lo ribattezzò il Babysitter. Volevo che i miei lettori sentissero cosa vuol dire vivere nel terrore”.

In tantissimi le chiedono di firmar loro “L’altra te”. In questo testo, mostra a ciascuno di noi come potrebbe essere la nostra vita se avessimo fatto scelte diverse. Racconta la possibilità di destini differenti e la possibilità di incontro tra le diverse versioni di noi stessi. Lei crede, allora, alla realtà del Multiverso, questa prospettiva della fisica teorica secondo la quale esisterebbero universi coesistenti fuori dal nostro spazio tempo?

“Mi affascina molto l’idea di poter sperimentare in diverse dimensioni dello spaziotempo varie prospettive e versioni di noi stessi, che ci sia spazio nell’universo per lo svilupparsi e l’evolversi anche di ogni scelta che non abbiamo compiuto. È una grande avventura e sono certa che ne scopriremo sempre di più. Sarà un viaggio in noi stessi e un modo incredibile di scoprirci liberi”.

Ma sono, poi, tantissimi i testi consegnati tra le mani della Oates per riceverne la firma. Da Blonde – da cui è tratto il celebre e controverso film omonimo – a Respira o Una famiglia americana. In una scrittura così molteplice, vi è un filo conduttore a fare da guida comune?

“Tutti i miei scritti sono un lavoro sperimentale, alcune delle cose che ho scritto sono reali, autobiografiche, altre sono fittizie. Scelgo una struttura che abbia sempre a che fare con il mistero e poi vado ad approfondirla. È quello che facciamo nella vita. Arriviamo in questo mondo misterioso e dobbiamo trovare sempre un perchè al nostro esistere e stare con gli altri, anche se, spesso, più si sa più non si vorrebbe sapere. Credo che tutti noi abbiamo delle storie, storie speciali che riguardano genitori o nonni, storie su noi stessi, storie che nessuno sa. Abbiamo il compito di divulgarle; non per forza nella loro verità, non per forza cronologicamente, possono diventare degli espedienti per parlare di altro. Ma esprimerci attraverso le parole ci permette di far entrare gli altri dentro la nostra porta”.

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