Storia di Cesare Battisti, vecchio assassino e nuovo intellettuale

Storia di Cesare Battisti, vecchio assassino e nuovo intellettuale

Storia di Cesare Battisti, vecchio assassino e nuovo intellettuale

venerdì 20 Novembre 2009 - 09:43

Una sinistra credibile non può mostrare esitazioni davanti ai casi Baraldini, Petrella e Battisti

Verrebbe da iniziare questa riflessione sul caso Battisti con la domanda che milioni di Italiani si sono posti in questi ultimi mesi: Ma per quale ragione Cesare Battisti dovrebbe essere esentato dal pagare per i suoi crimini?. O: come ha potuto la Francia applicare per anni a un pluriassassino la Dottrina Mitterand?.

Andiamo con ordine: vediamo chi è Cesare Battisti e cos’è realmente la Dottrina Mitterand.

Dopo una giovinezza caratterizzata da atti di teppismo, rapine, sequestro di persona e atti di libidine nei confronti di un incapace, Battisti va in prigione, entra in contatto con i Proletari Armati per il Comunismo e si converte alla lotta armata.

Viene condannato per 4 omicidi, per lo più di persone che avevano osato reagire a rapine o avevano causato l’arresto di compagni.

Tipiche vendette della malavita, portate a termine con straordinaria ferocia.

Arrestato, evade e fugge in Francia, dove si sposa e inizia la sua attività di traduttore di romanzi gialli e poi di scrittore di noir.

Così, da volgare assassino diventa intellettuale ed esponente dell’antagonismo radicale, amico di scrittori à la page come Fred Vargas, intima della famiglia di Carla Bruni in Sarkozy.

Nel frattempo, in Italia, viene condannato a 4 ergastoli..

Arriva la richiesta di estradizione da parte del Governo italiano.

Viene respinta in nome della Dottrina Mitterand.

Solo la grandeur transalpina poteva dare il nome di un Presidente molto amato per le pubbliche virtù – e i vizi privati – a un’aberrazione politica e giuridica come questa, in palese contrasto con gli obblighi internazionali.

La dottrina sostiene, infatti, il diritto del Presidente di negare, mediante una semplice dichiarazione verbale, l’estradizione di persone condannate per atti di natura violenta ma di ispirazione politica.

Purché tali atti non fossero stati diretti … contro la Francia!

Come se lo stesso delitto sia imperdonabile se commesso in Francia, più lieve se compiuto altrove.

Alla faccia dei fondamenti del Diritto.

Viene da chiedersi perché Mitterand abbia promosso una norma così palesemente iniqua.

Naturalmente, non esiste una risposta certa ma, probabilmente, la ragione risiede nel fascino che i salotti parigini suscitavano su un uomo dalle belle letture come colui che è stato chiamato l’ultimo monarca socialista e nella convinzione di tantissimi intellettuali di essere legibus soluti e di non poter essere giudicati con lo stesso metro usato per le persone normali.

Perché, a loro, è consentito tutto o quasi per il solo fatto di avere una vena artistica. O pseudo tale.

Come in Italia esiste una influente e salottiera sinistra champagne, fortemente ammanicata con la politica – fatta da scrittori, cinematografari, cantanti, pittori, architetti e designer alla moda, nella stragrande maggioranza romani per nascita o per adozione, che sprolquiano su ogni argomento -; così in Francia vi è la gauche caviar, di analoga composizione e di matrice orgogliosamente parigina. Tali lobby sono da tempo incubatrici di influenti maîtres à penser che incidono pesantemente sulla vita politica dei rispettivi Paesi e che, in queste lotte, trovano poderose solidarietà trasversali. Soprattutto quando pretendono di farsi finanziare dallo Stato spettacoli che nessuno va a vedere.

Ma, si sa, il denaro concesso a un artista per la libertà di esprimersi non è mai abbastanza e deve avere la priorità rispetto a quello necessario alla libertà da fame, bisogno, ingiustizia, cure mediche e quisquilie del genere.

Marx si rivolterebbe nella tomba a sentire gli insulsi proclami lanciati dai vari Placido e Barbareschi; uniti per la pagnotta.

In conclusione, la modella-cantante-prèmiere dame di lotta e di governo Carlà Brunì in Sarkozy ha raccontato (a modo suo) a Monsieur le Président la triste vicenda di Marina Petrella, condannata all’ergastolo per banalità come l’omicidio di un agente di polizia, tentato sequestro e tentato omicidio, per il sequestro di un magistrato, per rapina a mano armata e vari attentati. Convincendo un campione della destra legalitaria come il marito, ad applicare, per ragioni umanitarie, la dottrina Mitterand alla brigatista rossa: è troppo depressa per affrontare le carceri italiane.

Verrebbe da dire: –Ma quanto sono arroganti questi Francesi. Credono che i nostri Tribunali siano strumenti di persecuzione politica nei confronti di spiriti liberi? Di intellettuali (?) che, certo, hanno commesso qualche insignificante omicidio, ma sempre per nobili fini?.

Purtroppo non è così semplice.

Chi ricorda il caso di Silvia Baraldini, condannata a 43 anni di carcere negli USA per essere stata organica a una banda che, durante una rapina a un furgone blindato, aveva ucciso due poliziotti e una guardia giurata?

Per la sua estradizione in Italia si erano levate le voci di Dario Fo, Antonio Tabucchi e Umberto Eco.

Francesco Guccini le dedicò la -Canzone per Silvia-.

Insomma, alla fine, il Governo americano cedette alle pressioni di quello italiano subordinatamente all’impegno che scontasse per intero il resto della pena in Italia.

Era il 1999 quando l’allora Ministro della Giustizia Oliviero Diliberto andò a prendere la Baraldini all’aeroporto e Armando Cossutta le donò un grande mazzo di rose rosse.

Nel 2001 la Baraldini ottenne i domiciliari.

Nel 2003 un contratto di collaborazione col Comune di Roma.

Nel 2006 la libertà definitiva.

Oltre a una serie di cittadinanze onorarie da vari comuni come Mola di Bari, Castagneto Carducci, Venaria e così via.

In base a quale logica è accaduto tutto questo? Rinunciamo a capire.

Ma poi, perché mai Francia e Brasile dovrebbero fidarsi dei nostri Tribunali quando disprezziamo così il giudizio di quelli americani?

Quanto era più pulita l’aria quando uomini e donne della Sinistra si riconoscevano per lo spessore dei calli alle mani, per la fermezza nella difesa dei diritti dei deboli – che non sono i vari Battisti, Petrella e Baraldini, ma le loro vittime – e per la spietata determinazione con la quale privilegiavano i diritti della collettività rispetto a quelli individuali.

E non per l’acutezza degli strilli finalizzati alla concessione di privilegi per sé e per gli amici.

O per la difesa dei delinquenti.

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