A tu per tu con Francesco Lisa, l’autore siciliano presenta “Parlami di lei”

Francesco Lisa è nato a Messina nel 1986 e ha vissuto la sua infanzia a Gimello Ne’ Monaci, frazione di Rometta, luoghi per i quali il suo amore trasuda da ogni pagina delle sue due opere. Ha conseguito il diploma di perito meccanico nel 2005 presso l’I.T.I.S. E. Majorana di Milazzo, per poi dedicarsi all’attività imprenditoriale di famiglia, ma la sua passione per la letteratura non l’ha mai abbandonato. Così, ad aprile 2016, ha esordito nel mondo editoriale con la sua prima opera “L’anello del Binidìciti”, insignita del premio letterario “La forza dei sentimenti” bandito dall’Accademia Luce dell’arte di Roma. “Parlami di lei” è il suo secondo romanzo, edito dalla casa editrice Edizioni Convalle.

La Sicilia è sempre protagonista delle sue opere, la descrive con dovizia di particolari, facendo toccare con mano al lettore ogni luogo e ogni situazione. In questa seconda opera domina la figura della donna: madre, moglie, fidanzata, nonna, in tutti i casi descritta come fulcro della vita familiare, rifugio e baluardo nei momenti difficili. Perché, come scrive Francesco, le donne “riescono ad avere sempre una marcia in più. E’ una forza che si ritrovano dentro l’anima e le rende immuni da ogni scoraggiamento”.

E’ la forza dell’amore quella che l’autore spesso esalta tra le sue pagine; ed è anche l’amore per la propria terra, per le tradizioni tramandate dalla famiglia d’origine, è quell’amore che si manifesta sottoforma di rispetto per la donna, concretizzato nel Circolo femminile “Matilde Balistreri”, realtà che i lettori avranno modo di conoscere tra le righe di “Parlami di lei”. Un espediente intelligente e assolutamente realistico, del quale Francesco si serve per affrontare uno dei temi purtroppo più attuali e delicati: la violenza sulle donne, quella non solo fisica, quella dell’anima, quella che le umilia. Storia e attualità sono ambientate così tra i magnifici scenari offerti da Rometta, alla quale il libro restituisce una bellezza inedita e sempre nuova.

E proprio a Rometta Centro, presso i Giardini Comunali di Porta Messina, il 31 luglio alle 21:00, Francesco Lisa presenterà “Parlami di lei”, nell’ambito di un incontro organizzato dal Circolo Letterario Il Libro del Venerdì, di cui l’autore fa parte ed è promotore. Tutte le info utili sul libro e sugli eventi del Circolo sono disponibili alla pagina Facebook Il Libro del Venerdì.

Ecco come l’autore racconta la sua avventura nel mondo editoriale.

La Sicilia, terra al centro delle tue due opere, declinata attraverso il valore delle tradizioni e della famiglia. Descrivila istintivamente con due aggettivi: uno positivo e uno negativo.

Beh, descrivere la Sicilia avvalendosi di due soli aggettivi è davvero complicato. Ne basterebbe soltanto uno, in fondo: la Sicilia è bella! Siamo noi a complicarci la vita. Quotidianamente viviamo situazioni che si evolvono nel giro di pochi minuti ed è facile passare dal lato più bello e positivo a quello che più ci umilia per quanto sia negativo. È un continuo intrecciarsi di eventi che formano una matassa in chiaroscuro. Così, d’istinto, mi viene da dire che la Sicilia è ABBANDONATA all’incuria. Ma anche se la trascuriamo rimane sempre ATTRAENTE, come può esserlo una bella fimmina per un uomo, forse ancora di più.Questo intreccio tra la sua bellezza e l’incuria che le riserviamo fa sì che risulti bella o brutta a seconda della prospettiva dalla quale la si osserva. In siciliano basta una sola parola per descriverla in tutte le sue sfaccettature: la Sicilia è una CAMURRIA.

Il valore della donna viene molto esaltato in “Parlami di lei” e, in particolare, viene dato spazio al tema della violenza, oggi più che mai attuale. C’è stato un caso di cronaca che ti ha colpito e che ti ha spinto ad affrontare l’argomento? Nell’esaltare il ruolo della donna che messaggio vuoi trasmettere agli uomini?

Quando ho iniziato a scrivere questo libro ho pensato di affrontare l’argomento della violenza in punta di piedi. Per fortuna, non ho mai avuto modo di vivere da vicino situazioni così gravi e temevo di incappare in qualche critica negativa. Ho voluto narrare una storia secondo il mio punto di vista. Non c’è stato un singolo evento che mi abbia spinto a farlo, la violenza nei confronti di una donna si può manifestare in svariati modi, non necessariamente utilizzando le mani, bastano delle parole o dei gesti, spesso pure impercettibili alle orecchie di chi non vuol sentire e agli occhi di chi non vuole vedere. Il messaggio che vorrei riuscire a far passare è talmente semplice da poter sembrare persino banale: dobbiamo riuscire a rispettare la donna, che sia a casa, a lavoro, in politica o in ogni altro contesto. E per farlo, dobbiamo iniziare dai piccoli gesti; ne gioverà a loro come a noi per vivere meglio.

