Quartetti Echos e Celia - Due giovani quartetti per il capolavoro giovanile di Mendelssohn.

Quartetti Echos e Celia – Due giovani quartetti per il capolavoro giovanile di Mendelssohn.

giovanni francio

Quartetti Echos e Celia – Due giovani quartetti per il capolavoro giovanile di Mendelssohn.

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lunedì 02 Marzo 2020 - 12:25

Il Quartetto Echos con Andrea Maffolini e Ida Di Vita al violino, Leonardo Taio alla viola e Martino Maina al violoncello, e il Quartetto Celia, con Andrea Timpanaro e Johanna Rode al violino, James Douglas alla viola e Daryl Giuliano al violoncello, si sono esibiti insieme, sabato u.s. al Palacultura, per eseguire, in ottetto d’archi, i Due pezzi op. 11 per ottetto d’archi di Dimitrij Shostakovich ed il capolavoro giovanile di Felix Mendelssohn: l’Ottetto per archi Op. 20.
Una doverosa premessa: il concerto è stato probabilmente l’unico evento andato in scena nelle sale messinesi questa settimana, essendo tutti gli altri – ne erano in programma almeno cinque fra spettacoli teatrali e musicali – annullati o rinviati a data da destinarsi a causa, diretta o indiretta, del “Corona virus”, che sta bloccando le attività culturali evidentemente non solo nel Nord del nostro paese.
I lodevoli artisti, a Messina già da una settimana in quanto facenti parte della rete “Le dimore del quartetto” – società nazionale sostenitrice di giovani Quartetti d’archi, tramite l’organizzazione di concerti presso le migliori stagioni concertistiche italiane con inclusa la dimora in residenza – ospiti di due prestigiose ville messinesi, Villa Luna e Villa Cianciafara, si sono esibiti dinanzi ad un pubblico quasi dimezzato rispetto alla usuale affluenza, per l’allarme, forse eccessivo, che si è ormai impadronito della collettività in ogni parte del paese. Gli appassionati che hanno comunque coraggiosamente deciso di non mancare all’appuntamento concertistico lo hanno fatto probabilmente spinti dall’eccezionale interesse che il concerto rivestiva. È infatti rarissimo poter assistere ad un Ottetto d’archi, (ed infatti i brani composti per questo organico sono altrettanto rari), è necessario che si mettano insieme due Quartetti, così come hanno fatto per l’occasione il Quartetto Echos e il Quartetto Celia. Gli unici due brani per Ottetto d’archi strettamente inteso, cioè ove ognuno degli otto strumenti ha una parte reale, quindi non un doppio quartetto d’archi, sono stati rappresentati in questo memorabile concerto, che ha senz’altro premiato chi vi ha assistito.

L’elevato interesse culturale ed artistico dell’evento, insieme al fatto che i musicisti si trovavano già da alcuni giorni nella nostra città, ha fatto prevalere il buon senso, e si è deciso pertanto (fortunatamente) di non annullare l’evento.
La prima parte del concerto è stata dedicata all’esecuzione dei Due pezzi op.11 per Ottetto d’archi, scritti da un giovane Shostakovich all’età di diciotto anni, nel 1924, fra le prime composizioni da camera del musicista russo. Inquadrabili nel periodo della c.d “avanguardia”, quando i musicisti russi erano ancora liberi di sperimentare nuovi orizzonti sonori, prima che il regime portasse alla c.d “normalizzazione” tutta la cultura e l’arte sovietica, con divieto di importazione di ogni suggestione occidentale, anche nella musica, questi due brevi (Preludio – Adagio, in re minore; Scherzo – Allegro molto – Moderato – Allegro, in sol minore), sono abbondantemente intrisi di influenze della musica contemporanea: di Schoemberg, ma anche dei classici come Bach, nel Preludio, a carattere intimo e statico, esperienze filtrate e rielaborate dalla straordinaria personalità del musicista russo; del primo Prokopiev soprattutto, ma anche di Bartok, nello Scherzo, ricco di aspre dissonanze e fortemente ritmato, in netto contrasto con il Preludio.
Nella seconda parte è stata la volta del celebre Ottetto in mi bemolle maggiore Op. 20 di Felix Mendelssohn.
L’Ottetto fu composto dal musicista di Amburgo all’età di sedici anni. Difficilmente capita nella storia della musica (probabilmente neanche in Mozart) di imbattersi in un capolavoro giovanile così complesso e maturo, testimonianza assoluta del talento precocissimo del musicista tedesco. Si tratta tra l’altro, per quell’epoca (1825), di una pagina di straordinaria modernità di concezione, in quanto questo singolare brano cameristico non consiste, come si è già detto, in un doppio quartetto d’archi, genere nel quale già alcuni musicisti si erano cimentati – come Louis Spohr, che scrisse quattro doppi quartetti d’archi – essendo invece una composizione ove ognuno degli otto strumenti ha una parte reale; il brano va infatti suonato, come scrisse lo stesso Mendelssohn, “da tutti gli strumenti nello stile di un’orchestra sinfonica”. Si tratta quindi di un “Unicum” nella storia della musica, fatto stupefacente vista la giovanissima età del compositore.
La freschezza giovanile della quale è imperniato tutto il brano è coinvolgente, vi si trova una ricchezza di temi e di trovate armoniche, sostenuti da un ritmo incessante, in particolare nei movimenti estremi, stupefacenti per un musicista sedicenne. Il primo movimento, assai esteso, in forma sonata, presenta una costruzione complessa, elaborata prevalentemente su due temi, energico il principale, più pacato e sereno il secondo, ed inizia con un tremolo degli archi, incipit che ritroveremo nel suo celebre concerto per violino, composto vent’anni dopo. Dopo un “Andante” meditativo e, considerata l’età, di eccezionale profondità, ecco lo Scherzo, all’epoca il più popolare dei quattro movimenti, composto, come apprendiamo dalla sorella Fanny, pensando ad una pagina del Faust di Goethe, “La notte di Valpurga”, testo che ispirò il compositore anche nella sua “Prima notte di Valpurga” per solisti, coro e orchestra, del 1831. Infine il “Presto”, un brano vertiginoso, ove si rinvengono tracce dei temi già incontrati, in forma di fuga, che permette al giovanissimo musicista di sfoggiare la sua già consumata maestria in materia di contrappunto.
La prova degli otto musicisti è stata assolutamente all’altezza dell’arduo compito: forse un po’ rallentato il primo movimento, lungo e complesso, a tutto vantaggio però di una notevole pulizia del suono ed una corretta esecuzione degli “unisono”. Tempi giusti invece per gli altri movimenti, eseguiti con il giusto piglio, anche il trascinante finale fugato. Molto bene l’esecuzione dei brani di Shostakovich, davvero trascinante il secondo pezzo, con il suo ritmo irresistibile e forsennato, tipico della migliore musica cameristica del compositore russo, brano infatti eseguito come bis, dinanzi un pubblico davvero entusiasta.

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