L'alluvione del 2009 ha posto un precedente di impunità per la Protezione civile, che oggi guarda alla militarizzazione e le assicurazioni. Le istituzioni mettono "a barca o sciuttu". E noi?
Con le continue alluvioni e il nubifragio del 2 febbraio sempre più messinesi sperimentano a proprie spese la fragilità del territorio. Da nord a sud frane incombono sulle abitazioni, famiglie restano isolate, masse di detriti minacciano villaggi, arterie stradali principali vengono interrotte, i torrenti sono pronti a esondare.
Cittadini faccia a faccia col territorio fragile
È una fotografia che si ripete uguale da Messina alla costa jonica, ad alcuni punti della tirrenica, in ampie porzioni del territorio siciliano e sulla costa tirrenica della Calabria. La Protezione civile è chiamata a farvi fronte con un numero drammaticamente esiguo di risorse.
A Messina l’assessore Massimiliano Minutoli ha costruito e continua a costruire una macchina che fa scuola fuori dei confini locali. Ma l’assenza di programmazione e tempestività a livello regionale, unita alla scarsezza dei fondi, non aiutano da da soli a ben sperare.
L’altra faccia del modello Giampilieri
Purtroppo Messina non è modello soltanto per il grosso salto di qualità compiuto dalla Protezione civile, come non lo è solo per la ricostruzione di Giampilieri. Lo è anche per aver aperto la strada alla impunità penale e civile degli operatori della protezione civile. Quelle assoluzioni penali a pioggia, dai politici ai tecnici passando per le ditte intervenute anche prima del 2009, unite ai risarcimenti negati bruciano ancora oggi come uno schiaffo in faccia.
In che direzione va la Protezione civile?
E’ proprio l’altra faccia di quel modello Giampilieri che oggi deve indurre a una riflessione seria, mentre a livello nazionale si lavora a un ripensamento della Protezione civile e si guarda alla militarizzazione dell’apparato da un lato e all’introduzione dell’obbligatorietà dello strumento assicurativo dall’altro. Ma una bella polizza non salva vite umane.
Perché se anche l’andazzo del “non miriamo a salvare vite ma a non assumerci responsabilità” diventa anche questo modello, il territorio è destinato presto ad affondare. Senza alcun bisogno di invocare ulteriori calamità. Insomma, le istituzioni mettono “a barca o’ sciuttu”. Ma noi?
