A Rosarno, qualche anno fa

A Rosarno, qualche anno fa

A Rosarno, qualche anno fa

venerdì 08 Gennaio 2010 - 14:44

Una storia vera

Una decina d’anni fa, quasi casualmente, mi ritrovai ad essere proprietario di una frazione di piccola bottega a Rosarno, affittata a 50 mila lire al mese e posta in una zona piuttosto degradate dalle parti della vecchia stazione.

Non l’avevo mai vista e, considerata l’esiguità della rendita, non avevo voluto perdere una mattinata per andarvi; fino a quando l’inquilino mi annunziò di voler lasciare l’immobile e mi spedì le chiavi.

A quel punto non potei farne a meno.

Dopo numerosi rinvii, parecchi mesi dopo la cessazione della locazione, mi decisi a traghettare per verificare di persona in cosa realmente consistesse la mia proprietà.

Rintracciati strada e civico, verso le 10 di una bella mattina di sole, spinsi la porta della bottega, già di per sé piuttosto scassata.

Era stranamente appena socchiusa, ma l’interno era buio.

Guardando a terra si intravedevano alcuni corpi e un odore nauseante riempiva l’aria.

Spalancata la porta d’ingresso per far entrare la luce, scorsi mezza dozzina di persone che dormivano vestite su vecchi e puzzolenti materassi affiancati a coprire il pavimento del locale.

Le finestre, senza più vetri, erano chiuse con assi di legno e vecchi giornali.

Chiamai fuori quello più vicino alla porta: era un nordafricano sui vent’anni, ancora confuso dal brusco e inatteso risveglio.

Alla mia richiesta di spiegare la sua presenza rispose che l’aveva fatto entrare un certo signore, di cui non conosceva il cognome e al quale lui e i suoi compagni pagavano l’affitto.

Il sedicente proprietario, rintracciato dai Vigili Urbani su indicazione degli -inquilini-, si presentò di lì a poco, spiegando che la sua era stata un’opera di misericordia allo scopo di non far dormire in strada dei poveri extracomunitari che lavoravano negli agrumeti del circondario.

Era evidentemente una volgare bugia e gli ingiunsi di sgombrare i locali.

Sarei tornato dopo qualche giorno per constatare che la bottega era stata liberata.

Tornai dopo un mese: tutto era come l’avevo lasciato.

I Carabinieri annotarono i nomi degli extracomunitari, verificarono che nel locale non ci fossero droga o oggetti proibiti e identificarono chi aveva organizzato la squallida messa in scena dell’affitto per speculare sulla pelle di quei poveri cristi.

Per parecchi mesi non tornai a Rosarno: non avrei mai potuto recuperare da una locazione le somme necessarie per ripulire il locale e riportarlo a un minimo di decenza.

Meglio tentare di vendere tutto nelle condizioni in cui era e lasciare al nuovo proprietario l’onere della sistemazione.

Quando mi decisi a tornare per dare incarico di vendere a un’agenzia locale, trovai di nuovo la bottega occupata da un gruppo di tunisini. Sempre ad opera dello stesso individuo. Nuova denuncia.

Dopo qualche tempo trovai un acquirente e mi liberai del -bene-. Tirai un sospiro di sollievo e non ci pensai più.

Qualche anno dopo mi fu comunicata l’assoluzione da non so quale accusa del sedicente proprietario.

Passò ancora del tempo e ricevetti un invito a presentarmi al Tribunale di Palmi per testimoniare contro certo Muhammad nonsocome, latitante, accusato (mi pare) di violazione di domicilio.

Andai e resi la mia testimonianza a un esterrefatto giovane sostituto Procuratore e un altrettanto sbalordito giovane Magistrato.

Che ascoltarono con pazienza anche le mie, non richieste, considerazioni.

Prima fra tutte che non si poteva considerare violazione di domicilio quella di un extracomunitario in cerca di un buco dove dormire al quale viene aperta la porta di un tugurio. Non tocca a lui accertarsi se chi gli chiede l’affitto sia l’effettivo proprietario.

Mi parve di capire che Giudice e PM non sapevano praticamente nulla della vicenda.

Tornai a Messina e, da allora, non ho saputo più nulla di quella triste storia di miseria e sfruttamento.

Oggi però, di fronte alla rivolta di Rosarno, ai commenti dei media e alle meschine strumentalizzazioni dei politici di ogni colore, non posso fare a meno di riconoscere la triste verità contenuta nello straordinario aforisma di Anatole France: –La legge, nella sua maestosa equità, proibisce ai ricchi così come ai poveri di dormire sotto i ponti, mendicare per le strade e rubare il pane

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Premi qui per commentare
o leggere i commenti
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007