Recovery Fund e non solo: l''Italia come una canna sbattuta dal vento

Recovery Fund e non solo: l”Italia come una canna sbattuta dal vento

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Recovery Fund e non solo: l”Italia come una canna sbattuta dal vento

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venerdì 08 Gennaio 2021 - 07:45

La riflessione del professor Raffaele Manduca sugli scenari che si prospettano, sul piano economico e sociale, nei prossimi anni

Il sogno che tutto torni normale, che il futuro sia di nuovo specchio rassicurante del passato, annullando un presente che ci costringe da quasi un anno a immobilizzare con il nostro corpo anche la speranza lacerata dalla paura, a tratti dall’impotenza assoluta, è sembrato materializzarsi quando tutti i media hanno salutato i furgoni neri che trasportavano le prime diecimila dosi di vaccino destinate al nostro paese: veicoli che ci avrebbero aiutato a varcare finalmente il Rubicone, segnando l’inizio della svolta nella pandemia.

Contagi in aumento

Tuttavia già da martedì scorso giungono notizie, non solo dall’Europa, di una recrudescenza dei contagi: in Inghilterra con quasi mille morti al giorno, in Germania dove per la prima volta questa stessa soglia veniva superata e negli Stati Uniti. Qui, addirittura, Anthony Fauci confessava, mentre si toccavano i 4000 decessi in 24 ore, una situazione fuori controllo riguardo ai picchi delle infezioni  e ritardi nella vaccinazione. Non parliamo poi dell’Italia dove il ritmo delle morti continua ad avere entità e proporzioni impressionanti. Scenari per niente rassicuranti su cui si innestano i polemici rifiuti dei no vax, alimentati certo da paure e angosce psicologiche profonde su cui si sono esercitati molti specialisti, ma che trovano ulteriori ragioni nella  perdita di credibilità della scienza, nonostante la velocità con cui si è arrivati a un vaccino di cui non conosciamo ancora oltre all’efficacia reale la sua capacità di durare nel tempo.

La mancanza di fiducia

Mancanza di fiducia che la pandemia ha alimentato per mesi dentro molti cuori e tante menti, non solo in quelle più semplici, posto che anche quote non marginali di operatori sanitari non sembrano così propensi a inocularsi l’antigene. Ma l’ostacolo più grande che rallenta la vaccinazione, sarà probabilmente per mesi la mancanza stessa del vaccino, che introducendo uno iato fra le previsioni e il loro concreto venire alla realtà ostacolerà non poco il miracolo dell’apertura delle acque del mar Rosso per raggiungere la terra promessa dell’immunità al covid-19.

Un tragitto questo che già sta mettendo in evidenza le intenzioni e le divisioni fra gli stati più forti e tutti gli altri: da un lato le autorizzazioni a nuovi vaccini in Inghilterra ma che l’Europa ancora non concede, dall’altro la corsa aperta dagli Usa, ora seguiti pure dalla Germania, ad accaparrarsi più dosi in barba ai tanto strombazzati diritti di un accesso paritario alle cure mediche. Per contro altre nazioni, e l’Italia è fra queste, già arrancano anche perché non riescono a scrollarsi di dosso il cinismo allucinato di alcune forze politiche e le evidenti difficoltà di gestire al meglio il passaggio tragico che il paese sta vivendo e vivrà ancora per non si sa quanti mesi a causa dell’oggettiva incapacità di chi governa. Il tutto condito dal fervere dei preparativi per nuove formazioni politiche frutto del riposizionamento interessato di non pochi parlamentari: dal centro ad altri schieramenti, non esclusi quelli fin qui consumati dalla fiamma dell’uno vale uno.

L’affare dei vaccini

Certo la pandemia non ha modificato alcuni fondamentali assiomi economici e basti pensare a come l’enorme affare dei vaccini, sviluppati con soldi pubblici, impinguerà solo i bilanci di poche potenti multinazionali, mentre l’acuirsi del duello fra Cina e USA chiama in causa, con la competizione economica e sui modelli produttivi, pure differenti visioni del ruolo sociale della scienza e della tecnologia: piegata sull’orizzonte politico in Cina e assolutamente dipendente dal profitto in occidente, variabile senza la quale nemmeno la pandemia e i milioni di morti del covid avrebbero determinato il “miracolo” dei vaccini e delle altre cure.

E tuttavia, il virus ha già provocato conseguenze enormi: dall’accelerazione  dello sprint cinese verso la primazia economica mondiale al guadagno delle Big Tech, in pochi mesi, di spazi impensabili non solo di natura economica ma anche di potere, controllo, influenza e indirizzo sulle modalità del vissuto: dal lavoro alla scuola, dalla salute allo svago. Effetti di cui misureremo le conseguenze, non solo quelle positive, in un futuro non troppo remoto. Si tratta di dinamiche planetarie destinate ad occupare almeno il prossimo decennio sia che, dopo la crisi, come annunciano alcuni, arriveranno anni ruggenti come quelli seguiti al proibizionismo o che persista, comunque, quella retropia baumaniana a determinare una ripartenza esattamente dal punto in cui eravamo arrivati (globalizzazione in primis), sia in presenza di un totale cambio di paradigma con un orizzonte nuovo, quasi una terra incognita, non solo dal punto di vista economico.

Entrambi scenari questi, dentro cui l’Italia dovrà scontare non solo ritardi e indecisioni sui piani del Recovery ma, soprattutto, la sua assoluta incapacità almeno di un’idea alta di futuro, ché a questo dovrebbero servire innanzitutto i soldi, e i debiti , europei. Un paese, soprattutto, in cui monta un senso opprimente di stanchezza dei cittadini, la mancanza di tensione e di fiducia verso il futuro, una tristezza impotente appesa solo all’attesa di aiuti esterni, mentre le minacce e gli schiamazzi di questa o dell’altra forza politica annunciano venti di crisi mentre ricamano costantemente giorni in cui la morte e il contagio non smette di esigere il suo tributo. Un paese che, non raramente, appare come una canna sbattuta dal vento, un vascello in balia di tempeste provenienti dal mare ma anche dai  temporali che spirano dall’entroterra, strapazzato da onde sempre più minacciose che imporrebbero marinai e timonieri di ben altro spessore, di ben altra tempra e coraggio.

Raffaele Manduca

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