«Gran parte degli editori italiani vorrebbero un giornalismo d’inchiesta che non rompesse le balle»

«Gran parte degli editori italiani vorrebbero un giornalismo d’inchiesta che non rompesse le balle»

«Gran parte degli editori italiani vorrebbero un giornalismo d’inchiesta che non rompesse le balle»

martedì 25 Maggio 2010 - 16:41

Da Marsala, il giornalista Peter Gomez annuncia la nascita del sito de Il Fatto Quotidiano

Marsala. Finalmente il countdown è agli sgoccioli. Partirà agli inizi di giugno il sito de Il Fatto Quotidiano – subentrando a l’AnteFatto – diretto dal giornalista e autore di numerosi saggi di successo, Peter Gomez: «Sarà un sito totalmente aperto alla rete, andremo a cercare sul web le notizie e saremo pronti ad ospitare commenti e segnalazioni dei lettori». Cresciuto a Il Giornale, sotto la direzione di Montanelli, ha scritto per La Voce e per anni è stato l’inviato di punta de L’Espresso, occupandosi di corruzione politica, cronaca giudiziaria e mafia. Gomez, presente alla 2a edizione del festival del giornalismo d’inchiesta tenutosi a Marsala dal 21 al 23 maggio, ribadisce che «tale iniziativa è ottima e meritoria, creando un dialogo con i lettori ma anche con altri giornalisti grazie a dibattiti legati alla stretta attualità del nostro paese». Il suo giudizio sullo stato attuale del giornalismo d’inchiesta non lascia spazio ad alibi: «Un vero disastro. Ciò accade perché gli editori fanno altri mestieri, hanno altri interessi che risultano prevalenti sul numero di copie vendute, in pratica vorrebbero un giornalismo d’inchiesta che non rompesse le balle, purtroppo per loro è impossibile».

A giugno partirà il sito de Il Fatto Quotidiano, come si integrerà con il giornale?

«Ci sono delle notizie che per caratteristiche proprie o perché generaliste, saranno date sul sito e noi le approfondiremo anche con elementi multimediali. Le due redazioni saranno sostanzialmente integrate, ovviamente lo scoop passerà sul cartaceo ma noi abbiamo intenzione di fare un sito molto diverso da quelli che ci sono in giro: si ispirerà ad una serie di siti americani con una fortissima componente di blogger, analisi e retroscena. Ci saranno le nostre analisi ovviamente ma soprattutto sarà totalmente aperto alla Rete, nulla di ciò che scriveremo sarà a riproduzione riservata, cercheremo le notizie sul web e saremo aperti alle segnalazioni e alle opinioni dei lettori».

Seconda edizione del giornalismo d’inchiesta “A Chiarelettere”: come giudica l’iniziativa?

«L’iniziativa è ottima e meritoria. Si è stabilito un dialogo con i lettori ma anche con altri giornalisti grazie a dibattiti legati alla stretta attualità del nostro paese ».

Direttore, in che stato versa il giornalismo d’inchiesta nel nostro paese?

«Disastrosa. In Italia abbiamo un problema di editori dato che la maggior parte svolge un lavoro diverso, industriali o costruttori essi siano. Il problema è che avendo altri interessi devono cercare di contrattare con la politica e le pubbliche amministrazioni, insomma non devono rompere le balle. Ma, inevitabilmente, il giornalismo d’inchiesta deve rompere le balle e a furia di mettergli i bastoni fra le ruote, i giornalisti perdono l’allenamento e si finisce col confondere la cronaca giudiziaria con in giornalismo d’inchiesta, due cose distinte e separate, anche se, a mio avviso, è importante essere dei bravi cronisti giudiziari per saper leggere le carte e trovare ciò che non è stato sviluppato dagli investigatori e dai magistrati. A parte Current Tv e Report ci sono davvero pochi spazi dedicati al giornalismo d’inchiesta in tv e anche noi abbiamo parecchie difficoltà perché siamo molto pochi e un’inchiesta richiede tempo, incontri e può condurre a risultati imprevedibili. In Italia non esistono i desk investigativi nei giornali ma il mio sogno è che Il Fatto Quotidiano possa crearlo per primo in Italia».

L’anno scorso, proprio qui a Marsala, si parlò della possibilità di creare un fondo che finanziasse il giornalismo d’inchiesta. Ci sono sviluppi?

«So che se ne sta parlando e la Rete, seguendo modelli inglesi e statunitensi, è molto disponibile a finanziare il giornalismo d’inchiesta magari avviando una raccolta fondi che permetta all’inchiesta di avviarsi stabilendo un plafond. Ma la Rete è anche strana perché ha dei personaggi che, a torto a ragione, reputa più o meno credibili di altri. Ciò significa che un personaggio importante avrà facilmente accesso a questi fondi rispetto ad un blogger bravissimo ma sconosciuto».

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