Ecco perchè stiamo vivendo un periodo davvero anomalo e insolitamente caldo...
Stiamo vivendo una fase climatica insolitamente mite, causa il posizionamento su tutta l’Europa meridionale di un imponente anticiclone subtropicale, supportato in quota da masse d’aria molto mite e secche, d’estrazione subtropicale continentale. Siamo arrivati a fine dicembre, ma al momento l’inverno si terrà ancora lontano dall’Europa e dal Mediterraneo.
Questa fase di stallo meteorologico è prodotta dal ricompattamento del vortice polare in sede artica che manterrà lontano il freddo dalle latitudini temperate. La vasta circolazione ciclonica va ad intensificarsi alle alte latitudini, con lo sviluppo di profondi cicloni extratropicali colmi di aria gelida d’estrazione artica in costante invorticamento. Ciò dovrebbe inibire l’avvento di importanti ondate di freddo verso la fascia temperata, mentre l’aria gelida rimarrà confinata oltre il circolo polare artico e le alte latitudini, interessando principalmente il Canada, la Groenlandia, la Lapponia e la Siberia settentrionale.

Cosa vuol dire un vortice polare compatto?
Quando il vortice polare tende a rafforzarsi una profondissima circolazione depressionaria principale colma di aria gelida artica, si attiva sopra il mar Glaciale Artico, a cui si associano altre aree cicloniche secondarie che rinvigoriscono importanti figure di bassa pressione, come la famosa depressione semi-permanente d’Islanda o la depressione delle Aleutine. Si viene così ad innescare un intenso “gradiente barico orizzontale” e di “geopotenziale”, fra le latitudini artiche e quelle temperate, che va a rinvigorire il ramo principale della “corrente a getto polare” che scorre sull’intero emisfero, con i relativi “Jet Streaks” (massimi di velocità del “getto”) localizzati nelle aree di massimo “gradiente di geopotenziale” fra alte e medie latitudini.
Un vortice polare compatto, sia in sede stratosferica che in troposfera, generalmente rafforza sensibilmente il flusso perturbato piuttosto intenso, capace di scorrere a gran velocità sull’area atlantica, intorno al 50° parallelo nord, con ondulazioni (“onde di Rossby”) a tratti marcate, ma che vengono prontamente tagliate dai poderosi “Jet Streaks” che si attivano fra il Pacifico settentrionale, il nord America e l’Atlantico settentrionale, a seguito dell’inasprimento del “gradiente di geopotenziale” e del “gradiente termico orizzontale” tra le latitudini artiche e l’area temperata.
In particolare sull’Asia orientale, cosi come sul nord Atlantico, si vengono ad instaurare delle vaste aree con temperature in quota estremamente basse, in grado di produrre formidabili differenze di temperatura lungo l’emisfero che alimenteranno ulteriormente il ramo principale della “corrente a getto”, imprimendogli forza e velocità.
In sostanza, la presenza di un “getto polare” molto forte va ad inibire lo sviluppo delle onde troposferiche che producono le ondate di freddo e gli scambi di calore lungo i meridiani, fra tropici e polo. In tale contesto le masse d’aria molto gelide, d’estrazione artica, rimarranno confinate fra l’altopiano della Siberia orientale (Jacuzia), dove si inizia a presentare un invasivo “lobo siberiano” del vortice polare.

Cosa accadrà a gennaio?
Eppure nonostante la presenza di un vortice polare potentissimo, che tende a ricompattarsi sopra l’Artico, a differenza degli inverni precedenti, quel che lascia ben sperare riguarda la presenza di un “lobo canadese” un po’ meno incisivo del solito, caratterizzato da valori di vorticità positiva tutt’altro che elevati, salvo periodi momentanei.
Un indebolimento del vortice canadese generalmente si accompagna a temporanei rallentamenti di velocità del flusso principale perturbato in uscita dal nord America, con il conseguente sviluppo di importanti flussi di calore, in sede atlantica, che potrebbero agevolare le erezioni, oltre il Circolo Polare Artico, dell’anticiclone delle Azzorre, con la conseguente discesa di irruzioni di aria molto fredda (sia di tipo marittima che continentale), da settimane accumulata fra il mar di Groenlandia, il mar di Norvegia e il nord della Scandinavia, pronte a piombare verso il sud dell’Europa e il bacino del mar Mediterraneo. Ma prima di un radicale cambio di pattern bisognerà aspettare ancora a lungo, almeno fino alla fine della prima decade del gennaio 2023.
