Dolci-amare suggestioni nelle parole di Mario Incudine: grande successo per “Anime Migranti”

Dolci-amare suggestioni nelle parole di Mario Incudine: grande successo per “Anime Migranti”

Laura Giacobbe

Dolci-amare suggestioni nelle parole di Mario Incudine: grande successo per “Anime Migranti”

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martedì 25 Agosto 2015 - 09:01

Una piece che, attraverso un connubio di musica e parole, racconta il tema della migrazione.

Ha coinvolto ed emozionato il pubblico lo spettacolo dal titolo “Anime Migranti”, andato in scena pochi giorni fa al teatro antico di Tindari, nell’ambito della rassegna Teatro dei due Mari. “Anime migranti” è il frutto di un progetto immaginato dal cantautore ennese Mario Incudine, una piece che, attraverso un connubio di musica e parole, racconta il tema della migrazione.
Con grande delicatezza, Incudine si muove tra frammenti di storia del nostro paese, memorie dolorose appartenenti a generazioni passate, a tempi lontani, ma nemmeno così tanto… quanto basta perché, al rievocarle, gli occhi si inumidiscano ed un singhiozzo sorga spontaneo, e quasi inspiegabile, anche in chi a quei tempi non era nato ancora. Le storie che rivivono sul palcoscenico, grazie alla splendida interpretazione recitata di Moni Ovadia, accompagnato da Annalisa Canfora, sono quelle dei siciliani in partenza per le Americhe, con le umili valige riempite a forza di sogni e speranze, ed il cuore gonfio nel separarsi dalla loro terra, ma sono anche le storie degli italiani emigrati in Belgio, negli anni ’50, per lavorare in miniera, il cui ricordo emerge dalle struggenti lettere alle mogli. Come logico approdo, si passa poi ai migranti moderni che in questa terra, da cui molti a malincuore partirono, sognano una nuova America. E per la prima volta, ci ritroviamo anche noi stipati su un barcone, bruscamente spinti dentro una stiva maleodorante, con nessun altro sguardo che le nostre mani a farci strada per trovare un posticino nell’oscurità… senza altro conforto a cui aggrapparci che l’odore di un compagno di viaggio, carpendo nel buio fugaci spiragli di luce, assetati e ingordi di un refolo di vento di mare che filtra da uno spiraglio, improvviso. Poi più nulla per ore, giorni senza alba e senza tramonto, e non resta che chiudere gli occhi e immaginare, e raccontarsi che questo sia il giusto prezzo, in fondo, per una nuova vita.

Migranti, lo siamo stati anche noi. Ce lo ricorda Mario Incudine, ma non c’è traccia di supponente perbenismo nella sua voce. C’è solo lo sguardo limpido e schietto di chi sa di dire la verità. I suoi testi hanno la lucidità tagliente della ragione, ma anche la passione istintiva e viscerale per la terra, per questa Sicilia amata e maledetta che “se solo volesse…”, ma che comunque, per chi ci è nato, è sempre il posto più bello del mondo.

“Mario Incudine sembra conoscere la vita e le sue sfaccettature come se ne avesse vissute chissà quante, chissà dove”, scrive Carmelo Sardo, ed è un’impressione che colpisce anche noi, e ci rimanda all’immagine del poeta veggente, privo di limiti spazio-temporali, capace di cogliere messaggi di epoche diverse, richiami dal significato sconosciuto ai più, e di farsi di essi interprete e portavoce.
Riuscitissima appare l’orchestrazione tra i brani cantati, tratti da alcuni degli ultimi Cd di Incudine, e le parti recitate a cura di Mariangela Vacanti; il tutto legato dall’esibizione de i musicisti Antonio Vasta, Antonio Putzu, Pino Ricosta, Manfredi Tummiello, Emanuele Rinella.

In definitiva, uno spettacolo toccante, che è insieme un inno alla vita ed alla fratellanza tra i popoli, ma anche un invito a prendere coscienza di sé e delle proprie potenzialità come strumenti per costruire il futuro.

Laura Giacobbe

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