Guerra in Tribunale per il simbolo Udc: il primo round va a D'Alia

Guerra in Tribunale per il simbolo Udc: il primo round va a D’Alia

Rosaria Brancato

Guerra in Tribunale per il simbolo Udc: il primo round va a D’Alia

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lunedì 28 Novembre 2016 - 14:51

Il tribunale respinge il ricorso presentato dal segretario nazionale del partito Cesa che aveva accusato di un uso improprio i ribelli siciliani. "Si sono dimessi e hanno cambiato nome", dicono i giudici motivando il rigetto. I fuoriusciti dall'Udc infatti adesso si chiamano "Centristi per la Sicilia"

Il round in Tribunale se lo aggiudicano “i ribelli”, il gruppo di centristi dissidenti che fa capo a Gianpiero D’Alia.

La guerra era scoppiata nelle scorse settimane, dopo lo “strappo di Ognissanti” che ha portato, dopo le dichiarazioni di D’Alia a Tempostretto “l’Udc è morta”, alla rottura definitiva tra il leader siciliano ed il segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa.

Dopo il divorzio gli strascichi sono finiti in Tribunale, una contesa per il simbolo scudocrociato che ha spinto Cesa (schierato per il No al Referendum e favorevole all’alleanza con il centrodestra) a presentare ricorso contro il gruppo siciliano guidato da D’Alia (schierato per il sì e alleato di Renzi).

Adesso la prima sezione civile del Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso cautelare d'urgenza presentato dal segretario nazionale dell'Udc Lorenzo Cesa nei confronti dei 'dissidenti' siciliani dello scudo crociato. Nel mese di agosto il gruppo dei “ribelli” si era autoconvocato nell’isola eleggendo i segretari cittadini ed il regionale. Elezioni sconfessate da Cesa che ha commissariato tutti gli organismi invitando i centristi siciliani ad uscire dal governo Crocetta. Dopo la rottura definitiva il gruppo Ars (7 deputati e due assessori, Pistorio e Gianluca Miccichè) hanno seguito D’Alia creando il gruppo “Centristi per la Sicilia”. La contromossa di Cesa è stato il ricorso per l’utilizzo appunto del simbolo dell’Udc, eredità della vecchia DC.

In base al ricorso i dissidenti avrebbero fatto “uso improprio ed illegittimo del simbolo ingenerando confusione sulla posizione del partito sul referendum costituzionale di dicembre in difformità con le decisioni assunte dalla Direzione nazionale dell'Udc". Ma i giudici hanno rigettato l’istanza, perché, si legge nell’ordinanza: "la domanda difetta del necessario requisito del periculum in mora, la cui mancanza non consente il rilascio del provvedimento richiesto".

In rotta con le posizioni del leader centrista Lorenzo Cesa, infatti i dissidenti siciliani, hanno rassegnato le dimissioni dal partito e, come deto, gli otto deputati regionali, hanno creato all'Assemblea regionale il gruppo parlamentare "Centristi per la Sicilia", fatto questo che ha inciso nella decisione dei magistrati: "La creazione di un nuovo gruppo politico con la denominazione 'Centristi per la Sicilia' porta a ritenere che l'orientamento politico che tali soggetti riterranno di diffondere pubblicamente, anche in relazione alla votazione dei quesiti referendari, non sarà per il futuro associato al partito Udc, ma costituirà espressione di un autonomo indirizzo, differente da quello del partito ricorrente sia per i contenuti, sia per la denominazione utilizzata, sia per il simbolo prescelto, 'Centristi per il si', del tutto differente da quello del ricorrente".

A difendere il gruppo dei fuoriusciti è stata l’avvocatessa messinese Alessia Giorgianni che ha appunto sostenuto la tesi dell’inesistenza delle basi del ricorso proprio in virtù delle dimissioni e della modifica al nome del gruppo.

''Il ricorso dell'Udc alla magistratura ha sortito il suo effetto: non a caso, un giorno prima dell'udienza, sono state presentate al partito le dimissioni dei 7 dissidenti siciliani, che hanno così determinato la decisione del Tribunale di Roma di rigettare il ricorso''. Replica in una nota l'ufficio stampa nazionale Udc riferendosi. “ il Tribunale ha rigettato il ricorso perché le dimissioni hanno lasciato svanire ciò che il giudice testualmente qualifica come 'pregiudizio imminente ed attuale derivante dall'uso indebito del simbolo UDC o da convocazioni di assemblee o congressi in cui i contenuti agiscano in nome del predetto partito o si presentino in rappresentanza dello stesso diffondendo una linea programmatica e politica differente dall'indirizzo dell'UDC'. Prima dell'udienza tutti e sette i dissidenti siciliani hanno rassegnato le dimissioni dal partito, non potendolo più dunque rappresentare all'esterno, e hanno costituito un gruppo che non ha più legami neanche nominali con l'UDC".

A pochi giorni dal Referendum si consuma un’altra puntata dello scontro al centro, che vedrà sicuramente ulteriori passaggi dopo il 5 dicembre. La guerra nell’Udc peraltro si è consumata in Sicilia, là dove gli eredi Dc hanno sempre avuto il maggior serbatoio di voti. L’addio del gruppo D’Alia avrà sicuramente conseguenze in vista delle Regionali dal momento che Cesa è propenso ad un’alleanza con Miccichè e Forza Italia. Alla finestra sta a guardare il gruppo dell’ex deputato messinese Roberto Corona pronto a prendere eventualmente gli spazi lasciato dall’ex ministro D’Alia.

Rosaria Brancato

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