Confiscati beni per 20 milioni di euro ai boss barcellonesi Rao e Isgrò

Confiscati beni per 20 milioni di euro ai boss barcellonesi Rao e Isgrò

Veronica Crocitti

Confiscati beni per 20 milioni di euro ai boss barcellonesi Rao e Isgrò

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martedì 17 Giugno 2014 - 06:36

La Direzione investigativa antimafia sta eseguendo un provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Messina, su richiesta della Dda, che dispone la confisca di beni immobili, quote societarie e rapporti finanziari per un valore stimato in circa 20 milioni di euro.

E' di 20 milioni di euro l'ammontare dei beni confiscati ai due esponenti mafiosi della famiglia del Longano, Giovanni Rao e Giuseppe Isgrò. Entrambi sottoposti al regime di 41 bis e condannati nel procedimento "Gotha-Pozzo2", i due avevano realizzato un vero e proprio impero nel settore dell’edilizia e delle forniture di calcestruzzo, sbaragliando la concorrenza, aggiudicandosi appalti pubblici e privati ed intimidendo i pochi imprenditori che tentavano di partecipare alle gare.

A svelare tutti i retroscena, nello specifico, erano stati i collaboratori di giustizia Carmelo Bisognano e Santo Gullo che avevano raccontato agli inquirenti come Rao e Isgrò riuscissero ad aggiudicarsi gli appalti in modo sistematico, ricorrendo a minacce ed intimidazione.

Cinquantenne, considerato tra i capi della famiglia mafiosa barcellonese, erede e "delfino" del noto boss Giuseppe Gullotti, nonchè dei fratelli Giuseppe e Filippo Barresi, Giovanni Rao è rimasto recentamente coinvolto nel procedimento Mare Nostrum, nonchè in Gotha (con condanna di 20 anni di reclusione), Gotha2 e Gotha3 (con condanna di 5 anni e 8 mesi di reclusione).

Accanto a lui, spicca la figura di Giuseppe Isgrò, longa manus di Rao e degli altri sodali nella gestione delle aziende. Quarantasettenne, meglio noto come il "ragioniere", arrestato nelle operazioni Gotha e Gotha3 (con condanna di 7 anni e 6 mesi di reclusione) Isgrò era colui che si occupava dell’amministrazione delle società della cosca operanti nel settore dell’edilizia e della produzione di calcestruzzo. Il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano ha parlato di lui "factotum e alter ego di Rao Giovanni", nonchè tutore degli interessi imprenditoriali di tutti i maggiorenti della cosca mafiosa.

Il provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Messina, su richiesta della Dda di Messina, segue dunque di pochi anni (maggio 2012) il maxi sequestro che aveva stangato il patrimonio dei due. Gli accertamenti sono stati eseguiti sotto la direzione ed il coordinamento del Procuratore Capo, Guido Lo Forte, e dei Sostituti Procuratori della Repubblica presso la locale DDA, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo.

Si tratta di quattro società, CEP, la ICEM, la AGECOP e la CPP, tutte operanti nel campo della produzione di calcestruzzo e costitutite, acquisite o gestite attraverso capitali illeciti. In particolare, hanno raccontato i pentiti riempiendo pagine e pagine di verbali, la CEP era sorta nel 1991 aggiudicandosi appalti per la realizzazione del raddoppio ferroviario Messina-Palermo e dei lotti dell’A20. Addirittura alcune imprese facevano parte dell’albo delle ditte di fiducia del Comune di Barcellona. Fra i beni confiscati, oltre alle quattro società, anche tre immobili ubicati a Barcellona e Castroreale, due motociclette, un'auto e vari rapporti finanziari.

Veronica Crocitti

2 commenti

  1. Con tutti sti beni confiscati alla mafia, dovremmo essere una sicilia con casse strapiene di soldi…

    Ma dove sono sti soldi? dove finiscono???

    mha…

    0
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  2. Con tutti sti beni confiscati alla mafia, dovremmo essere una sicilia con casse strapiene di soldi…

    Ma dove sono sti soldi? dove finiscono???

    mha…

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