Tutti i dettagli e gli indagati. Come cambia il crimine ai tempi di Facebook

Tutti i dettagli e gli indagati. Come cambia il crimine ai tempi di Facebook

Alessandra Serio

Tutti i dettagli e gli indagati. Come cambia il crimine ai tempi di Facebook

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giovedì 19 Gennaio 2017 - 23:14

Ai tempi del crimine 2.0 i rapporti tra spacciatori di calibro si cementano tra un tatuaggio e una foto sui social network. Ecco le nuove "prove di ultima generazione", scoperte dai Carabinieri indagando sul giro di Mangialupi e i rifornitori catanesi.

Una volta i rapporti criminali si cementavano con le punture sulle dita, i taglietti sulle braccia col contatto del sangue reciproco, la partecipazione comune ai delitti, il dividere la cella senza scannarsi, o rafforzando uno intorno all’altro il muro di omertà. Oggi tutte queste pantomime di affiliazione sembrano essere diventate “retrò” e i legami si manifestano con un grosso tatuaggio, meglio se esibito sui social network.

“Segni dei tempi, tipologie di prove di rapporti di ultima generazione”, scrive il GIP Salvatore Mastroeni nel provvedimento che ieri è sfociato nel blitz Doppia Sponda. Tra i 19 arresti del Nucleo Investigativo dei Carabinieri spicca il nome di un catanese noto, ovvero Sebastiano Sardo, di Librino. E’ suo il nome che Maurizio Calabrò, a capo della rete di spacciatori, si era fatto tatuare sul braccio.

Quel “Sebastiano” impresso sulla carne è diventato un esempio per gli altri componenti della banda. “Ciao figlioccio, ti è venuto bene il mio nome?”, dice Calabrò a Pandolfino – anche lui arrestato, in una delle conversazioni intercettate. E Pandolfino a sua volta racconta ad un altro della banda: “io e Maurizio ce lo siamo fatti fare, io quello dell’amico mio, lui quello dell’amico suo catanese”.

L’amico suo è il trentunenne Sardo, detto Iano Occhiolino, che ieri è riuscito a collezionare un vero e proprio primato. Gli uomini del Maggiore Boracchia gli hanno bussato a casa, dove era ai domiciliari per una lunga serie di precedenti, Lo hanno portato in caserma per notificargli il provvedimento di arresto con l’accusa di aver rifornito in almeno tre occasioni i pusher di Calabrò.

Mentre era in caserma, sono arrivati gli agenti della Squadra mobile di Catania per notificargli un altro provvedimento cautelare, quello emesso dalla Dda etena alla fine dell’inchiesta Wink. Leggendo in parallelo le due indagini, si scopre che Calabrò e Sardo erano “omologhi”, operando nelle due diverse città: Calabrò a Messina si occupava di definire i ruoli dei suoi, riunirli per pianificare il da farsi e pagargli lo “stipendio”.

Lo stesso avrebbe fatto Sardo a Catania, sempre nello stesso periodo, tra il 2013 e il 2014. Oggi i due amici sono in cella, uno a Catania e l’altro a Messina.

Sardo è l’unico catanese dei 31 indagati complessivi dell’operazione Doppia Sponda, tra i quali figurano, oltre agli arrestati: Piero De Vita, di Spadafora; Giuseppe Caleca, Giuseppe Cucinotta, Alessandro Cutè, Giovanni De Luca, Fabio Fenghi, Alberto Furnari, Giuseppe Giacoppo, Giuseppe Martinez, Daniele Mazza, Girolamo Oteri, Orazio Pafumi.

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