Tremonti: -Non c' è futuro per l' Italia se non c' è futuro per il Sud. Ed è questa la missione che sento più profondamente-.

Tremonti: -Non c’ è futuro per l’ Italia se non c’ è futuro per il Sud. Ed è questa la missione che sento più profondamente-.

Redazione

Tremonti: -Non c’ è futuro per l’ Italia se non c’ è futuro per il Sud. Ed è questa la missione che sento più profondamente-.

venerdì 30 Gennaio 2009 - 17:53

Dichiarazione del Superministro dell'Economia pubblicata dal Corriere della Sera

E’ sincero il Superministro Tremonti quando afferma quanto riportato nel titolo?

Vogliamo credere di si, così come vogliamo credere alla buona fede di Prodi, Berlusconi, Di Pietro e Matteoli quando hanno firmato i programmi dei rispettivi Governi e Ministeri. Però …

Facciamo qualche passo indietro.

Il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (DPEF) è lo strumento che definisce gli obiettivi economici di medio e lungo periodo del Governo. L’Allegato Infrastrutture, in particolare, descrive le grandi opere pubbliche che l’Esecutivo considera strategiche per la crescita del Paese e alle quali assegna la massima priorità.

Leggendo il documento sottoscritto dal Ministro Matteoli e approvato dal Consiglio dei Ministri nel giugno 2008, non si può non apprezzarne la lucida visione generale e l’attendibilità delle tesi sostenute. In insolita e apprezzabile continuità con quelle dei Governi precedenti.

Esso affronta anche un tema mai del tutto risolto: se la parte del Paese da Napoli in giù debba essere considerata una risorsa, fino ad oggi mal utilizzata o una palla al piede per un Centro-Nord progredito e industrioso.

In altre parole, se il denaro pubblico speso nel Mezzogiorno possa diventare un investimento utile per una ripresa diffusa o sia solo uno spreco, un “affare dei Meridionali”; infelice concetto ripetutamente espresso dall’on. Castelli, a malapena giustificabile in bocca ad un Consigliere comunale, molto preoccupante se detto da un Sottosegretario del Governo nazionale.

I DPEF Infrastrutture affrontano l’argomento di petto, presentando, anno dopo anno, e con grande dovizia di dati e motivazioni tecniche ed economiche sostanzialmente la stessa strategia. Secondo la quale, quell’ingombrante protesi d’Europa che è il Sud d’Italia, protesa nel centro del Mediterraneo, può assolvere una funzione fondamentale. Quella di agganciare gli imponenti flussi di merci che, provenendo dall’Estremo Oriente e passando per Suez, percorrono il Corridoio mediterraneo (vedi foto) diretti verso il cuore dell’Europa ricca.

La posizione geografica purtroppo da sola non basta e tocca ai nostri Governi rendere economicamente conveniente per le gigantesche portacontainer scaricare le merci trasportate nei porti italiani. Queste navi, in ossequio al criterio sovrano della riduzione dei costi e dei tempi di trasporto, oggi scaricano a Rotterdam, Marsiglia, Valencia e Barcellona. Perché il tempo risparmiato abbreviando il percorso via mare e sostando nel Sud d’Italia, sarebbe poi ampiamente perduto per la scarsa efficienza e rapidità di consegna a destinazione che i porti del Bel Paese offrono.

Non basta infatti scaricare i container.

Per trarre il massimo vantaggio bisogna che siano aperti e le merci in essi stipate vengano lavorate e portate a destinazione al più presto e secondo le modalità di trasporto più appropriate. Via acqua o via aria e terra, su ferro o gomma.

I vantaggi che derivano da un’esecuzione ottimale di tali operazioni sono descritti benissimo proprio nell’ultimo DPEF: “Un esempio che può aiutare a capire come sia possibile generare valore aggiunto attraverso il rafforzamento territoriale sta nella differenza tra il fatturato generato dalla sola movimentazione di un container e quello prodotto qualora il container venga sdoganato, stoccato, manipolato e distribuito, supportato adeguatamente da una rete infrastrutturale efficiente. Il fatturato passa da 300 a 2.300 € a container, l’utile da 20 a 200 €, il beneficio dello Stato da 110 a 1.000 € e ogni 1.000 unità movimentate, invece di generare 5 unità lavorative, se ne generano 42”.

Tutto ciò è destinato a restare una pia illusione se non si completano urgentemente, fino all’estremo Sud e ad Est verso Bari e Brindisi, i Corridoi transeuropei. Soprattutto quelli ferroviari.

Ma i benefici ottenibili non si fermano qui.

E toccano anche altri punti del territorio attraversato dai grandi assi di trasporto su ferro e gomma. Com’è descritto con linguaggio più tecnico ma altrettanto efficace nel DPEF Infrastrutture del 2007, firmato Di Pietro e approvato dal Governo Prodi. Nel quale si afferma che la realizzazione di efficienti corridoi transeuropei comporterà inevitabilmente lo sviluppo di nodi territoriali transfrontalieri; veri e propri agganci del sistema Paese all’Europa e al bacino del Mediterraneo. Destinati a svilupparsi nel tempo fino a diventare potenti poli di sviluppo locale.

Il Governatore Draghi condivide tale strategia e ha affermato pubblicamente che il nostro Paese può restare agganciato all’Europa solo con il contributo del Sud.

Nelle ultime settimane, poi, è cresciuto il numero di economisti che chiedono immediati e robusti interventi a favore del Mezzogiorno: –Nel medio termine è solo il Sud che può davvero consentire al Paese un balzo in avanti– proclama Sandro Trento, Docente di Economia Università di Trento (Corriere Economia, 19 gen, pag 13); –La verità è che se l’Italia vuole crescere deve sperare che cresca il Sud– afferma il prof. Gianfranco Viesti (Corriere Economia, 26 gennaio, pagg I e III).

Insomma, alcuni tra i migliori cervelli economici sembrano pensarla allo stesso modo. E concordano con quanto suggerito dai tecnici del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, sottoscritto dai Ministri e fatto proprio dai Governi.

Da tutti i Governi degli ultimi 10 anni, di destra o di sinistra che fossero.

Per poi non fare nulla.

Senza che una stampa nazionale, sempre disattenta ai problemi del Mezzogiorno, li accusi di schizofrenia programmatica.

Dopo aver perso anni e anni di tempo però, all’orizzonte si profila un pericolo: constatata l’inerzia italiana, si stanno progettando percorsi alternativi che, scendendo dal centro del continente – in spostamento verso Est a causa dell’allargamento dell’Unione – si collegano al bacino del Mediterraneo (prossima grande area di libero scambio). Uno attraverso Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro e Grecia (vedi Foto nr. 2) e l’altro, ancora più a Est, verso la Turchia.

Se è vero che il rilancio economico è la grande priorità del Paese e che entrambe le coalizioni concordano sui possibili rimedi, perché non si avviano i programmi già approvati da anni e anni? Tremonti manterrà la parola data? E il centro-sinistra si opporrà o sosterrà l’iniziativa?

In altre parole, si muoveranno nell’interesse del Paese o continueranno nelle loro squallide e patetiche schermaglie?

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