L'ex vicesindaco: «In Sicilia si è cambiato poco e in peggio. La Finocchiaro circondata da una coalizione che ha pensato solo a rafforzare le proprie posizioni nell'Assemblea»
«Ogni discussione sul mio futuro e sul Pd è rinviata a dopo le elezioni. E’ chiaro, però, che dopo qualcosa dovrà cambiare, perché il Pd non può continuare così». Così aveva parlato Antonio Saitta esattamente un mese fa, dando di fatto un appuntamento al quale non siamo voluti mancare. Le elezioni sono passate e per il Pd, partito del quale Saitta fa parte, sono andate nel peggiore dei modi. Forse aveva già intuito tutto, l’ex vicesindaco di Messina, tanto che proprio un mese fa aveva rinunciato alla candidatura offertagli nella lista -di scorta- della Finocchiaro, lista che per inciso non ha conquistato nemmeno un seggio. Pur riservandosi di fare considerazioni più complete fra qualche giorno, oggi Saitta analizza con amarezza il risultato delle urne, che anche a livello nazionale ha voluto premiare il centrodestra.
«Oltre la vittoria netta del centrodestra – afferma – c’è da registrare una rivoluzione generale del quadro politico. Con queste elezioni viene archiviato il ‘900, e anche le categorie della seconda repubblica sono archiviate. Abbiamo un blocco clerico-conservatore nel centrodestra e uno riformista nel centrosinistra. In ogni caso, la strada tracciata dal Pd, quella di essere, appunto, il partito dei riformisti, è quella giusta».
Saitta passa poi ad analizzare i perché di una sconfitta che, soprattutto in Sicilia, ha avuto proporzioni rilevanti: «Sono stati commessi molti errori nella composizione delle liste, il Pd deve essere il partito dell’innovazione, ma in Sicilia si è cambiato poco e quel poco si è cambiato in peggio. La Finocchiaro è stata attorniata da una coalizione che ha pensato solo a rafforzare le singole posizioni nell’Assemblea regionale. Le liste sono state formate con spirito rinunciatario, chiudendo a possibili arrivi di persone nuove».
«Il risultato è stato disastroso, – conclude senza mezzi termini Saitta – ci sono stati troppi segnali contraddittori. Se il Pd in Sicilia deve essere la replica di vecchie forme partitiche, allora è una battaglia persa in partenza. Come dissi tempo fa c’è bisogno di una profondissima riflessione autocritica, su metodi e uomini. In Sicilia, ma anche a Messina».