Parlare di Rometta: quanto c’è di autobiografico? E’ anche un modo per promuovere il nostro territorio altrove?

Rometta, dopo la donna, è la seconda protagonista del romanzo. Nella storia c’è poco o niente di autobiografico, però, certamente, nello scrivere, ho sentito delle emozioni forti che mi hanno portato indietro nel tempo: ricordi di tante avventure giovanili vissute tra i borghi e i boschi di questo meraviglioso paese. Ho descritto Rometta un po' com’è e un po' come i miei occhi vorrebbero poterla vedere un giorno, valorizzata per come merita; ho cercato di dare il mio umile apporto nel far conoscere, a quanta più gente possibile, questo angolo di paradiso.

Il tuo rimane uno stile Verista, anche nella seconda opera. A ispirarti è un autore in particolare? Come è nata la tua voglia di scrivere?

La voglia di scrivere è venuta dopo aver ritrovato la voglia di leggere. Ho cominciato a leggere romanzi uno dopo l’altro, la maggior parte scritti da autori meridionali, con il tempo sicuramente mi sono lasciato influenzare da qualcuno di loro, anche se non c’è un vero e proprio scrittore dal quale traggo spunto. Scrivo in modo naturale, seguendo la mia visione della realtà, la mia narrazione è molto descrittiva perché mi piace dare ai miei lettori un’immagine nitida di ciò che vedo mentre metto nero su bianco. Cerco di migliorarmi sempre per riuscire a ottenere il massimo cui uno scrittore può ambire: permettere ai lettori di vivere sulla propria pelle le emozioni di chi scrive. Per migliorarsi bisogna leggere tanto e saziare la fame di parole, quella non deve mai mancare.

Nelle tue opere descrivi alcune tradizioni che si tramandavano di generazione in generazione (ad esempio la preparazione del pane o delle conserve di pomodoro). Come conciliare tecnologia e tradizioni al giorno d’oggi?

Le tradizioni di qualsiasi luogo costituiscono un po' il marchio distintivo di chi ci vive, accrescono il senso di appartenenza e inorgogliscono. Esse rappresentano anche il filo conduttore tra le origini e il presente e mantengono vivi sentimenti antichi tramandati da generazioni in generazioni, sarebbe un vero peccato interrompere questa magia. La tecnologia è cosa assai utile, rappresenta il futuro, le ambizioni di crescita e di sviluppo economico, ben vengano nuove tecniche capaci di migliore la nostra vita. Ciò non significa che possiamo accantonare le tradizioni. Bisogna far coesistere entrambe le cose, puntando a migliorare sempre più la tecnologia e, allo stesso tempo, a tutelare e tramandare ai giovani la cultura ereditata dai nostri avi.

“Come passa in fretta il tempo, la vita muta continuamente così come gli eventi che si susseguono, uno dopo l’altro, su di un nastro cinematografico. Non siamo altro che spettatori, inconsapevoli protagonisti di quel film che è la nostra esistenza. […] E’ un continuo non vedo l’ora che ci fa perdere il gusto di ciò che viviamo, per fortuna poi ci sono le foto”. E’ un passo di “Parlami di lei” molto significativo, forse un invito al “carpe diem” oraziano?

Oggigiorno corriamo sempre dietro il tempo, più facciamo e più vorremmo fare, dimenticandoci di ciò che abbiamo intorno. La società ci ha reso schiavi di un sistema che non ci lascia via di scampo, senza mantenere certi ritmi si rischia di rimanere emarginati e per evitare che ciò accada corriamo a destra e a sinistra come le biglie di un flipper. Siamo arrivati al punto che i genitori dimenticano i figli neonati chiusi in macchina o in casa, siamo arrivati al punto di non ritorno. Più che un invito al “carpe diem”, è un’esortazione a riprendere coscienza del valore della nostra vita, a viverla con i giusti ritmi. Quei ritmi che mettono ordine nelle nostre giornate e lasciano spazio a quelle pause essenziali per riuscire ancora ad ascoltare chi ci sta vicino, a emozionarsi davanti al sorriso di un bimbo, a respirare a pieni polmoni l’odore dei nostri figli quando li stringiamo in un abbraccio, oppure a stupirsi ammirando un tramonto.

Dacci qualche anticipazione sulla tua prossima opera. Ci parlerai ancora di Sicilia?

Temo che non riuscirò a fare a meno di parlare della Sicilia con le sue bellezze e le tradizioni che in tutto il mondo ci invidiano, nonostante noi siciliani siamo ancora così autolesionisti. L’importante è credere sempre in un futuro migliore.