Parole, parole, parole. Il lungo dibattito sull'Istituzione

Parole, parole, parole. Il lungo dibattito sull’Istituzione

Redazione

Parole, parole, parole. Il lungo dibattito sull’Istituzione

lunedì 05 Gennaio 2009 - 16:24

Dall'approvazione dello statuto (novembre 2002) tante e troppe dichiarazioni alle quali quasi mai sono seguiti i fatti. Ecco un breve excursus sulla storia “parlata- di questo carrozzone

Istituzione sì, Istituzione no. Il dibattito si trascina da circa sei anni, da quando, cioè, nel novembre 2002 il consiglio comunale ne approvò lo statuto. Da lì parte questa nostra carrellata di dichiarazioni sull’Istituzione dei Servizi sociali, alle quali raramente, per non dire quasi mai, sono seguiti fatti concreti. Proprio in occasione dell’approvazione dello statuto l’allora assessore alle Politiche sociali Giuseppe Santalco disse: «Con questo statuto, cesellato articolo per articolo, l’Istituzione riuscirà sicuramente a fare un salto di qualità, diventando nel concreto un ente titolare di personalità giuridica. È un punto di partenza per rendere i servizi sociali sempre più funzionanti ed efficaci»

La realtà si dimostrò rapidamente piuttosto diversa. Così Saro La Rosa, segretario Fp Cisl, circa un anno dopo: «Per la Cisl l’Istituzione non può essere solo una stazione appaltante come è stata fino ad ora, ma deve rimodellarsi sul piano strutturale e organizzativo procedendo a una preventiva mappatura dei bisogni della collettività». Di lì a poco la Cgil, attraverso il suo segretario generale Franco Spanò e il segretario Fp Lillo Oceano, avrebbe per prima definito l’ente un «carrozzone».

Il dibattito avrebbe presto assunto contorni politici. Nel luglio 2004 Ciccio Curcio, allora consigliere comunale dei Ds, chiedeva la trasmissione al consiglio del piano di programma dell’Istituzione, «per consentire un dibattito sull’opportunità di tenere in vita un ente che a fronte di ingenti oneri di gestione, compresi quelli che derivano dai recenti incarichi di esperti, altro non è che una stazione appaltante». All’inizio del 2005, la prima proposta di delibera, presentata proprio da Curcio, sullo scioglimento dell’Istituzione. Anche nell’allora Cdl si aprì un dibattito, ma alla fine la proposta si arenò sia in commissione che in consiglio. Così il presidente dell’epoca dell’Istituzione, Felice Cascio di Forza Italia: «L’Istituzione non è un carrozzone che gestisce solo appalti, ma una realtà propositiva che offre servizi alla città».

Col cambio di colore politico di Palazzo Zanca e l’avvento del neo sindaco Francantonio Genovese (novembre 2005) la musica non cambia. «L’Istituzione – affermava Genovese nel suo programma elettorale – è stata sinora un inutile carrozzone che ha prodotto sprechi e clientele. Questa situazione, a cui va posto rimedio, e le innovazioni introdotte dalla legge 328/00, fanno sì che sì proceda a un riordino del Dipartimento sociale». Concetto ribadito dall’appena insediato assessore al Bilancio, Mario Centorrino, nel dicembre 2005, che sull’Istituzione affermava: «L’intenzione poteva essere buona ma l’obiettivo, è evidente, non è stato raggiunto, e non credo che ciò sia dipeso da colpe specifiche della gestione Cascio. Va eliminata la duplicazione nel settore dei servizi sociali».

Nota da sempre la posizione in merito dell’Udc, così espressa nello stesso periodo dal leader Gianpiero D’Alia: «Se la giunta dell’Unione intenderà proporre una drastica politica di risanamento finanziario del Comune, passando dalla soppressione dell’Istituzione per i servizi, il nostro sostegno non verrà meno». La posizione della giunta Genovese inizia però ad ammorbidirsi. Ecco Pippo Rao, allora assessore alle Politiche sociali: «È chiaro che così com’è adesso non va, stiamo decidendo d’accordo con il sindaco se eliminarla o rivitalizzarla e inquadrarla in un sistema che funzioni». Che un mese dopo ribadiva: «E’ un nodo che si scioglierà in tempi brevissimi: se l’Istituzione ci sarà, sarà di un altro genere. Altrimenti, non ci sarà».

