Unicredit, la leadership è donna: a tu per tu con quattro manager messinesi dell’importante Gruppo bancario

Unicredit, la leadership è donna: a tu per tu con quattro manager messinesi dell’importante Gruppo bancario

Unicredit, la leadership è donna: a tu per tu con quattro manager messinesi dell’importante Gruppo bancario

lunedì 11 Aprile 2011 - 22:48

Fanno parte della Direzione commerciale di Messina, sono professioniste affermate ma anche donne realizzate nella famiglia

All’UniCredit di Messina il “potere” è femmina . L’importante gruppo bancario “schiera” nell’area commerciale della città ben cinque manager donna. Ne abbiamo incontrato quattro di loro – una non ha potuto partecipare alla chiacchierata – per farci raccontare la loro esperienza professionale e come questa si sia intrecciata, negli anni, con le dinamiche della vita personale e familiare. Nella foto scattata da Dino Sturiale troviamo a partire da destra: Maria Gabriella Macauda, dal novembre 2010 Direttore Area Commerciale di Messina; Francesca Pannuccio, dal novembre 2010 Direttore Distretto Messina Libertà; Teresa Grazia Currò, dal novembre 2010 Responsabile Risorse Umane (insomma il Capo del Personale, come si diceva una volta) Area Commerciale di Messina Graziella Villafranca dal novembre 2010 direttore del Distretto Messina Le Ancore.

Le quattro “boss” si sono concesse alle nostre domande con cordialità e si sono raccontate con grande sincerità e realismo: il quadro che ne viene fuori è di quattro manager affermate e realizzate nella professione, ma alle prese con gli stessi piccoli, grandi problemi della vita quotidiana che accompagnano l’esistenza di qualsiasi donna. Abbiamo rivolto loro sei domande, alle quali hanno risposto a volte alterandosi e a volte interagendo e confrontando opinioni e diverse esperienze.

1) Che qualità deve vere una donna per ottenere successo nel lavoro?

A questa prima domanda risponde la dottoressa Macauda, che afferma: « Oltre alle indubbie capacità professionali, anche notevoli capacità personali: saper gestire il tempo e le priorità nella vita lavorativa e familiare; non derogare mai alla propria femminilità , rimanendo dunque fedeli alle caratteristiche di genere senza assumere atteggiamenti da uomini; e ancora flessibilità, sensibilità, empatia, determinazione; ma soprattutto essere multitasking , avere cioè la capacità di fare più cose contemporaneamente».

Le parole pronunciate dal Direttore Area Commerciale, trovano il consenso delle altre manager.

2) Una donna che vuole fare carriera a cosa deve rinunciare?

La prima ad intervenire è la dottoressa Pannuccio, che quasi d’istinto afferma: «sicuramente al tempo da dedicare a noi stesse». Poi, quasi in coro, le colleghe aggiungono: «tutte abbiamo rinunciato a qualcosa per un ruolo di responsabilità, anche per non far pesare troppo sulla famiglia le nostre scelte».

Le quattro manager sono e sanno di essere donne fortunate perché accanto hanno avuto mariti collaborativi e presenti. «Nessuna di noi – raccontano le quattro direttrici – ha vissuto la competizione in famiglia, e con i compagni c’è sempre sta massima condivisone dei risultati, che in fondo si sono ottenuti insieme. Certo, si chiedono all’unisono, chissà se le cose sarebbero state uguali in assenza dei risultati». Per tutte loro, sono state fondamentali anche le famiglie d’origine, grazie alle quali hanno potuto crescere i loro figli, data la “cronica”carenza di strutture di supporto (ad esempio asili nido), che spesso costringe le donne ad autoeliminarsi dal mercato del lavoro.

Fortunate sì, le nostre quattro manager ma non per questo esenti dai sensi di colpa che attanagliano le donne lavoratrici . «Pretendiamo troppo da noi stesse, siamo figlie di una mentalità maschilista, che inevitabilmente ci condiziona. Il retaggio culturale pesa eccome», sottolineano. Ma nonostante tutto il bilancio è positivo, anche per quel che riguarda l’educazione dei figli: «i nostri impegni sono anche serviti a responsabilizzare i nostri figli, con i quali però non sono mancati momenti difficili: quand’erano piccoli ci siamo sentiti rimproverare spesso le assenze», raccontano. E su questo argomento ci sono anche alcuni aneddoti simpatici che due delle quattro direttrici decidono di condividere con noi.

