Storici, ricercatori, dipendenti e cittadinanza si mobilitano per scongiurare l'amaro esito. Si pensa ad una nuova sede ma anche a non cedere i preziosi documenti
MESSINA – All’appello lanciato per salvare l’Archivio di Stato di Messina hanno risposto associazioni, storici, ricercatori, dipendenti e amici dello stesso. L’ente statale, al momento collocato in via La Farina, dovrà cambiare sede in virtù del fatto che l’affittuario destinerà ad altro utilizzo i suoi locali. Questa possibilità gli è stata data dal contratto sottoscritto col ministero stesso che non ha tenuto conto dei disagi e soprattutto tempi che l’Archivio vivrà per trovare dei luoghi adatti in cui trasferirsi in così breve tempo. Per questo motivo il timore è che i documenti possano essere smistati a Palermo o Catania facendo scomparire di fatto la sede peloritana.
A lanciare l’allarme e riunire quante più persone possibili a sostegno dell’Archivio di Stato di Messina è stato l’ex direttore Alfio Seminara, colui che si occupò di un primo trasloco da via XXIV Maggio a via La Farina ormai più di quindici anni fa. “L’appoggio dei cittadini è stato indiscusso – spiega Seminara – appena saputo che la documentazione rischiava di andare via da Messina c’è stata una risposta corale, da storici, ricercatori e persone comuni. In passato è già successo di perdere documenti, ferite mai sanate, finiti a Palermo e che non torneranno più”.
“Possibile nuova sede il Don Bosco”
La possibile soluzione un nuovo locale in città: “La direzione locale sta trattando con la curia per il Don Bosco (in viale San Martino, ndr) ma è una struttura obsoleta e vanno rifatti gli impianti e soprattutto bisogna fare un impianto antincendio per custodire i documenti. In attesa però vanno inscatolati i documenti per conservarli in attesa che la struttura diventi efficiente e idonea ad ospitarli. Nel frattempo va considerato che non si potranno fare ricerche e quindi i documenti non saranno accessibili agli studiosi e agli storici”.
I governi hanno diminuito i canoni di affitto
Sulla questione tecnica che ha portato a questa situazione spiega: “Non è colpa dei colleghi ma del legislatore, due governi Monti e Conte diminuirono i canoni di affitto. I proprietari alla prima decurtazione la assorbirono, la seconda non fu digerita. La continuità del contratto, da parte del ministero, era vincolata dal fatto che i proprietari accettassero o meno la diminuzione, in caso di non accettazione il contratto decadeva. Qui sta il problema perché prima bisognava pensare, prima di farlo decadere, a trovare un nuovo locale idoneo o una soluzione”.


…. una soluzione potrebbero essere containers stipati negli innumerevoli parcheggi inutili…creati da qualche anno…. almeno si utilizzerebbero queste aree inutili….
I documenti sono vecchi anche di secoli, spesso fragili, e necessitano di aree appositamente attrezzate, con umidità e temperature costanti, per non andare in briciole.
Va trovata una sede adeguata al più presto. Non possiamo permettere che quel poco che resta della nostra memoria cittadina, dopo terremoto e bombardamenti, venga definitivamente perduto per l’incuria degli uomini!
Cosa dicono il sindaco? La giunta comunale? La giunta della città metropolitana?
La biblioteca universitaria all’Arcivescovado rischia pure lo sfratto (chissà che ci vogliono fare, bed & breakfast?), l’Archivio di Stato al Don Bosco (o perché no al San Luigi, all’Ignatianum, a Sant’Orsola, alla Beata Eustochia, nel palazzo INPS di via Romagnosi, tanti edifici grandi e di pregio pressoché vuoti o abbandonati) può anche starci, anzi non sarebbe male, bisogna solo cacciare i quattrini, i preti non sono missionari…