L’occasione per passare dalle parole ai fatti arriva a febbraio, con la proposta di delibera targata Carmelo Santalco (Udc) e cofirmata da diversi consiglieri del centrodestra e da Nino Urso del Prc. La richiesta di soppressione, però, si ferma ancora una volta sia in commissione che in consiglio. «Di certo – dirà il capogruppo della Margherita Loris Foti – non si poteva cancellare tout court un ente che comunque eroga servizi». In quel periodo era stata netta la presa di posizione di Oceano della Cgil: «L’Istituzione per i servizi sociali è un vero e proprio carrozzone, buono solo a sperperare risorse per pagare indennità di carica a presidente e componenti il Cda, lo stipendio del direttore generale e dei dirigenti a contratto, gli esperti, le consulenze esterne e quelle legali». Più diplomatica quella di La Rosa della Cisl: «Piuttosto che alimentare scontri manichei sulla necessità di mantenere in vita l’Istituzione, ci si preoccupi finalmente di farla funzionare come dovrebbe».

Ma il cambio di rotta più evidente è quello della giunta Genovese. Rao (febbraio 2006): «L’Istituzione, che gode di personalità giuridica, può essere rilanciata. Io credo che questo ente possa diventare davvero un prezioso strumento a servizio della comunità». Una posizione che vede concorde l’attuale sindaco, ai tempi solo presidente provinciale di An, Giuseppe Buzzanca: «Privare i più deboli di uno strumento come l’Istituzione per i servizi sociali, più agile rispetto alla struttura comunale, in questo particolare momento storico, credo sia sbagliato. Sul futuro dell’Istituzione bisognerà pronunciarsi coralmente, dopo un ampio dibattito».

A marzo 2006 si insedia come nuovo presidente Elio Sauta, che afferma «L’Istituzione può svolgere una funzione essenziale di coordinamento». Ma un mese dopo aggiunge: «Oggi l’Istituzione è nel mezzo della bufera ma se deve restare un ente appaltante è meglio chiuderla. Stiamo valutando la gestione diretta dei servizi: un percorso che non sarà breve». E infatti il percorso non si avvierà per nulla. Il dibattito, anzi, si interrompe, anche a causa della decadenza della giunta Genovese, per riprendere solo due anni dopo, quando il Comune è retto dal commissario Gaspare Sinatra.

«Sollecitiamo il commissario Sinatra a sciogliere l’Istituzione – affermano Spanò e Oceano della Cgil – avviando così veri tagli a sprechi e costi inutili della politica delle poltrone». E Sinatra, complice una relazione choc dell’esperto Salvatore Vernaci («L’Istituzione oggi non è in grado di dare risposte ai bisogni della gente, alle richieste di emergenza abitativa, alle famiglie in difficoltà e alla fasce più deboli»), si darà da fare, sciogliendo l’Istituzione nel 2008 e avviando l’iter per costituire il CISSA.

Ma anche stavolta non è quella buona. Lillo Oceano, Saro La Rosa e Giuseppe Calapai, segretari funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil, condannano la decisione del commissario, che «non può prescindere dalla preventiva concertazione con i sindacati rappresentativi del comparto e firmatari del contratto nazionale collettivo di lavoro». Il giudice del lavoro stopperà la decisione di Sinatra, partirà anche un’inchiesta alla quale Sinatra si difenderà così: «Ho solo abolito un carrozzone politico».

Col ritorno di Buzzanca come sindaco di Messina, si riapre la questione: «Sono personalmente contrario all’Istituzione – afferma a settembre – e vorrei che la gestione dei servizi sociali fosse assunta in modo diretto dall’assessorato. Ma c’è una decisione del Tribunale ed è materia sulla quale occorre che si pronunci il consiglio comunale». Concetto ribadito nei giorni scorsi, quando Buzzanca era in visita a Casa Serena: «Ho sempre detto che l’Istituzione va sciolta e continuo a ripeterlo. La competenza, però, è del consiglio comunale ed è necessario che si trovi una convergenza tra tutte le forze politiche». E la telenovela continua.

(nelle foto Carmelo Santalco e Gaspare Sinatra)

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