Diffida e variante urbanistica: così il caso Triscele diventa una grana per il consiglio comunale

Diffida e variante urbanistica: così il caso Triscele diventa una grana per il consiglio comunale

Diffida e variante urbanistica: così il caso Triscele diventa una grana per il consiglio comunale

sabato 30 Aprile 2011 - 00:19

I legali dell’azienda chiedono al Consiglio di trasformare l’area dello stabilimento in edificabile, equiparandola a quella della ex Molini Gazzi. Ma la delibera che si chiede di approvare non prevede la variante, che invece dovrà passare dalla Giunta

Nove volte su dieci le grane maggiori, per il consiglio comunale, sono rappresentate da tre fattispecie: debiti fuori bilancio, società partecipate e materie urbanistiche. Il caso Triscele, l’ex Birra Messina, rientra in quest’ultima casistica. E rischia di creare più di qualche grattacapo, all’aula di Palazzo Zanca, anche perché la questione è meno semplice di come sembra. Occorre ripercorrere i passaggi cruciali. Da due anni, ormai, il consiglio comunale ha all’ordine del giorno la delibera che prevede la variante parziale da zone “B1” a “B4c”, derivante da errori materiali del Piano regolatore. Va spiegato dove sta l’errore materiale: l’articolo 36 delle Norme tecniche d’attuazione, una sorta di “regolamento” attuativo del Piano regolatore, prevede che vengano classificate come zone “B1”, cioè col più alto indice di edificabilità, solo le zone all’interno del perimetro del cosiddetto Piano Borzì. Il problema è che, per un errore materiale appunto, anche altre aree, all’esterno del Piano Borzì, sono state classificate come “B1”. Tra queste anche quella dove si trova l’ex stabilimento della Molini Gazzi, al posto del quale, secondo un progetto presentato dal titolare della ditta, Francesco Pulejo, e redatto dall’ing. Luciano Taranto, dovrebbe sorgere un complesso edilizio. La delibera che giace in consiglio comunale (e che a parziale scusante dell’aula è stata modificata un paio di volte dall’Amministrazione) prevede, appunto, di correggere quell’errore materiale, modificando l’area da “B1” a “B4c”, cioè in zona edificabile ma con indice inferiore, così come previsto dal Prg per le aree esterne al Piano Borzì.

Questa premessa è necessaria perché una sentenza del Tar di Catania, sul ricorso presentato dalla Heineken Italia Spa prima e dalla Triscele Srl, di fatto impone al Comune di equiparare la classificazione urbanistica dell’area dell’ex Birra Messina a quella della limitrofa Molini Gazzi. Se Molini Gazzi è “B1”, per semplificare, anche Triscele deve essere “B1”. Se Molini Gazzi diventa “B4c”, come prevede la delibera in Consiglio, anche Triscele deve diventare “B4c”. Attualmente, infatti, l’area dello stabilimento Triscele è “D1”, cioè destinazione industriale, facendo raffigurare, riconosce il Tar, «disparità di trattamento e illogicità».

Tutto questo ha indotto la Triscele srl a trasmettere, attraverso i legali Marianna Barbaro e Antonino Villari, un atto stragiudiziale al consiglio comunale, con il quale «invita il consiglio comunale a dare esecuzione alla sentenza con specifico riferimento alla destinazione urbanistica per come prevista dal Piano Borzì o anche per come proposto in delibera come area edificabile “B4c”» e diffida lo stesso Consiglio «ad ottemperare a quanto richiesto in virtù delle gravi motivazioni che porterebbero alla cessazione dell’attività con il grave ed irreparabile danno dei licenziamenti collettivi». Quali sono le “gravi motivazioni” lo si capisce leggendo le premesse dell’atto stragiudiziale. I legali ripercorrono le tappe che hanno portato all’acquisizione, da parte della Triscele srl, del ramo d’azienda dell’Heineken Spa quando quest’ultima aveva deciso di chiudere lo stabilimento della Birra Messina. La Triscele rispose all’appello «delle autorità messinesi», una scelta che «non fu dettata solo dal cuore, ma fu sostenuta dal vaglio positivo della capacità produttiva dello stabilimento». Le condizioni, però, rispetto al dicembre 2007 sono cambiate. «La situazione di crisi attuale, – si legge nella diffida – il mancato intervento da parte di qualsiasi autorità nella città di Messina hanno portato i dirigenti della Triscele ad una conclusione: riconvertire l’area su cui insiste lo stabilimento da zona industriale in zona edificabile e con il ricavato riposizionare lo stabilimento in altra zona e continuare l’attività». Ma «ad oggi, non si sa per quale recondito motivo, il consiglio comunale non vuole in alcun modo dare esecuzione alla sentenza, non vuole in alcun modo riqualificare l’area, costringendo in tal modo la Triscele a mettere in atto un piano di licenziamenti che pregiudicherebbe oltre l’economia messinese anche decine di famiglie che hanno come unico mezzo di sostentamento lo stipendio della Triscele».

Ma è davvero così? Davvero il consiglio comunale non vuole procedere alla trasformazione dell’area? La domanda da porsi è un’altra: esiste agli atti del Consiglio una delibera con la quale si trasforma l’area dello stabilimento da “D1” a “B4c”, da industriale a edificabile? La risposta è: no. Infatti la delibera “Molini Gazzi” riguarda un’altra fattispecie, come detto, ossia la correzione di un errore materiale che nulla ha a che vedere con l’area Triscele. Vero è che nella delibera si fa cenno alla sentenza del Tar ma vi si legge solo che «l’Amministrazione comunale ha già avviato il procedimento per l’esecuzione alla sentenza del Tar, prevedendo di assegnare, al fine di evitare disparità di trattamento, la medesima destinazione di zona “B4c” prevista dalla variante per la limitrofa area della Molini Gazzi». In sostanza il consiglio comunale, quando approverà questa delibera, trasformerà l’area Molini Gazzi in “B4c”, darà atto all’Amministrazione di aver avviato il procedimento per fare lo stesso con l’area Triscele, ma non ne trasformerà automaticamente la destinazione urbanistica bensì darà mandato (cosa ben diversa) «all’Amministrazione comunale di dare seguito al procedimento di esecuzione del giudicato e di predisporre, a conclusione dello stesso, apposita proposta di deliberazione». Dunque dovrà essere la Giunta a predisporre una nuova delibera da sottoporre al consiglio comunale. A meno che lo stesso Consiglio non ne predisponga una di propria iniziativa. E considerato che sono passati due anni dalla sentenza, da una parte o dall’altra sarebbe ora che prendessero una decisione.

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