#iononstozitta, la denuncia delle giornaliste minacciate parte da Roma. Presente anche Tempostretto

#iononstozitta, la denuncia delle giornaliste minacciate parte da Roma. Presente anche Tempostretto

Rosaria Brancato

#iononstozitta, la denuncia delle giornaliste minacciate parte da Roma. Presente anche Tempostretto

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martedì 08 Marzo 2016 - 20:54

Dall'incontro romano promosso dalla Commissione pari opportunità Fnsi è scaturito un appello al governo contro le querele temerarie, nonchè la nascita di un osservatorio sulle intimidazioni alle giornaliste ed uno sportello on line. Nel 2015 le giornaliste minacciate sono state il 19% del totale.

Dall’Egitto all’Inghilterra, dalla Turchia all’Italia passando per l’Azerbaijan le storie, le denuncie di giornaliste vittime di diverse tipologie di minacce vanno ad aggiungersi ad una già lunga lista di cronisti minacciati. Con un’aggravante, la caratteristica misogina delle intimidazioni. Aggressioni, campagne diffamatorie in rete, lettere anonime, stalking, minacce di morte, querele temerarie, sono tutte strade che hanno un unico obiettivo: il silenzio. Perché quando un giornalista, a maggior ragione se precario, free lance, privo di tutele, diventa bersaglio, il primo obiettivo da raggiungere è spingerlo all’unica arma che ha, quella di scrivere, informare. La paura di non poter sostenere economicamente il peso di una querela, o l’angoscia che deriva dalle intimidazioni, l’isolamento, si traducono spesso in un pensiero: chi me lo fa fare? Forse è meglio non scrivere.

Invece no, invece, le giornaliste italiane gridano #iononstozitta , chiamate a raccolta dalla Commissione Pari opportunità della FNSI in collaborazione con Amnesty International, Articolo 21, Cpo Usigrai, GiULia, Gruppo di lavoro pari opportunità Ordine dei giornalisti, Ossigeno, Italians for Darfur, RSF, per una denuncia corale che si è tenuta a Roma, lunedì.

L’incontro si è concluso con il primo appello al Governo per inserire norme atte a porre fine ad una delle forme più diffuse di minaccia: la querela temeraria (appello che riportiamo a fine articolo). La Cpo della Federazione italiana della stampa ha anche istituito un Osservatorio di genere ed uno sportello on line contro le discriminazioni e le molestie ed una mail protetta per le segnalazioni.

Nel 2015 oltre 500 i giornalisti italiani minacciati,dei quali quasi il 20% donne, una percentuale sempre più in crescita.

“E’ un fenomeno in aumento in tutto il mondo-ha spiegato Alessandra Mancuso, presidente Cpo Fnsi- La minaccia è un modo per zittire per questo noi vogliamo creare una sorta di scorta mediatica, una rete di supporto perché sono ancora troppe le colleghe che non hanno segnalato episodi che le hanno riguardate”.

Parte centrale dell’incontro sono state le testimonianze delle giornaliste italiane, ma l’inizio è stato affidato alla voce via Skype di una cronista egiziana che ha raccontato di colleghe arrestate senza capi d’accusa, una giornalista uccisa nel corso di una manifestazione, ed ancora pestaggi, minacce, multe. Lunedì 7 mentre a Roma si accendevano i riflettori su una realtà che sembra lontana ma ci tocca da vicino, in Egitto i giornalisti hanno protestato con uno sciopero della fame. Altrettanto a rischio sono le croniste della Turchia, come raccontato da Ceyda Karan sotto processo per aver pubblicato la copertina di Charlie Hebdo dopo il massacro di Parigi (rischia 4 anni e mezzo di carcere). Abusi in carcere, pestaggi, linciaggi mediatici, processi sommari, censure, vanno ad aggiungersi ad una presenza già ostacolata nel mondo dei media, sia per le turche che per le curde. Una giornalista rischia 20 anni di carcere per aver pubblicato in un’inchiesta sulla corruzione i nomi dei magistrati coinvolti (che sono effettivamente indagati ma si ritengono offesi dalla sola pubblicazione dei loro cognomi).

Nel 2015 nel mondo si sono registrate 6 giornaliste uccise, 5 rapite, 18 in carcere (altri 78 citizen journalist), 46 aggressioni, 5 casi di violenza sessuale.

Dal mondo all’Italia la realtà è diversa, ma questo non equivale affatto a minimizzarla. La libertà di stampa è un pilastro della democrazia e l’aumento delle minacce, soprattutto in rete e via web spaventa. I racconti delle giornaliste italiane ripercorrono le tappe dei colleghi uomini ma molto spesso hanno connotazioni sessiste e sempre hanno l’aggravante del ritrovarsi di fronte bersagli meno tutelati sotto ogni profilo.

Alessia Candito, Marilù Mastrogiovanni, Ester Castano, Amalia De Simone, Roberta Polese, Sabrina Pignedoli, Graziella Di Mambro, Nadia Verdile, Luciana Esposito, Marilena Natale, hanno raccontato storie di minacce, aggressioni, querele temerarie, campagne diffamatorie, dal Veneto alla Puglia, dalla Campania all’Emilia Romagna, dal Lazio alla Sicilia. Per la nostra isola siamo state chiamate a raccontare come Tempostretto una realtà che accomuna Messina a molte altre realtà italiane.

Ovunque ci sia qualcuno che vuole zittire deve esserci un giornalista che replica #iononstozitto, qualsiasi forma di bavaglio si utilizzi. Le storie sono diverse, c’è la cronista di giudiziaria o di nera che viene intimidita dalla mafia, dalla ‘ndrangheta, dalla camorra, ci sono le giornaliste alle prese con querele da milioni di euro da parte di politici, imprenditori, mafiosi, amministratori, rappresentanti di istituzioni.

