Cittadella fieristica: un grande futuro nel passato

Cittadella fieristica: un grande futuro nel passato

Redazione

Cittadella fieristica: un grande futuro nel passato

mercoledì 10 Settembre 2008 - 13:33

Scaduta la concessione all'Ente autonomo, restituire la pregiata area alla città è prioritario: per le possibili destinazioni qualche suggerimento può darlo la storia

Un destino secolare. La Fiera è legata alla cittadella fin dalla sua fondazione, probabilmente per volere di Enrico VI, agli inizi del 1200 (anche se i primi documenti risalgono al Quattordicesimo secolo, regnante Federico II d’Aragona). Il sito era considerato ideale per l’allocazione della esposizione mercato, che aveva il privilegio di essere esentasse, proprio come un punto franco.

La struttura urbanistica della città è molto cambiata da allora, eppure ancora nel 1937 la Fiera fu nuovamente ubicata in quella zona, dopo due anni sperimentali (1934-1935), nei quali fu ospitata nelle aule del liceo -Maurolico- e sulla ex proprietà della Marina accanto a Palazzo Giunta.

A partire dal 1937, per impulso di Benito Mussolini in persona, si chiamò -Fiera delle attività economiche siciliane-, fu spostata nell’ex -Giardino a mare- e da allora ad oggi è rimasta lì.

Il -Giardino a mare-, noto anche come chalet, era la continuazione dell’ottocentesco Giardino della Flora, impiantato dai Borbone dove ora sorge la Villa Mazzini. Fu inaugurato dal sindaco Natoli dopo l’Unità d’Italia e fu un punto di incontro e di svago per i messinesi (vi si trovavano anche alcuni gazebo per l’esecuzione di concerti all’aperto) fino al terremoto del 1908. Dopo il sisma fu usato come deposito di emergenza, visto che era una delle poche aree sgombre da macerie. La sua sfortuna cominciò da lì, e continuò con la prima Guerra mondiale, che chiuse il cerchio della totale decadenza del sito. Ciononostante, nel 1937 fu stabilito che neanche uno degli alberi sopravvissuti del giardino venisse tagliato per l’allocazione della Fiera.

Il giardino fu nuovamente devastato durante la seconda Guerra mondiale, ma già nel 1946 la Fiera tornò ad aprire i battenti, inaugurata dal presidente della Repubblica in pectore Enrico De Nicola.

«Per le prime edizioni – ha spiegato Franz Riccobono, storico messinese, autore del volume -Messina mercantile e le sue Fiere- – la cittadella si affacciava sul mare. Non c’era né la barriera di tamerici, né il muraglione di tripodi di cemento, inutile, visto che non c’è alcun rischio di mareggiate in quel punto.» Anche il cemento era molto poco, visto che molte strutture erano effimere, venivano costruite ad hoc per una edizione, smantellate e ricostruite diverse l’anno successivo. Il Teatro fu aggiunto solo nel 1948, mentre i padiglioni attualmente vincolati dalla Sovrintendenza non sono che pallidi ricordi di quelli originali degli anni Trenta, opera degli architetti Adalberto Libera e Mario De Renzi.

Insomma, la cittadella è, oggi, uno spazio modellabile, dentro cui può trovare posto il centro propulsore dell’economia della città, o anche solo di una parte, quella legata ai servizi al turismo.

In questo senso pare vada l’idea del Museo del Maree dei Trasporti (c’è forse un riferimento alla nave Cariddi, attualmente in fondo al mare davanti alla zona falcata e in attesa di essere recuperata?), lanciata dall’assessore alle Politiche del Mare Giuseppe Isgrò. Proprio oggi è arrivata dal presidente dell’Autorità portuale, Dario Lo Bosco, la conferma della possibilità di alloggiare questo museo all’interno della cittadella.

Nei prossimi giorni Isgrò, con i tecnici dell’Authority, effettuerà un sopralluogo per valutare i probabili padiglioni da utilizzare. Al progetto ha aderito anche Domenico Majolino, responsabile del diving center Ecosfera, indirizzato alla ricerca e alla valorizzazione dei fondali dello Stretto anche con particolare attenzione alla storia dei relitti. Recentemente il gruppo di ricerca ha attribuito al relitto della cosiddetta -nave di Faro- il nome del cargo Bowesfield, varato intorno al 1881 e naufragato nel maggio 1892 nella zona di punta Faro. Anche se, al riguardo dell’identificazione del relitto, la Soprintendenza del Mare non ha ancora sciolto le riserve.

Il Museo del Mare è solo una delle molte attrazioni che la cittadella potrebbe ospitare. Se sorgerà lì l’approdo per le navi da crociera, l’area si presta ad essere un interfaccia straordinaria tra i turisti e la città. «Prima di tutto, bisogna buttare a terra tutti i padiglioni – ha continuato Riccobono -, compresi quelli vincolati, visto che sono dei rifacimenti degli originali di Libera e De Renzi, hanno valore storico-architettonico minimo e impediscono la fruizione totale dei luoghi.»

A quel punto, si potrebbe creare lì una mostra mercato permanente dei prodotti siciliani e messinesi, recuperando, così, quella che è stata la vocazione dell’area per almeno sette secoli. Ma si potrebbero immaginare anche altri musei, legati alle tradizioni e alla storia locale. Ad esempio quello delle Macchine votive, per il quale si era immaginata come sede il mercato di Muricello. E inoltre, ci sarebbe spazio per un’esposizione permanente sul terremoto, e per una su Messina prima del terremoto.

E così via, salvo riuscire a passare dall’immaginazione alla capacità progettuale.

Nelle foto, tratte dal volume di Riccobono, la Fiera del 1949. In particolare, in alto il viale (si nota a destra l’affaccio a mare); al centro l’Irrera a Mare; in basso i padiglioni originali di Libera e De Renzi.

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