Chiesa S.Giovanni di Malta: straordinarie ricchezze sconosciute a messinesi e crocieristi

Chiesa S.Giovanni di Malta: straordinarie ricchezze sconosciute a messinesi e crocieristi

Chiesa S.Giovanni di Malta: straordinarie ricchezze sconosciute a messinesi e crocieristi

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domenica 24 Luglio 2011 - 11:38

L’orgoglio di gloriose radici riaccende la voglia di continuare a combattere per essere degni di cotanto passato, di fronte al quale la Messina del 2011 palesa tutta la propria inadeguatezza

Uno scrigno segreto che conserva e tramanda gioielli di inestimabile bellezza e valore, testimonianze della grandezza della Messina che fu. Siamo a due passi dal centro storico, un tiro di schioppo da Piazza Duomo e dal porto, a pochi metri da Villa Mazzini. Distrattamente ignorata dai più, sorge da 500 anni la Chiesa di S.Giovanni di Malta, eccezionale manifestazione dell’opulenza e della magnificenza, nei secoli, dell’arte messinese. Tipico esempio della nostrana incapacità di valorizzare il patrimonio architettonico e storico ereditato che, a dispetto di guerre, terremoti ed incuria – è l’ora di sfatarlo questo luogo comune! – resta straordinario.

Seppur “assediata” dal confinante edificio di inizio novecento che ospita Prefettura e Questura, la struttura della Chiesa ,in blocchi di pietra calcarea di piccole dimensioni, che hanno sfidato, indenni, terremoti e bombardamenti, appare troppo imponente per giustificare la colpevole distrazione di migliaia di noi, che, pur costeggiando, anche quotidianamente, a piedi o in auto, l’incrocio tra la via Placida e l’omonima Via San Giovanni di Malta, mai, crediamo, si siano soffermati qualche minuto ad apprezzarne lo splendore degli esterni o, addirittura, a curiosare all’interno. Delle migliaia di croceristi che settimanalmente sbarcano a poche centinaia di metri, neanche a parlarne. Ormai acclarata l’attitudine dei nostri amministratori ad abbandonare a se stessi, senza indicazioni e suggerimenti, i malcapitati forestieri.

Quella che ammiriamo oggi, in realtà, è “semplicemente” una parte del maestoso tempio, a tre navate (il suo ingresso si trovava, all’incirca, nel punto ove sorge la Fontana del Nettuno!) fatto costruire a metà Cinquecento dal Senato Messinese sui resti di un precedente edificio sacro dedicato a San Giovanni eretto dieci secoli prima da San Placido. Della struttura originaria, opera dell’architetto Jacopo Del Duca, allievo prediletto di Michelangelo Buonarroti, oggi rimane la Tribuna (cioè la facciata posteriore) e tutti gli ambienti retrostanti. Colpa dei terremoti ? In parte. Il resto lo fecero le spregiudicate opere di demolizione successive al sisma del 1908. Il nuovo Piano Regolatore destinò parte del sito al costruendo palazzo della Prefettura, riducendo cosi’il sacro edificio ad una piccola porzione, corrispondente all’abside della chiesa. Discorso analogo per l’annesso bellissimo palazzo di stile neoclassico del Gran Priorato dei Cavalieri di Malta che qui posero la residenza del Gran Maestro quando furono scacciati da Rodi nel XVI secolo (da cui il nome della Chiesa), realizzato nell’Ottocento: intatto dopo il sisma, cadde sotto le aggressive ruspe della ricostruzione

E ciononostante, rimane cosi elevata, la concentrazione di straordinari tesori in quel sito da lasciare con il fiato sospeso il visitatore. Dalle opere che testimoniano la presenza di alcuni dei maggiori Maestri Orafi Argentieri del 1600, la cui arte era richiesta in tutte le corti Europee, alle sculture marmoree, soprattutto settecentesche, che decorano l’esterno e l’interno del tempio, all’esposizione di Pianete e Paliotti ricamati con fili d’oro e d’argento databili tra il XVIII e il XIX secolo che testimoniano la fiorente produzione della seta, esportata in tutto il mondo. Ed ancora due monumenti funebri di notevolissimo pregio: la tomba di Francesco Maurolico (1494-1575), il più grande figlio di Messina insieme ad Antonello. Scienziato, umanista, astronomo e architetto, che formulò per primo il metodo d’induzione in matematica e per primo tradusse le opere di antichi geometri greci, effettuando importanti scoperte in campo astronomico e trigonometrico, e la tomba del Grunnemberg, famoso architetto olandese.

Ma soprattutto ad ammaliare, stupire ed inorgoglire il distratto messinese che, casualmente, varca il portone di questa Chiesa-museo, che nel 1806 re Ferdinando II eresse a Cappella Palatina (cioè, cappella privata di un Regnante), titolo che ancora conserva, è lo stupefacente Sacello che ad inizio Seicento il Senato volle erigere per custodire le reliquie di quattro Santi, Placido, inviato a Messina da San Benedetto da Norcia per costruire, proprio in quei luoghi il primo monastero benedettino in Sicilia, ed i fratelli Eutichio, Vittorino e Flavia. Furono martirizzati nel 541 d.C. da una banda di pirati saraceni sbarcata ad Acqualadroni. Le loro spoglie, sono custodite, come detto, in questa ampia e meravigliosa struttura, in stile Barocco, i cui lavori ebbero inizio nel 1616 e terminarono nel 1624. Si trova – ed è singolare – sull’altare dell’abside corale, dove in artistiche casse, rivestite di broccati d’oro, di velluti e damaschi pregevoli, sono custodite le Sacre Reliquie. Vi si accede da una scaletta laterale. Lascia, davvero, a bocca aperta. Ridesta, soprattutto, un fortissimo senso di identità, di appartenenza ad una comunità unica, nei secoli, in ambito economico, culturale ed architettonico. Risveglia l’orgoglio di gloriose radici, riaccende, per un attimo, la voglia di non andar via,di non abbandonare questa terra, e di continuare a combattere per essere degni di cotanto passato, di fronte al quale la Messina del 2011 palesa tutta la propria inadeguatezza.

PIETRO DI PAOLA

2 commenti

  1. Complimenti per questo prezioso contributo!

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  2. A Roma c’è un detto: quello che non fecero i Barbari fecero i Barberini (famiglia di papi e cardinali che distrussero e depredarono le vestigia romane per innalzare palazzi e monumenti dedicati a sè stessi, ovviamente.
    A Messina bastò Borzì, che distrusse le chiese salvate dal terremoto.
    Non parve vero ad un fiero massone di distruggere i simboli della cristianità.
    Dopo vennero gli Andò, i Gullotti, e tutti gli altri che, per ignavia, incapacità o compicità contribuirono a fare di Messina una città morta, senza futuro, abitata da disperati e zombies.

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