Pd: pressioni messinesi e siciliane su Genovese. Il segretario regionale: -Resto dove sono-

Pd: pressioni messinesi e siciliane su Genovese. Il segretario regionale: -Resto dove sono-

Redazione

Pd: pressioni messinesi e siciliane su Genovese. Il segretario regionale: -Resto dove sono-

venerdì 20 Giugno 2008 - 17:11

Dopo la batosta elettorale sembre urgente un confronto interno al centrosinistra. C'è chi chiede la -testa- dell'ex Sindaco della nostra città, che risponde con -i risultati-

Un sconfitta destinata a lasciare il segno. Francantonio Genovese con il suo quasi 39% non è riuscito a -conquistare- neanche il ballottaggio, nonostante l’impegno profuso e gli sforzi economici, ma soprattutto nonostante l’8% di Fabio D’Amore. Tanti gli elementi da analizzare in casa Pd, a livello cittadino, ma anche a livello regionale, perché com’era già stato preannunciato prima delle amministrative, c’è l’esigenza di guardare oltre le urne. Oggi però, alla luce dei risultati provenienti da tutta l’Isola, forse un confronto interno diventa ancora più necessario. Ma andiamo con ordine, partendo dal dato cittadino.

MESSINA

La vittoria al primo turno di Giuseppe Buzzanca non è indicativa solo per il centrodestra, ma lo è anche per un’opposizione che non è riuscita ad essere così forte da impedirgli il successo diretto. Successo che anche se concretamente è solo di mille voti, politicamente è molto più ampio. Le responsabilità vengono attribuite maggiormente al candidato Sindaco Genovese, per una serie di scelte e per un atteggiamento che, fin dalla nascita della nuova creatura del centrosinistra, alcuni hanno definito -troppo poco democratico-. Già nelle settimane precedenti al voto, alcuni segnali avevano in un certo senso -minato l’aria- più di quanto forse in fondo non lo era già: la questione legata alla -Lista Siracusano Presidente-; le dimissioni a seguire del cognato Franco Rinaldi da segretario provinciale; i -pruriti- di Antonio Saitta e di altri componenti dell’area ex Ds; la beffa di vedere, alla vigilia delle elezioni, Marcello Scurria, ex segretario provinciale proprio dei Ds e tra i maggiori artefici della decadenza di Buzzanca, andare a rinfoltire le fila “nemiche- nel cosiddetto “Laboratorio Messina-. Ma non sono state esclusivamente queste -grane- a far perdere la guida della città all’imprenditore messinese. La precisa volontà di schierare praticamente tutti gli ex assessori si è rivelata un’arma a doppio taglio, ma è in generale la composizione delle varie liste che, per bocca degli stessi candidati, forse non è stata del tutto azzeccato. Un esempio, che però può essere indicativo, è proprio la sua posizione all’interno della lista ufficiale del Pd, che invece di fungere da traino, come ad esempio è stata quella di Buzzanca in -Rialzati Messina-, non ha inciso, collocandosi a conclusione dello spoglio -a centro classifica-. Sicuramente, come Genovese stesso ha amesso, qualche errore è stato commesso e non si può parlare solo di onda lunga rispetto al successo di Berlusconi e Lombardo che senza dubbio ha contribuito. C’è chi gli rimprovera una gestione personalistica e accentrata del partito, orientata a chiudere il cerchio intorno a sé e ai propri fidati, senza aprire al confronto con quelle correnti magari più critiche e più libere. Decisioni come la sua autocandidatura a Sindaco, quella dell’amico Paolo Siracusano alla presidenza della Provincia e come già detto la ripartizione dei -fedelissimi- e non, nelle varie liste. Sicuramente non è mancata la comunicazione, perché come i suoi avversari hanno più volte ribadito, Genovese è stato in campagna elettorale, nella cartellonistica stradale, nelle tv, negli incontri organizzati, praticamente da gennaio; prima con ampio anticipo in previsione delle amministrative, successivamente per le politiche di aprile e ancora dopo, nuovamente per l’elezione del primo cittadino di Messina, -monopolizzando di fatto gli spazi-. Ma forse non è bastato. Genovese ha perso con tutta probabilità anche quel voto d’opinione che per metà è andato a Fabio D’Amore e per l’altra metà si è dissolto nell’astenzionismo, che diciamolo chiaramente, ha penalizzato più il centrosinistra che l’altra sponda politica. Le iniziative, i programmi, la squadra di tecnici, non hanno fatto breccia nel cuore dei messinesi, che hanno fatto scendere -l’indice di gradimento- dal 45,79% del 2005 (primo turno), al 38 circa odierno. Un dato, quello finale del 2008, che se per Genovese è positivo visti i numeri degli altri capoluoghi isolani, rappresenta sempre un -meno sette- perso nel giro di tre anni. Questi i fatti, bisognerà fare autocritica e ripartire, unendo le forze e coinvolgendo anche quelle che sono state ai margini non esponendosi in prima persona. Partendo però dal presupposto, che in questo momento in città, non c’è una figura forte in grado di assumere la leadership del partito come può fare Francantonio Genovese, nei numeri, nella sostanza e dal punto di vista economico.

