Il rapporto conflittuale di Reggio Calabria con l'acqua potabile. L'emergenza idrica in attesa della Diga del Menta

Il rapporto conflittuale di Reggio Calabria con l’acqua potabile. L’emergenza idrica in attesa della Diga del Menta

Il rapporto conflittuale di Reggio Calabria con l’acqua potabile. L’emergenza idrica in attesa della Diga del Menta

sabato 12 Settembre 2009 - 00:38

Un'inchiesta di 'Altroconsumo', diffusa poche ore fa, boccia la qualità dell'acqua che sgorga dai rubinetti di Reggio Calabria: è l'unica città d'Italia -bocciata-

Non serviva certo l’ultimo rapporto di ‘Altroconsumo’ e non è certo la scoperta -dell’acqua calda- (oppore dovremmo dire -potabile-?!), ma può servire come ulteriore spunto per dare spazio e risalto a un problema molto serio, tanto grave quanto atavico, che la città di Reggio si trascina dietro da lunghi decenni.

Lo stereotipo maggiormente diffuso in Italia e nel mondo su Reggio Calabria, così come su Messina, Palermo, Catania, Salerno, Catanzaro e altre città del sud, è che si tratta di centri urbani che soffrono di un clima secco, marino, quasi desertico e che quindi per questo motivo risentano di problemi per quanto concerne l’approvvigionamento idrico.

La realtà, invece, è un’altra: Calabria e Sicilia hanno alcune tra le aree più piovose d’Italia, dai massicci dell’Aspromonte e dei Peloritani fino a Nebrodi, Madonie, Sila, Pollino, serre e Catena Costiera: monti di un verde lussureggiante e rigoglioso che sorgono a pochissimi chilometri dagli insediamenti urbani.

Ma allora qual’è il problema? Perchè l’acqua non arriva, è poca e non è buona?

A livello generale, nelle Regioni del sud, assistiamo a un vergognoso -sfruttamento- (cioè abbandono) della risorsa idrica. Le infrastrutture (bacini, condotte, reti) sono degradati e antichi, in gran parte risalenti al sistema di rete idrica realizzato durante la dittatura fascista.

Se poi aggiungiamo anche le prepotenze delle varie criminalità organizzate, dalla camorra alla ‘ndrangheta fino alla mafia, che sfruttano le condotte pubbliche per allacci abusivi e privati, allora possiamo capire meglio in quale scenario si colloca la realtà dell’emergenza idrica che spesso e volentieri attanaglia il meridione.

Quello che accade a Reggio è ancora più grave: il problema è infrastrutturale e storico. L’Aspromonte, infatti, è l’unico massiccio d’Italia a non avere ancora, nel 2009 (ormai quasi 2010) una diga funzionante, un bacino per il raccoglimento e la distribuzione dell’acqua.

Reggio, infatti, condivide i problemi idrici con tutta la fascia costiera della provincia, in modo particolare nel settore Jonico.

I reggini sono costretti, da sempre, a utilizzare l’acqua di pozzo, sistema ormai abbandonato anche dalla stragrande maggioranza dei paesi del terzo mondo (!!), e a seguito di infiltrazioni di sale nei pozzi più importanti della città, l’acqua che sgorga dai rubinetti è salata e compromette il funzionamento degli elettrodomestici, oltre a infastidire i cittadini, quasi tutti ormai adattati con l’utilizzo di autoclavi e sistemi di rifornimento privati.

Negli ultimi anni le istituzioni locali (sia Italo Falcomatà, prima, che Giuseppe Scopelliti, poi, in qualità di Sindaci e anche -Commissari per l’Emergenza Idrica-, si sono impegnati in tal senso) hanno provato a tamponare il problema, seppur in modo fugace e momentaneo. Negli ultimi anni il Comune ha realizzato un dissalatore nei pozzi del calopinace, e l’Arpacal ha provveduto alla messa in funzione di nuovi pozzi a Pettogallico.

Ma il problema, seppur alleggerito, persiste. E persisterà sempre, finchè in Aspromonte non ci sarà una diga funzionante.

Negli anni ’80, il Governo nazionale, per affrontare e risolvere il problema idrico della città di Reggio e dei comuni limitrofi, progettò la costruzione di una diga idonea al fabbisogno idrico, in pieno Aspromonte, sulla fiumara del “Menta”.

I lavori per la -Diga del Menta- (nelle foto a corredo dell’articolo n.d.r.) iniziarono a metà degli anni ’90.

Il normale svolgimento dei cantieri, tormentato dai soliti problemi burocratici e amministrativi, è stato ulteriormente minato da indagini, inchieste, infiltrazioni ‘ndranghetiste, denunce, blocchi e sigilli finchè, nei primi mesi del nuovo millennio, l’opera non era stata completata ed era stato dato il via all’inzio della raccolta dell’acqua: affinchè tutto l’invaso, di dimensioni imponenti, si riempisse, sarebbero serviti tra i 4 e i 7 anni, in base all’andamento meteorologico di quel periodo.

Dopo poco più di un anno, però, ci si accorse che i lavori erano stati completati malamente, e che c’era il rischio concreto di una grave frana che avrebbe potuto compromettere la sicurezza e l’incolumità non solo del territorio Aspromontano circostante, ma anche degli insediamenti urbani a valle del -Menta-.

Con l’incubo di un nuovo Vajont sono stati subito aperti i -bocchettoni- e la Diga, che si stava lentamente riempiendo, è stata svuotata in poche ore e sono ricominciati nuovi, lentissimi e interminabili lavori.

I Reggini hanno avuto continue promesse dagli ultimi Amministratori Regionali, Chiaravalloti prima e Loiero poi, ma l’opera non è ancora stata completata.

E’ chiaro che la risoluzione definitiva del problema passa solo ed esclusivamente dal progetto del Menta: solo quando sarà pronta una diga funzionante nel massiccio Aspromontano, dando a questo territorio ciò che tutto il resto d’Italia ha -scoperto- da lunghi decenni, l’emergenza idrica sarà risolta.

Altrimenti, di tampone in tampone, mentre Reggio cresce imperterrita in tutte le classifiche con gli indicatori di sviluppo e vivibilità, rimane fanalino di coda in merto alla qualità dell’acqua e al sistema di approvvigionamento idrico.

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