L’Ente porto e la zona falcata: il grande equivoco continua

L’Ente porto e la zona falcata: il grande equivoco continua

L’Ente porto e la zona falcata: il grande equivoco continua

martedì 13 Luglio 2010 - 13:43

Un anno fa si avviava la liquidazione, oggi lo stesso assessore regionale che lo definì “un ente fantasma ed inutile”, Venturi, ne chiede il “rilancio” prolungando di un anno l’incarico del commissario Madaudo

«Finalmente un organismo inutile, servito solo a pagare consulenze e gli emolumenti degli amministratori sarà chiuso. Dal 1951 questo ente fantasma, nato per gestire una zona franca nel porto di Messina mai in vigore, ha percepito finanziamenti da parte della Regione destinati a pagare lo stipendio ad una sola dipendente di ruolo e i gettoni dei 9 amministratori e dei 4 sindaci. Uno stipendificio che non produce nulla ed è anzi solo un costo per la Regione». A pronunciare queste parole nei confronti dell’Ente Porto di Messina, nel settembre 2009 (nemmeno un anno fa), fu l’allora assessore all’Industria Marco Venturi (nella foto). Oggi lo stesso Venturi, nelle vesti di assessore alle Attività produttive (cambia il nome, non la sostanza), rinnova e proroga di un anno il mandato del commissario straordinario dell’Ente Porto, Rosario Madaudo, «al fine di consentire il rilancio dell’attività istituzionale dell’ente, in termine di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa».

Ora, chiedere la coerenza al mondo della politica è forse mera utopia, ma qualcuno è bene che spieghi a Messina e ai messinesi cosa si vuol fare di un’area, la zona falcata, che ha bisogno di certezze e di rilancio e invece continua ad essere in balia di giochetti poco chiari e di dietrofront improvvisi quanto inspiegabili. Come si può chiedere il “rilancio” di un ente che fino a pochi mesi prima si definiva “fantasma”? Come si può tornare sui propri passi rispetto ad un procedimento di soppressione e di liquidazione che si era concluso proprio l’estate scorsa, salvo poi cancellare tutto con un colpo di spugna? E come può giungere oggi questo provvedimento, quando nemmeno un mese fa, era il 20 giugno, proprio Venturi rispondeva così ad un’interrogazione del deputato regionale del Pd Filippo Panarello: «Confermo che è mia ferma volontà d’attivarmi affinché venga riproposta in Giunta di governo l’attivazione della procedura di liquidazione dell’Ente Porto di Messina, rientrando pienamente tale scelta nell’ambito della forte spinta innovatrice e di lotta agli sprechi delle risorse pubbliche che questo Governo ha attivato sin dal suo insediamento».

Ha certamente un peso la sentenza del Cga del 25 gennaio scorso, che di fatto ha stabilito che l’istanza di sgombero dell’Autorità portuale nei confronti dell’Ente Porto circa le aree occupate all’interno della zona falcata destinate, rispettivamente, a stazione di degassifica ed a bacino di carenaggio, non era legittima, ribaltando la prima sentenza del Tar contro la quale l’Ente Porto si era appellato. Il Cga aveva inoltre affermato che, con l’istituzione dell’Autorità Portuale nel porto di Messina, non sono venuti meno i poteri dell’Ente Porto sull’area costituente il “punto franco” e che i compiti attribuiti all’Authority non escludono né assorbono le attribuzioni e le competenze dell’Ente preposto per legge all’amministrazione e gestione delle aree costituenti il “punto franco” del porto di Messina. Il tribunale aveva riconosciuto che l’ente non è stato mai dismesso, ma è ancora esistente come soggetto dotato di -personalità giuridica pubblica- e ha potestà su un’area che ha un perimetro accuratamente delineato nei suoi confini e sulle aree del bacino di carenaggio e della stazione di degassificazione per navi petroliere.

Insomma, siamo fermi sempre allo stesso punto: la Regione continua a rendersi protagonista di scelte schizofreniche, contraddicendosi mese dopo mese, l’Autorità portuale spera in un “ravvedimento” del Cga, rinunciando al tempo stesso di ricorrere in Cassazione, e Messina, con i rappresentanti locali “impotenti” di fronte a questo impietoso balletto (ma i parlamentari dove sono?), resta schiava di un conflitto di competenze che vede prigioniera della politica e della mala burocrazia la zona più pregiata di una città scartata.

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