Messina: sequestro per il cassiere del clan di Mangialupi

Messina: sequestro per il cassiere del clan di Mangialupi

Alessandra Serio

Messina: sequestro per il cassiere del clan di Mangialupi

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lunedì 29 Novembre 2021 - 09:16

Sequestro da 300 mila euro a Francesco Laganà, cassiere del clan di Mangialupi a Messina coinvolto nell'operazione Dominio

Ammonta a 300 mila euro il valore dei beni sequestrati a Francesco Laganà, considerato il cassiere del potente clan mafioso del rione Mangialupi. Coinvolto nell‘operazione Dominio e poi processato, è considerato organico al gruppo dal 2013 ed avrebbe mantenuto inalterati i suoi rapporti criminali per lungo tempo.

I controlli economico-patrimoniali, estesi a tutto il nucleo familiare, hanno evidenziato la disponibilità di beni in misura sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, oltre alla provenienza di parte degli stessi quale provento e reimpiego dei delitti contestati nei diversi gradi di giudizio. I beni sequestrati sono una unità immobiliare a Messina, un’auto, conti correnti e libretti di deposito a risparmio.

Formalmente assunto, prima nel distributore di carburante intestato alla moglie del capo clan e, poi, nel tabaccaio riferibile alla famiglia mafiosa, l’esponente mafioso era preposto al delicatissimo ruolo di cassiere, con disponibilità delle chiavi del locale dove le risorse in contanti erano custodite.

Il cassiere, oltre a essere il tenutario del “libro di cassa” contenente le indicazioni dei proventi del gioco d’azzardo e delle estorsioni, è stato custode delle somme di denaro contante per conto del clan. Basti pensare che militari sequestrarono, nel corso delle indagini, oltre 140 mila euro in un locale di cui aveva la disponibilità di accesso e ne custodiva le chiavi.

Il ‘cassiere’, poi, oltre a mantenere i contatti con il commercialista, al posto dei rappresentanti legali (teste di legno) delle attività commerciali del clan, era presente sempre in occasione di controlli e sequestri di macchinette videopoker illegali controllate dal sodalizio e posizionate nei vari locali situati a Messina. In particolare, nel 2014, in occasione di un controllo della finanza, fu incaricato dal capo clan di far scomparire “tutti i documenti dall’ufficio”.

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