IN SICILIA

Risultati chiari, netti, inequivocabili. Genovese a Messina avrà pure perso, ma è quello che in Sicilia ha totalizzato il miglior punteggio. Nell’ 8 a 0 delle province e nel 3-0 dei Comuni sono stati diversi i dati di gran lunga più larghi della sconfitta del segretario regionale nella nostra città. Ciò nonostante non sono mancate le polemiche, soprattuto provenienti dal candidato per la provincia di Palermo, il sindacalista Franco Piro, che all’indomani del -cappotto- contro Avanti (Udc) ha sbottato sostenendo: -Siamo stati mandati a mani nude contro i carri armati. C’è mancato in modo totale l’appoggio del partito. Il Pd si è presentato come un assemblaggio di gruppi che si fanno guerra tra loro. Sono stati favoriti e proposti amici di famiglia, e in generale, raccomandati e questo atteggiamento ha provocato una fortissima reazione negativa-. Lo stesso Piro ha poi auspicato la realizzazione, a livello regionale, di un congresso straordinario che riparta dalle primarie, in modo da capire gli errori e riconquistare la fiducia degli elettori, precisando che l’obiettivo non sono le dimissioni di Francantonio Genovese, anche se in questi casi -solitamente vengono da sé-. Attacco alla gestione del partito anche da Rita Borsellino, che ha rivelato: -E’ il momento per il centrosinistra di fare seriamente una riflessione e un’autocritica. Ci sono state le politiche, le regionali, le amministrative, cos’altro serve per capire che qualcosa non va? Sono state fatte delle scelte sbagliate, le persone si sono staccate dalla politica e, non a caso, in molte zone in massa non sono andate a votare-. Genovese però, dal canto suo, non molla di un centimetro, deciso a rimanere inchiodato alla direzione regionale del Pd e convinto di poter ancora portare a termine quel processo di radicamento nel territorio. I numeri in realtà sono a suo favore e la provocazione lanciata, la dice lunga sullo stato d’animo attuale del messinese: -E’ vero che qualcosa non è andata bene, ma sicuramente l’unico colpevole non è chi scendendo in campo in prima persona, al contrario di altri, ha ottenuto alla fine un discreto risultato-. Il messaggio è chiaro: Genovese non è disposto ad essere l’unico a pagare, pur capendo che qualcosa va cambiata. Per questo ha convocato per lunedì prossimo tutti i segretari provinciali dei nove centri siciliani. Sarà un occasione per discutere della debacle, anche in vista della costituente regionale che si terrà, come precedentemente previsto, il sei luglio. E’ molto probabile che l’analisi parta dal fatto che il Pd era nato con l’obiettivo di puntare tutto su un preciso modello di organizzazione, sull’innovazione, sulle idee e su un modo di fare politica aperto a tutti. Se vengono a mancare queste componenti diventa difficile ottenere determinati risultati e le elezioni del 2008 lo hanno dimostrato. Con Genovese o no dunque, sarà necessario un cambio di rotta per riconquistare quella fetta di elettorato sfiduciato e per convicere coloro che non aspettano altro che una ventata di novità, che a quanto pare è rimasta solo nelle intenzioni.

I RIFLESSI DAL NAZIONALE

Intanto a Roma si è tenuta l’Assemblea nazionale costituente del partito, durante la quale si è discusso su diverse questioni. E’ stata ribadita da più parti la necessità di mettere da parte una volta per tutte le vecchie divisioni, pure se dalla due giorni, ascoltando alcuni interventi, non è emersa unitariamente questa voglia di farlo. Non sono mancate ovviamente le polemiche, come quelle mosse da Rosy Bindi e Arturo Parisi. Walter Veltroni ha comunque rivendicato l’efficacia della sua linea -grazie alla quale si è riusciti ad attraversare una tempesta di dimensioni ben più grandi-. Il segretario ha anche sostenuto che si potrà tornare a vincere solo evitando -il logoramento di un lungo ed estenuante dibattito interno, ostacolo all’incisività e al respiro strategico alla nostra opposizione-. Nonostante ciò, il leader del Pd, ha chiesto nella sua relazione introduttiva un pronunciamento dei delegati sulla linea politica esposta. Ieri la chiusura, ma l’impressione è che i problemi non sono stati risolti.

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