Il Cda di Messinambiente pronto a dimettersi: «Se il problema siamo noi, ci facciamo da parte»

Il Cda di Messinambiente pronto a dimettersi: «Se il problema siamo noi, ci facciamo da parte»

Redazione

Il Cda di Messinambiente pronto a dimettersi: «Se il problema siamo noi, ci facciamo da parte»

lunedì 09 Giugno 2008 - 11:14

Alle porte una nuova emergenza, non ci sono i fondi per pagare gli stipendi. Lo sfogo di Dalmazio: «Il Comune è sordo, non possiamo andare avanti»

«Così non è possibile andare avanti». E’ la conclusione a cui è giunto l’intero Consiglio d’amministrazione di Messinambiente, di fronte al muro invalicabile che li separa dal socio di maggioranza della società, il Comune di Messina e dunque il commissario Gaspare Sinatra. I soldi continuano a non arrivare, venerdì dovrebbero essere pagati gli stipendi ma non si sa come, perché come scrivono in una nota congiunta il presidente Antonino Dalmazio e i consiglieri Patrizio Marino e Vincenzo Messina, «l’attuale situazione economico finanziaria in cui versa il Comune di Messina non garantisce il pagamento di quanto dovuto all’Ato3 e di conseguenza delle somme che quest’ultimo deve versare a Messinambiente. Se la mancata corresponsione degli stipendi (1,4 milioni), obiettivo minimo, è ostacolata dalla nostra presenza, siamo pronti a rimettere in qualsiasi momento l’incarico conferitoci». A questo si aggiunge lo sfogo di Dalmazio, stamani in conferenza stampa nella sede di via Dogali: «Se non mi sono dimesso finora è stato solo per un atto di affetto verso questa azienda, ma quando ci sarà un nuovo sindaco la mia esperienza sarà finita e le mie dimissioni irrevocabili».

Dalmazio dunque fa un punto della situazione su come si è arrivati a quello che, di fatto, sembra un punto di non ritorno, a pochi giorni dalle elezioni: «Con il commissariamento la gestione dei rifiuti ha ricevuto un grosso contraccolpo, perché da novembre 2007 è venuta a mancare la regolarità dei flussi ordinari», seguendo la catena Comune-Ato3-Messinambiente. Flussi che, specifica Dalmazio, «non sono mai stati sufficienti per la gestione anche in situazione normale, ma si riusciva ad andare perché questa amministrazione è stata brava a sopravvivere». Al periodo tra novembre e dicembre risalgono i primi scioperi, la prima “astensione dal lavoro-, a seguito del quale sono stati pagati 2,6 milioni sufficienti per il pagamento degli stipendi ma non «per poter fare azienda». Impossibilità, dunque, a pagare i fornitori, i mezzi, lo smaltimento della cenere prodotta dagli impianti, e soprattutto le tasse, cosa che, come spiega Dalmazio, «pregiudica la regolarità amministrativa, con responsabilità penali anche per il Cda».

«Quando ci siamo resi conto – prosegue il presidente di Messinambiente – che i nostri interlocutori, dunque il Comune, erano sordi, ci siamo rivolti anche alla Procura con una comunicazione, già nell’aprile scorso, chiarendo che così non si può sopravvivere». Concetto espresso anche al commissario in occasione dell’assemblea dei soci datata 11 aprile, nella quale Sinatra rispondeva che «la proprietà prende atto della situazione e assicura un pronto intervento». A quel punto Messinambiente decide di rinviare il pagamento delle tasse e di coprire ancora una volta gli stipendi, poi si rivolge al Comune, nei confronti del quale vanta un credito da 4,5 milioni di euro, in scadenza a ottobre, frutto di una transazione da 18 milioni. «Per avere liquidità – dice Dalmazio – abbiamo detto al Comune: rinunciamo a 500mila euro del credito e ci date il resto subito. Ma qui capiamo che siamo al punto di dover alzare bandiera bianca, quando il Comune ci dice che è vero che ci devono dei soldi, ma è anche vero che noi dobbiamo loro 1,3 milioni per l’autoparco di via Calandra. Ci rendiamo allora disponibili ad una transazione da poco più di 3,5 milioni, e qui siamo all’assurdo, perché ci viene detto di sì alla transazione ma senza il trasferimento dei fondi, in quanto il Comune non ha i soldi».

Ma c’è di più. «Mi dicono anche – continua un Dalmazio furibondo – che la transazione da 18 milioni non è più valida in quanto non si è trovata copertura finanziaria, una transazione grazie alla quale abbiamo contribuito a risanare le casse del Comune. Bene, allora se non è più valida mi devono dare 33 milioni di euro». Arriviamo ai giorni nostri, ad un emergenza rifiuti che secondo Dalmazio «questa città non aveva mai vissuto», accelerata da una serie di circostanze: prima il funzionamento a singhiozzo della discarica di Mazzarà, poi la decisione dei lavoratori di astenersi per due giorni, dunque la chiusura totale di Mazzarà per altri tre giorni. «E a questo va aggiunto – sottolinea il presidente di Messinambiente – che per cinque giorni il Comune è rimasto senza una guida. Alla riunione con il prefetto c’eravamo tutti, tranne il commissario».

Tante le “anomalie- di questi mesi, ribadite da Dalmazio: «Ogni qual volta c’è stata la minaccia di astensione o i lavoratori sono andati al Comune, dopo tre quattro giorni sono stati pagati gli stipendi. Ma i soldi o ci sono o non ci sono. Siamo in un mondo di pazzi, non si fanno ragionamenti logici. Se il Comune non è in condizioni di pagare un servizio essenziale come la raccolta rifiuti, allora ha il dovere di fare scelte drastiche, anche dolorose». Come il dissesto? «Non mi riferisco al dissesto, perché sarebbe un danno per la città, ma alla modifica dei capitoli di spesa, cosa prevista tra l’altro anche in caso di dissesto». E negli ultimi giorni la questione si è aggravata con la decisione di Sinatra di non approvare il bilancio, per altro da lui stesso stilato: «Un Comune che non approva il bilancio – spiega Dalmazio – non mette in condizioni le partecipate di chiedere finanziamenti in banca». Il presidente chiude con una precisazione: «Non esiste nessuna lite tra Messinambiente e Ato3, il vero problema non è nelle competenze, l’unico vero problema è di tipo economico».

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