Lo sostengono gli avvocati Catalioto e Rizzo, che hanno presentato ricorso al Tar a difesa di un ingegnere di Catania: «Tra i requisiti la laurea breve? Non si può fare…»
Già il Pd, con Felice Calabrò, lo aveva definito «cucito su misura» (vedi articolo correlato). Su misura di chi non si sa, ma il bando di concorso per assumere due nuovi dirigenti tecnici a tempo indeterminato indetto dal Comune è diventato oggetto di un ricorso al Tar di Catania, proposto dagli avvocati Antonio Catalioto e Patrizia Rizzo, a difesa di un ingegnere di Bologna, Armando Mellini. Un ricorso nel quale si sostiene che il bando è illegittimo e dunque da annullare, avvalorando, per certi versi, quella definizione data da Calabrò. Ecco perché, punto per punto, il bando sarebbe da annullare. Sotto accusa le parti del concorso in cui «tra i requisiti di partecipazione prevede come titolo di studio la laurea breve in Ingegneria civile o Architettura o Urbanistica o Pianificazione territoriale», «impone ai candidati, a pena di esclusione, una dichiarazione di accettazione incondizionata di tutte le norme contenute nel bando», «prevede che le prove scritte e orali vertano» su materie che poco o nulla hanno a che fare con il ruolo che si dovrà andare a ricoprire»; ma il bando viene soprattutto contestato «nella parte in cui è stato riservato al personale interno l’accesso ai posti in questione prevedendo, tra i requisiti, la laurea breve» e «in cui non viene richiesta, come requisito di partecipazione, l’abilitazione professionale e l’iscrizione al rispettivo albo professionale».
In particolare i legali sottolineano una serie di aspetti: «per l’accesso alla qualifica dirigenziale l’art. 28, D.Lgs. n. 165/2001, ha individuato l’imprescindibile necessità del diploma di laurea», equiparabile ad una specialistica o ad una magistrale, non certo ad una laurea breve; «la normativa impone il ricorso a procedure concorsuali selettive, volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano, comunque, in misura del 50%, l’accesso dall’esterno», e così non è, essendo il bando riservato al personale interno, fattore che fa pensare che «la scelta si caratterizza per l’arbitraria forma di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi»; inoltre viene sottolineata, come detto, la mancanza, come requisito, dell’iscrizione all’albo professionale: «il requisito, in rapporto al concorso in questione, s’impone per l’elementare considerazione che in sua mancanza il dirigente non potrebbe assolvere tutta una serie di funzioni (progettista, coordinatore tecnico, rup ecc..) e, soprattutto, non potrebbe esprimere i pareri di regolarità tecnica di propria competenza sugli atti e proposte deliberative». La parola passa al Tar di Catania.