Ad esempio, il figlio della dottoressa Currò, “pretende” ancora oggi , all’età di 23 anni, che il sabato la madre gli prepari la merenda. Il figlio della dottoressa Macauda, invece, all’età di tre anni, un giorno in cui non voleva che la mamma andasse a lavorare, le suggerì: «Chiama il tuo capo e digli che oggi è domenica».

3) Una donna “capo” viene facilmente accettata ad uomini con mansioni subordinate?

Secondo la dottoressa Macauda, «se c’è stima non ci sono problemi, l’importante è riconoscere qualità reali. Tutte siamo state oggetto di pettegolezzi, ma svolgiamo un ruolo in cui a parlare sono i risultati. La rilevanza dei nostri risultati sono visibili a tutti».

La dottoressa Villafranca puntualizza: «il riconoscimento di ciò che produciamo non può che essere obiettivo».

Tutte concordano che dai momenti degli esordi la situazione è notevolmente cambiata.«Prima la donna – afferma la dottoressa Macauda – era considerata al massimo una figura di supporto e mai la mente. Nel mondo professionale degli ultimi tempi si è comunque registrata un’evoluzione in positivo il mondo lavorativo è totalmente cambiato: c’è molta più attenzione e rispetto nei confronti delle donne».

4) Esistono ancora pregiudizi di tipo sessista nei confronti delle donne che fanno carriera?

Anche in questo caso, riposta quasi all’unisono: «i cretini ci sono in ogni ambiente», parte la dottoressa Macauda, cui fa seguito la dottoressa Currò: «è un problema di pochezza mentale, che purtroppo, inutile negarlo, esiste». Anche in questo caso le direttrici ci rendono partecipi di aneddoti significativi, legati agli inizi della loro carriera. La dottoressa Macauda racconta che 30 anni fa il suo direttore di filiale le disse: «sei brava ma non farai mai carriera perché sei donna. Dopo 20 anni – dichiara con orgoglio e soddisfazione- mi ritrovai a fare il capo di suo genero».

La segue a ruota la dottoressa Villafranca:«il mio primo direttore di agenzia rivolgendosi ai miei 14 colleghi uomini, io ero l’unica rappresentante femminile,disse: è donna (come fosse un handicap), ma ne fa dieci di voi».

Ricordi lontani nel tempo perché la realtà professionale odierna vede le donne protagoniste, oltre ogni più becero pregiudizio maschile .

5) Il caso Ruby e tutti gli scandali ad esso collegati possono influire negativamente sull’immagine delle donne che fanno carriera?

«Nel nostro ambiente sicuramente no», afferma la dottoressa Villafranca. La dottoressa Macauda aggiunge :«si dà troppo peso a questi fatti eclatanti, ma la realtà è fatta soprattutto di tanti giovani che si impegnano e ottengono risultati prestigiosi grazie ai loro sacrifici.La maggioranza delle donne fa altro, non a caso oggi rappresentano il 60% dei laureati, primeggiano nei concorsi».

La dottoressa Villafranca chiosa: «dovremmo fare emergere le storie pulite».

6) Quanto conta l’aspetto estetico in una donna in ambito lavorativo?

Tutte d’accordo nel ritenere che un aspetto estetico piacente viene certamente percepito, ma non è l’elemento decisivo per fare carriera. Gradevolezza e buon gusto pagano- dicono le quatto manager. Curarsi – concludono- è innanzitutto una forma di rispetto verso se stessi , ma anche verso gli altri.

Finisce qui la chiacchierata con le quattro manager “rosa” della direzione commerciale dell’Unicredit di Messina. Quattro donne affermate, che si dedicano al lavoro con zelo e professionalità, a volte anche 12 ore al giorno, ma che non hanno rinunciato alla famiglia né alla loro femminilità e che, a dispetto del solito luogo comune di una imperante e malsana competizione femminile , non solo sono colleghe ma condividono anche momenti extra lavorativi e di svago. (Danila La Torre)

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