Il vice segretario comunale del Pd di Messina, Armando Hyerace: “Prevenzione ed educazione dei cittadini unico mezzo disponibile per limitare gli effetti di catastrofi imprevedibili, aggravata da decenni di speculazione edilizia e mancata osservanza di leggi antisismiche”
Il Giappone è il paese più sofisticato nelle tecniche antisismiche e nella protezione civile. Un terremoto di egual potenza a quello dell’undici marzo farebbe danni infinitamente maggiori in un altro paese in cui le grandi infrastrutture energetiche e residenziali non siano costruite con la stessa attenzione. Si è notato che l’energia sprigionata è stata trentamila volte maggiore rispetto a quella del terremoto dell’Aquila. L’incubo più grosso, dovuto alla mancanza totale di energia, è adesso un’eventuale esplosione nucleare. Immediatamente dopo il sisma migliaia di giapponesi sono fuggiti verso le piazze e i parchi antistanti il Palazzo imperiale: unica zona di Tokyo dov’è proibito costruire mastodontiche infrastrutture. Solo i vecchi telefoni a gettoni sono stati risparmiati dal grande black-out delle comunicazioni che, per ore, ha ammutolito i cellulari. La folla si è diretta verso i negozi di biciclette: il mezzo di trasporto più antico, l’unico in grado di fornire un passaggio rapido e sicuro verso casa. Ingorghi stradali, paralisi di treni e metro. Questi sono fatti noti, quelli che non sarebbe nemmeno necessario raccontare perché immagini e video sono di gran lunga più eloquenti.
Quello che intendo farvi notare è altro. Tutto ciò che il Giappone ha costruito di più avanzato, ieri era al collasso. Il Paese che, per eccellenza, punta sull’efficienza tecnologica si ritrova ineluttabilmente a fare i conti con la potenza e l’imprevedibilità della natura. Ma c’è una peculiarità: la risposta dei cittadini alla catastrofe. Come è già stato evidenziato da molti media, nessuna scena di panico negli uffici, evacuazioni ordinate, sistemi organizzativi di prevenzione che hanno consentito, assieme ad accorgimenti tecnici, di salvare migliaia di persone. E ciò non è strettamente connesso al progresso tecnologico o alla capacità economica di un paese, ma alla cultura e all’ intelligenza di comprendere quanto importante possa,effettivamente, essere la prevenzione e la gestione di un rischio.
Ed è qui la vera modernità del popolo giapponese: far avanzare parallelamente il progresso tecnologico con la “consapevolezza del rischio”. Il ruolo della protezione civile preordinato alla promozione di piani di evacuazione, di esercitazioni ed di educazione del cittadino, come singolo e come appartenente a una comunità, è stato il vero punto di forza che ha salvato migliaia di vite e permetterà al Paese di rispondere alla catastrofe attivamente, come già Yokohama ci insegna. Eventi che sono in grado di spostare l’asse terrestre di 10 cm avrebbero conseguenze devastanti probabilmente in buona parte del globo. Fronteggiare la forza dirompente della natura non è sempre possibile; ma nei limiti di ciò che è all’uomo “concesso”, a quale punto è la prevenzione e la gestione del rischio in Italia? Possiamo qualificarci come un popolo in grado di governare efficacemente ed efficientemente una calamità naturale? I fatti dimostrerebbero il contrario, ma tralasciando ogni polemica o critica poco costruttiva, cerchiamo di trarre un insegnamento dalla tragedia.
L’esortazione è quella di rimarcare più fortemente il ruolo che la protezione civile dovrebbe avere, non tanto nella risoluzione ex post dell’evento catastrofico, parimenti fondamentale, quanto nella prevenzione e nell’educazione dei cittadini, unico mezzo ormai disponibile per limitare gli effetti devastanti di una potenziale catastrofe imprevedibile, maggiormente aggravata da decenni di speculazione edilizia e mancata osservanza di leggi antisismiche. E’ chiaro che dal punto di vista politico ed economico vi è maggiore interesse ad erogare fondi per la soluzione di un evento già accaduto, piuttosto che finanziare, in termini più cospicui ed a tempo indeterminato, la più corretta idealizzazione del funzionamento di una perfetta macchina della prevenzione del rischio. Proprio per questo una più seria classe politica deve andare oltre.
Concludo, con una riflessione di Hans Jonas che meglio di me riesce ad esprimere questo pensiero: “la responsabilità è la cura per un altro essere quando venga riconosciuta come dovere, diventando “apprensione” nel caso in cui venga minacciata la vulnerabilità di quell’essere”.
Il vice segretario comunale del Pd
Armando Hyerace
