Lux in Villa Pactensi: Dal sistema delle villae al Patrimonium Sancti Petri: il ruolo dei vescovi e degli aristocratici

Lux in Villa Pactensi: Dal sistema delle villae al Patrimonium Sancti Petri: il ruolo dei vescovi e degli aristocratici

Giuseppe Giarrizzo

Lux in Villa Pactensi: Dal sistema delle villae al Patrimonium Sancti Petri: il ruolo dei vescovi e degli aristocratici

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lunedì 05 Dicembre 2011 - 14:03

All'Auditorium "San Francesco" per discutere di un progetto di valorizzazione della Villa Romana di Patti

Sabato 3 dicembre nel suggestivo auditorium “San Francesco ” di Patti si è tenuta una conferenza dal titolo “Dal sistema delle villae al Patrimonium Sancti Petri: il ruolo dei vescovi e degli aristocratici”, organizzata in collaborazione con la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, l’ispettorato per le catacombe della Sicilia Orientale, l’Università di Catania (Laurea Magistrale in Archeologia), il Comune e la Diocesi di Patti. Ideatori dell’evento l’archeologo pattese Cristian Aiello e la prof. essa Antonella Giardina, identity designer e docente di Storia del Design e della Grafica presso l’Istituto Europeo di Design e di Comunicazione Integrata presso il Corso di Laurea in Relazioni Pubbliche e Comunicazione d’Impresa dell’Università IULM di Milano, nonché direttore creativo per Metaforma Design di Milano.

Relatrice d’eccezione la prof.essa Mariarita Sgarlata, ispettore della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e docente di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Università degli Studi di Catania, che ha intrattenuto la numerosa platea in sala esponendo una relazione riguardante la dismissione delle ville romane in Sicilia e il fenomeno di evergetismo in favore della Chiesa, con la conseguente creazione di nuove realtà insediative all’interno delle quali si innestarono i primi edifici di culto cristiano.

L’incontro, al quale sono intervenuti anche il sindaco di Patti Mauro Aquino e il direttore del Parco Archeologico delle Isole Eolie, Milazzo, Patti e Comuni Limitrofi, dott. Umberto Spigo, s’inserisce in un più ampio progetto culturale che mira alla valorizzazione della Villa Romana di Patti, intesa quale patrimonio storico, artistico e archeologico di rilievo nazionale e internazionale. Il progetto, significativamente denominato “Lux in Villa Pactensi”, reca in sé l’ambizione di utilizzare, sinergicamente, l’apporto di due discipline apparentemente così lontane fra di loro: l’Archeologia e l’Identity Design, con l’obiettivo di sottrarre la Villa Romana di Patti al processo di “In – visibilità” dei beni culturali che ormai da parecchio tempo pare stia interessando il sito in questione.
-La villa ha bisogno di nuova luce! – Così ha esordito la prof. essa Giardina, la quale ha sollecitato i cittadini ad assumersi un ruolo di responsabilità maggiore e a dare un contributo fattivo che dovrebbe principalmente consistere nel conoscere a fondo il bene in questione.

Successivamente è entrata nel cuore del progetto, sottolineando l’importanza di una comunicazione in grado di riportare sul sito la comunità scientifica e i turisti. Una comunicazione che deve necessariamente servirsi delle nuove tecnologie, social network compresi, affinché il nome della Villa Romana travalichi i ristretti circuiti locali per approdare in contesti globali, senza tralasciare l ’opportunità di fare rete insieme alle altre Ville presenti in Sicilia.

Ma una comunicazione efficace deve necessariamente partire da un’altrettanto efficace progettazione grafica che consista nella messa in comunicazione di tutti gli elementi identificativi del sito, affinché si giunga alla creazione di un marchio, un simbolo, immediatamente riconoscibile e in grado di offrire visibilità. Sono questi i presupposti che, a medio termine, potrebbero dare nuova linfa alla Villa Romana e trasformare finalmente il sito in una risorsa economica per l’intero comprensorio.

Tuttavia bisogna fare i conti con le numerose criticità che insistono sull’area archeologica. Ad esporle è stato il dott. Umberto Spigo. «Nonostante la recente apertura dell’Antiquario con la sua grande importanza didascalica – ha affermato il direttore del Parco Archeologico – dobbiamo far fronte alle infiltrazioni d’acqua, provenienti dal sottosuolo, che rischiano di compromettere l’integrità dei mosaici». A ciò si aggiunge la criticità rappresentata dalla precarietà dell’attuale copertura realizzata, malamente, con i finanziamenti Por 2000/2006. «Contavamo anche sui servizi aggiuntivi messi a bando dall’Assessorato regionale – ha continuato Spigo – relativi alla pubblicità e ai servizi accessori per i turisti, tuttavia la gara è andata deserta e abbiamo perso l’ennesima occasione». Da non sottovalutare anche la mancanza di una pubblicazione di scavo con lo studio dei materiali e una descrizione della decorazione musiva.

Allo stato attuale la direzione del Parco Archeologico si sta occupando della schedatura scientifica e della revisione di tutto il materiale venuto alla luce durante gli scavi. Per il resto si sta procedendo ad individuare i migliori interventi possibili per l’eliminazione delle infiltrazioni da falda acquifera e per risolvere definitivamente l’incresciosa questione della copertura su cui esiste un contenzioso tra la ditta esecutrice dei lavori e la Sovrintendenza. Dalle parole e dai toni utilizzati dal dott. Spigo non sembra comunque si tratti d’interventi a breve risoluzione. Il direttore del Parco Archeologico ha infine espresso soddisfazione per il progetto “Lux in Villa Pactensi”, mostrandosi altresì disponibile ad approfondirne la conoscenza in vista di una possibile collaborazione con Aiello e Giardina. Ha poi rivolto un appello all’amministrazione comunale affinché si cominci davvero a lavorare in sinergia. Di rimando il sindaco ha dato piena disponibilità. Adesso ci si augura che alle parole seguano presto i fatti.

A margine ci piacerebbe esprimere una breve riflessione: La Villa Romana fu riportata alla luce negli anni ’70 durante la costruzione dell’autostrada, mentre si scavava un enorme buco che avrebbe dovuto ospitare le fondamenta di uno dei pilastri che oggi sorreggono quel tratto di A20. Per preservarne i resti quel pilastro fu spostato ben oltre, determinando una “serpentina” degna dei migliori circuiti di Formula1 e divenuta tristemente famosa per i numerosi automobilisti che ci hanno lasciato la pelle. Un’operazione di bassa ingegneria, giustificata dall’esigenza di preservare un bene archeologico d’inestimabile valore che oggi, a distanza di mezzo secolo, versa in condizioni indicibili: con una copertura fatiscente, infestato dalle erbacce e con i mosaici deturpati dai muschi e l’umidità. Come a dire: ”oltre il danno, la beffa!”.

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