“L’uomo migliore. Il sogno di Achille e Patroclo”, una riuscita messa in scena

“L’uomo migliore. Il sogno di Achille e Patroclo”, una riuscita messa in scena

Tosi Siragusa

“L’uomo migliore. Il sogno di Achille e Patroclo”, una riuscita messa in scena

sabato 23 Agosto 2025 - 19:14

Al Tindari Festival una prima nazionale di valore

PATTI – Domenica 20 agosto, nel suggestivo spazio del Teatro di Paglia di Patti (Messina)  – nel solco del Tindari Festival, e della sezione Tindari Off – ha debuttato in prima nazionale L’uomo migliore – Il sogno di Achille e Patroclo, con potente drammaturgia di Alberto Bassetti che ha ripercorso la mitologia greca, ponendo il focus sul significato di eroismo, sul valore del sacrificio, e in primis sulla peculiarità delle relazioni fra uomini, con le loro potenziali ambivalenze, tenendosi distante da riletture univoche. Ben calibrata la direzione, di Tommaso Garrè, di Andrea Nicolini e Davide Lorino, che hanno incarnato alla perfezione i rispettivi doppi ruoli.

Protagonisti uno scultore e il suo scalpellino, a riprodurre il rapporto in certo senso non paritario, che nel prosieguo sarà messo in luce anche in ordine agli Eroi altresì in rappresentazione, Achille e Patroclo, con il primo indiscusso predestinato, figlio della Ninfa Teti (che nell’opera teatrale appare quale voce fuori campo, molto presente fino a sconfinare nell’invadenza nella esistenza della sua prole, che vuole orientare al raggiungimento ad ogni costo di quella gloria imperitura come tramandata) e il secondo assolutamente devoto, volontariamente in subordine rispetto alla figura verso cui mostra vera deferenza dell’amico, da lui venerato fino al sacrificio estremo.

Nel silenzio notturno sono rievocate le mitologiche figure cennate soprattutto nell’Iliade omerica, immaginando un loro confronto postumo, divenuti oramai ombre, in un tempo e in luogo volutamente imprecisati, a simboleggiare l’eterna immortalità dei loro nomi e un destino comune, seppur diversamente caratterizzato.

Un’amicizia virile, bella come altre, nel segno cioè di Eurialo e Niso, condottieri troiani resi immortali da Virgilio nell’Eneide, e, secoli dopo, dei due personaggi cantati dall’Ariosto nell’Orlando furioso, Cloridano e Medoro, e ciò solo a titolo esemplificativo. I due personaggi si ritrovano allora per evocare i loro trascorsi, fin dal momento dell’incontro, in ragione dell’essere stato “ospitato” Patroclo presso la reggia di Peleo, padre di Achille, per contrasti insanabili con il proprio padre; e ancora della loro perdurante alleanza nell’adolescenza e nella prima giovinezza, fino al loro sentire in riferimento all’incombente guerra contro Troia.

Quel dialogo è vibrante, a tratti interrotto dal silenzio, e mette in luce in modo indiscusso quella ambivalenza che anche nel mito, in guisa meno definita, ha tramandato ai posteri il loro rapporto, con contenuti amicali di assoluta lealtà e purezza, nel senso di autentica fratellanza, ma anche di amore omosessuale, con connotazioni di un sotteso senso di colpa.

Il racconto ha avuto uno sviluppo naturalmente intenso ed è stato impreziosito dalla scelta di elementi scenici davvero contenuti, quelli funzionali alla narrazione, tout court, ivi comprese le balle di paglia a simboleggiare sedute perfettamente armonizzate nel paesaggio circostante.

Quanto ai costumi, oltre alle identiche divise da lavoro dei due personaggi reali da cui è mossa la storia, id est una maglia bianca, una camicia sui toni del blu e pantaloni neri, anche le corazze mostrate e indossate per meglio addentrarsi nei panni delle due figure del mito, più sfolgorante quella di Achille e più sobria quella riferita a Patroclo, hanno costituito elementi essenziali della narrazione, da non poter sottrarre cioè senza snaturare la piece.

La attenta regia di Tommaso Garrè è stata in grado di mettere in valore le espressioni verbali misurate, interrotte talora da qualificati silenzi, dei due interpreti di grande abilità nel padroneggiare lo spazio da creature sopravvissute al mito.

Anche l’illuminazione scenica ha contribuito a rendere un’atmosfera in certo modo crepuscolare, unitamente alle giuste sonorità a scandire in guisa appropriata i passaggi narrativi emotivi. Il Teatro di Paglia, con la sua struttura piacevolmente informale, ha amplificato il ricercato effetto immersivo.

Il mito è stato riadattato quale valida e a-storica metafora delle umane qualità, laddove lo script si é interrogato sul concetto di “migliore”: chi può appellarsi quale migliore, tra forza e vulnerabilità, tra eroismo e umanità? E ecco allora che il confronto tra Achille e Patroclo, Eroi della tragedia antica, ripercorsi in quella classica -meno nella contemporaneità, viene riletto come monito nel tempo presente, dando forza e valore alle umane relazioni, una lodevole occasione insomma sulla necessità di comprendere la guerra, andando oltre il conflitto stesso, per scandagliare i suoi aspetti più reconditi e preziosi.

Una lapide apparsa in scena sul finale ha sciolto i nodi intorno al quesito sulla qualità di uomo migliore, fra i due potenziali aventi titolo, in guisa davvero apprezzabile. Non può infatti non tributarsi il giusto onore anche all’Eroe Patroclo, nella misura in cui lo stesso è stato strumento indispensabile per il perseguimento della finalità della vittoria bellica, ben potendo stare accanto al grande Achille portatore di innegabili talenti.

Giova infine, mettere in rilievo il carattere pacifista in senso lato della mise en scene, laddove il rovello ripetutamente espresso sulla validità dei momenti di guerra, trova una eco contemporanea nei ferali accadimenti dei nostri tempi bui.

Spettatori attenti e motivati hanno mostrato condivisione e apprezzamento dei contenuti rappresentati, con manifestazioni di ripetuto plauso per una performance mai scontata, proposta in una location davvero appropriata, che, forte della prossimità scenica fra attori e pubblico, ha sollecitato l’ascolto e compiute riflessioni.

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