Operazione "Radici", 23 arresti ai danni dei Piromalli e dei Mancuso

Operazione “Radici”, 23 arresti ai danni dei Piromalli e dei Mancuso

Redazione

Operazione “Radici”, 23 arresti ai danni dei Piromalli e dei Mancuso

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mercoledì 26 Ottobre 2022 - 16:00

Presunte infiltrazioni delle 'ndrine nel tessuto economico dell'Emilia Romagna. Un vorticoso giro di fatture false per riciclare denaro e arricchire i boss

REGGIO CALABRIA – Un centinaio di militari del Comando provinciale di Bologna, in collaborazione con lo Scico (il Servizio centrale investigazione Criminalità organizzata della Guardia di finanza) e con l’ausilio di personale dei Comandi provinciali di Milano, Forlì-Cesena, Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Chieti, hanno eseguito misure cautelari personali a carico di 23 persone – affiliate alle ‘ndrine dei Piromalli di Gioia Tauro e dei Mancuso di Limbadi – e sequestrato conti correnti, beni immobili e quote societarie per 30 milioni di euro circa tra le province di Roma, Milano, Brescia, Bologna, Monza, Modena, Piacenza, Forlì-Cesena, Reggio Emilia, Vibo Valentia e Reggio-Calabria.

I provvedimenti sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bologna Domenico Truppa su richiesta di Marco Forte della Dda felsinea.

Le indagini, eseguite dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Bologna, con il supporto dello Scico e la direzione della Procura rientrano nell’operazione convenzionalmente denominata Radici, che ha preso le mosse dal monitoraggio di cospicui investimenti immobiliari e societari riconducibili a soggetti di origine calabrese.
È stata così fatta luce su infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell’Emilia Romagna di organizzazioni criminali di stampo mafioso radicate in Calabria (da qui il nome dell’operazione).

Gli investimenti illeciti, molti dei quali avvenuti in piena emergenza epidemiologica da Covid-19, hanno riguardato, nel tempo, esercizi commerciali ubicati principalmente lungo il litorale romagnolo e operanti in variegati settori economici, tra cui l’edilizia, la ristorazione e l’industria dolciaria. Dopo mesi di complesse investigazioni è emersa la presenza nel territorio regionale di piccoli gruppi di matrice ‘ndranghetista, ognuno dei quali guidato da personalità di spicco, con propri interessi economici e, soprattutto, provvisto di legami con diverse famiglie e mandamenti della “casa madre” in Calabria, spesso menzionati nelle varie conversazioni captate.

Grazie al ricorso a indagini tecniche, telefoniche e ambientali, oltreché all’esame di oltre un centinaio di rapporti bancari, è stato documentato un vorticoso giro di aperture e chiusure di società che, formalmente intestate a prestanome, venivano utilizzate come “mezzo” per riciclare denaro ovvero per consentire l’arricchimento dei reali dominus, il tutto mediante sistematiche evasioni fiscali perpetrate per lo più attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false, sovente preordinate al trasferimento di ingenti somme di denaro e al compimento di vere e proprie distrazioni patrimoniali, con palese noncuranza delle possibili conseguenze in termini di procedure fallimentari.
Tali illeciti si sono consumati in un contesto criminale connotato da ripetuti episodi di intimidazione e minacce, oltreché, in alcuni casi, di vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati di aderire (o hanno tentato di farlo) alle richieste dei sodali.

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