L'ipotesi di reato contro ignoti è di omicidio colposo
La magistratura messinese ha avviato un’inchiesta per omicidio colposo in relazione alla scomparsa di Nunzio Filiberto, 53 anni, recluso nel carcere di Gazzi. L’uomo è deceduto lo scorso 1° dicembre mentre veniva trasferito d’urgenza in ambulanza verso il vicino Policlinico, colto da un improvviso e fatale malore.
A dare il via all’indagine è stata la denuncia presentata dalla moglie del defunto, con la quale si richiedono accertamenti volti a verificare eventuali omissioni o responsabilità nella gestione sanitaria del detenuto. La sostituta procuratrice Liliana Todaro ha assunto la direzione del caso, aprendo un fascicolo a carico di ignoti e ordinando l’esame autoptico sulla salma.
Per il pomeriggio di oggi è previsto l’affidamento dell’incarico al medico legale Alessio Asmundo, che dovrà eseguire l’autopsia. L’esame sarà fondamentale per determinare le cause precise del decesso e stabilire se vi sia un nesso causale tra le cure ricevute e l’epilogo fatale.
La denuncia della moglie ricostruisce in dettaglio il mese conclusivo della vita dell’uomo, segnato da gravi problemi cardiaci. Poco prima del suo arresto, Filiberto era già stato ricoverato al Policlinico per un serio problema di salute. Dopo la carcerazione, le sue condizioni si erano ulteriormente aggravate, rendendo necessario un nuovo ricovero ospedaliero per due infarti, trattati con un intervento chirurgico.
Nonostante il quadro clinico critico, l’uomo era stato dimesso dal Policlinico ed era rientrato nella struttura detentiva. La moglie ha testimoniato di aver riscontrato un evidente stato di grave sofferenza durante i colloqui del 28 e 30 novembre, sebbene Filiberto l’avesse rassicurata affermando che avrebbe ricevuto una visita medica in giornata. Il dramma si è consumato il 1° dicembre con il collasso e la corsa d’emergenza verso l’ospedale.

Dalle varie circostanze è del tutto evidente che non c’erano le condizioni per scontare la pena in carcere. E chissà quanto altri nelle medesime condizioni. Il livello di civiltà di uno Stato (fatto di nomi e cognomi di burocrati, molti sciatti e svogliati) si misura anche da come è gestita la situazione carceraria…e siamo molto lontani dal livello minimo accettabile per chi sconta la pena e per chi ci lavora.