“La Bibbia riveduta e scorretta”. Applausi per gli Oblivion al teatro Vittorio Emanuele

“La Bibbia riveduta e scorretta”. Applausi per gli Oblivion al teatro Vittorio Emanuele

Marco Ipsale

“La Bibbia riveduta e scorretta”. Applausi per gli Oblivion al teatro Vittorio Emanuele

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sabato 08 Febbraio 2020 - 15:52

La storia è dissacrante ma il messaggio resta quello originale... con umanità

Mainz (Magonza), 1455. Johannes Gutenberg (Davide Calabrese) ha concluso i suoi esperimenti, ora è in grado di comporre e stampare un libro. Quale? Alla porta della sua stamperia bussa un signore, anzi il Signore. Dio (Fabio Vagnarelli) vuole diffondere nel mondo il suo messaggio, Gutenberg, assistito da Frau Schöffer (Graziana Borciani), lo trasforma nel primo libro, e best seller, della storia: la Bibbia.

Ma non è la Bibbia che conosciamo oggi. E’ “riveduta e scorretta”, con parti scartate, dopo un continuo braccio di ferro tra autore ed editore. E’ la verità degli “Oblivion”, il gruppo emiliano che ha portato in scena l’opera al teatro Vittorio Emanuele di Messina, centesima replica, tra applausi, risate e spunti di riflessione. Nato nel 2003 e diventato famoso nel 2009, grazie a “I Promessi Sposi in 10 minuti”, video da 6 milioni di visualizzazioni su Youtube, poi una carriera in crescendo.

22 brani originali, dal barocco al rap, una ricerca storica frutto di una buona conoscenza di base della Bibbia, quella vera, e dell’invenzione della stampa a caratteri mobili. Uno spettacolo scritto e inscenato tutto dagli “Oblivion”, così come le musiche (Lorenzo Scuda) e le coreografie (Francesca Folloni). La regia, invece, è di Giorgio Gallione, le scene e i costumi di Guido Fiorato.

Dalla circoncisione nella legge ebraica al racconto del diluvio universale, la storia è dissacrante ma il messaggio resta quello originale: “Se tu credi nel Signore lui crede in te”. Poi una serie di spunti comici: le peripezie per costruire l’arca, una teoria alternativa sull’estinzione dei dinosauri, Abele, Caino e la cucina di “Paternosterchef”, il “Pentateucothlon”.

Dal Vecchio al Nuovo Testamento, sul finire del primo atto entra in scena Gesù (Lorenzo Scuda), in versione rap (“mi chiamo J. C.”), protégé della finanziatrice dell’opera, la malefica Frau Fust (Francesca Folloni), che ha un credito nei confronti di Gutenberg e accetta di entrare in società per diventare la prima editrice della storia.

Arriva Pilato e per decidere chi liberare tra Gesù e Barabba si va al televoto, fin quando i protagonisti si rendono conto di aver esagerato e, a due ore dal Natale, tentano di riscrivere tutto. I precetti divini vanno sì applicati, ma con umanità. Citazioni di vendette da Esodo e Levitico, “vecchi precetti sembravano perfetti millenni fa… però magari adesso no”. E’ il brano finale, che raccoglie più applausi di tutti, prima del saluto, col ricordo del produttore Paolo Guerra, appena scomparso.

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