La caratteristica che accomuna tutti è l’uso della querela come minaccia. Tutte le querele infatti si sono concluse con l’assoluzione delle giornaliste, ma l’obiettivo non è vincere la causa, quanto evitare che il giornalista continui a scrivere, vuoi per paura delle somme da sborsare, vuoi perché un processo non fa vivere serenamente chi vive di questo lavoro ed ha come unico obiettivo la verità. Infine, particolare sottolineato, gran parte dei querelanti lo fa con i nostri soldi, perché l’avvocato lo paga l’Ente che rappresenta, quindi siamo noi cittadini a pagare le bizze di un amministratore che vuole zittire la libertà di stampa. C’è poi il fenomeno del linciaggio mediatico, le intimidazioni che corrono in rete. In Azerbaijan il caso più eclatante, con una giornalista che si è vista in rete le immagini riprese di nascosto dei suoi incontri intimi con il fidanzato. La giornalista, che scriveva contro il governo, stranamente è stata poi arrestata per evasione fiscale e condannata a 7 anni e mezzo. Ma in Italia le minacce e le aggressioni in rete e sui social o attraverso le mail sono in aumento e utilizzano spesso connotazioni sessiste volte ad umiliare e ad attaccare la giornalista in quanto donna. Per proteggere le giornaliste on line si stanno studiando a livello europeo forme di tutela. Filo conduttore delle minacce e degli attacchi sui social o nei commenti non è la contestazione al “contenuto” dell’articolo, ma l’offesa, il linciaggio mediatico e la determinazione a indurre il cronista di turno a non scrivere più per evitare la campagna diffamatoria. Nel corso degli interventi, presenti anche il presidente Fnsi Beppe Giulietti e il segretario Fnsi Raffaele Lorusso, ci si è soffermati anche sulla necessità di fare rete ed evitare quell’isolamento che favorisce chi vuole imbavagliare la stampa. I principali ostacoli infatti sono rappresentati da una categoria che non sa fare squadra. Se si attaccano i singoli è perché non siamo una categoria unita. Come nella giungla siamo i primi a lasciare sbranare i più deboli perché meno tutelati.

Sono stata invitata a raccontare come Tempostretto la nostra testimonianza al dibattito di lunedì, a distanza di due giorni da quanto accaduto ai colleghi di Voce di popolo, aggrediti mentre svolgevano il loro lavoro. Mentre parlavo a Roma, nella sala della Federazione, a Messina qualcuno scriveva “giornalisti infami” sotto casa di Giuseppe Bevacqua, uno dei due conduttori di Voce di Popolo su Tirreno Sat. Ogni forma di attacco alla stampa è grave perché è un campanello d’allarme. Sottovalutarla, isolare il bersagliato, equivale a non interrogarsi. Di più, quando c’è qualcuno che si gira dall’altra parte perché “non tocca a me, lui o lei se la sono cercata” è un passo indietro sulla libertà di stampa. Più passi indietro si fanno meno democrazia c’è. Tempostretto ha lanciato l’allarme sin dal gennaio 2015 quando la nostra redazione è stata diretta destinataria di attacchi verbali e offese da parte del sindaco e degli assessori. Noi siamo stampa prostituta e certa stampa. Non siamo state zitte e non lo siamo state neanche a fine 2015. Persino il nostro non aver taciuto è stato attaccato e denigrato. Non importa, #iononstozitta è stata la prova che non è il silenzio ad aiutare l’informazione. Ed è la strada che continueremo a percorrere.

Rosaria Brancato

Di seguito l’appello presentato al governo sulle querele temerarie con i nomi delle prime firmatarie:

“Le croniste minacciate riunite il 7 marzo a Roma per l’iniziativa “io non sto zitta” della Commissione Pari Opportunità della Fnsi rivolgono un appello al Governo e al Parlamento affinché si metta fine al fenomeno delle querele temerarie nell’unico modo possibile: obbligando il temerario sconfitto e in malafede a lasciare la metà di quanto richiesto come risarcimento. Introducendo il reato di stalking nei confronti dell’articolo 21 della nostra Costituzione che tutela la libertà di stampa.

Per sottoscrivere l’appello inviare una mail a redazione@articolo21.info

Di seguito le prime firmatarie:

Rosaria Brancato

Nadia Verdile

Alessia Candito

Marilena Natale

Marilù Mastrogiovanni

Graziella Di Mambro

Sabrina Pignedoli

Amalia De Simone

Roberta Polese

Alessandra Mancuso

Elisa Marincola

Roberta Balzotti

Anna Scalfati

Elisa Di Salvatore

Alberta Del Bianco

Federica Chiara Delogu

Raffaella Della Morte

Arianna Voto

Anna Lucia Visca

Breda Pahor

Antonella Benanzato

Rosa Maria Amorevole

Stefanella Campana

Daniela Dirceo

Cristiana Liguori

Patrizia Pennella

Valentina Antonelli

Carmela Minardo

Marina Cosi

Assunta Domeneghetti

Micaela Marcaccio

Monica Pietrangeli

Domenico Affinito

Simona Bersani

2 commenti

  1. Solidarietà a tutti/e perché compito prevalente dei giornalisti è proprio quello di fare inchieste che scottano e che rivelano al pubblico le malefatte di chi sta ai vari livelli del potere

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  2. Solidarietà a tutti/e perché compito prevalente dei giornalisti è proprio quello di fare inchieste che scottano e che rivelano al pubblico le malefatte di chi sta ai vari livelli del potere

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