Coronavirus

Sicilia ancora arancione. I ristoratori: la misura è colma. La protesta esploderà

Altri 7 giorni in zona arancione, quando i numeri di Messina sono da zona bianca, se per chi governa non fanno la differenza, per chi rischia il tracollo sì. Ecco perché si prepara una forte protesta da parte del Comitato dei Pubblici Esercizi di Messina, attraverso le sigle Fipe Messina, Assoristoratori ed Alces, e che ha sempre agito nel rispetto delle prassi e delle normative, supportando e sostenendo le diverse prescrizioni, anche le più assurde, onde evitare che il disagio serpeggiante tra gli iscritti esplodesse.

La misura è colma

Abbiamo più volte fatto da cuscinetto tra le istituzioni e i nostri associati. Ma oggi la misura è colma– si legge in un comunicato congiunto- Considerando che l’indice di Messina ha toccato livelli ormai da zona bianca tra i più bassi d’Italia, non possiamo restare indifferenti alle ormai grossissime tensioni registrate tra i nostri rappresentati”

Ennesima beffa

Come tutti si erano illusi che lunedì la Sicilia sarebbe tornata gialla con una riapertura parziale, anche se insoddisfacente. Invece, l’ennesima beffa. “Ci rendiamo conto adesso che non si vuole dialogare con noi e quindi, ci sentiamo costretti a fare un passo indietro davanti ad uno Stato che non fa nulla per tutelare chi  ormai è allo stremo delle forze psicologiche ed economiche

Proposte ignorate

Gli esercenti ricordano d’aver siglato, con una convenzione con la Camera di commercio e proposto alla Regione, dove ancora giace senza risposta, un nuovo protocollo con le ulteriori giuste prassi per far diventare le  aziende ancora più sicure. Eppure la situazione non è cambiata, così nel corso dei mesi la categoria è stata costretta ad accettare chiusure anche con preavviso minimo, che hanno penalizzato dal punto di vista della vendita diretta e non hanno permesso di gestire adeguatamente il trattamento delle materie prime, causando perciò una doppia perdita. Il Comitato dei pubblici esercizi ha proposto che le aziende potessero essere acquirenti dirette dei vaccini per mettere in sicurezza  titolari e dipendenti e far diventare così le attività doppiamente sicure, sia dal punto di vista della continua igenizzazione che da quello  della trasmissione del virus.

La protesta esploderà

Abbiamo allestito le nostre attività con tutti i presidi di sicurezza proposti, rivelatisi poi  l’ennesimo acquisto inutile. Abbiamo speso  migliaia di euro per realizzare dei dehors che fungessero anche da abbellimento per i decoro urbano per poi scoprire che non lavoreremo nemmeno all’esterno. Ci saremmo adeguati anche al metro e mezzo di distanza, supportando le attività più piccole con la richiesta di aree esterne fruibili. Ma nulla di tutto questo. Dobbiamo quindi oggi compiere l’immane sforzo di trovare il sistema di coordinare e veicolare questa ennesima emergenza prima che una qualche reazione diventi ovviamente negativa anche per coloro che rappresentiamo (vedasi il recente suicidio di un collega a RomaTiburtina ) e che in questo momento stanno vivendo un momento di forte pressione psicologica e una non più giustificata limitazione dell’attività, sacrosanta quanto la possibilità di fare impresa. Adesso la misura è colma e non escludiamo forme eclatanti di protesta.