«A 12 anni ero già un ex bambino. Sapevo che non potevo cambiare il mondo»

«A 12 anni ero già un ex bambino. Sapevo che non potevo cambiare il mondo»

«A 12 anni ero già un ex bambino. Sapevo che non potevo cambiare il mondo»

martedì 13 Aprile 2010 - 13:41

Dopo l'esordio spumeggiante, Christian Frascella ritorna in libreria con i suoi -Sette piccoli sospetti-

Ci aveva lasciato con le pagine sfrontate, ironiche ma profonde di Mia sorella è una foca monaca (presto nelle sale cinematografiche per la regia di Fausto Brizzi), segnalandosi come una nova risorsa per la narrativa italiana, una voce fresca ma fuori dal coro dei “sentimentalisti”. Christian Frascella ritorna in libreria con un nuovo e più ambizioso libro, Sette piccoli sospetti (Fazi editore; pp.347; €17.50) dove si narrano le avventurose vicende di sette dodicenni decisi a cambiare la propria misera vita…con una rapina in banca. Una scrittura fresca ma anche più matura che gestisce con cura numerosi personaggi e un punto di narrazione si moltiplica, sino a cedere il passo ad un finale adrenalinico. Eppure nonostante l’investimento editoriale il libro di Frascella non è stato candidato al premio Strega e il laconico no comment con cui replica alla mia domanda – correttissimo per carità – mi spiazza. Una reazione moderata che cozza con la sferzante ricostruzione sul suo blog (http://christianfrascella.wordpress.com/) della sua partecipazione a Porta a Porta, una puntata che probabilmente«non andrà mai in onda».

Il suo nuovo romanzo ha una costruzione più complessa rispetto al primo, portando sulla pagina numerosi personaggi con un punto di vista narrativo variabile. E’ stato difficile gestire tante voci e costruire diversi personaggi?

«E’ stata la vera sfida del romanzo. Sette protagonisti, sette famiglie alle spalle, sette diverse aspirazioni. Poi c’era la rapina da gestire, col problema che potesse risultare troppo poco credibile vista l’età degli ‘svaligiatori’. Ma la storia era forte, a parer mio, e c’era un buon margine per rendere il tutto armonico, altrimenti avrei rinunciato. Ho utilizzato la narrazione in terza persona perché è stata la storia a chiedermelo, a suo modo, con quell’incipit che mi è rigirato per la testa per diverso tempo».

Dopo il successo del suo esordio con che spirito si è apprestato alla scrittura del secondo libro: divertimento o ansia da riconferma?

«Sono stato il primo lettore del libro, è nato per gran parte mentre lo scrivevo. Non ho pensato a riconferme di critica o pubblico, ho solo raccontato la mia storia. I giornalisti e le vendite dovrebbero venire sempre dopo, altrimenti è finita, non c’è più istinto, solo mero calcolo».

Stupisce, nelle pagine finali, l’improvvisa accelerazione d’azione adrenalinica. Come mai ha deciso per questa svolta improvvisa?

«La scrittura è una questione di ritmo. Ritmo che monta. Alla fine, ho terminato il romanzo nell’unico modo possibile: fuochi d’artificio, stacchi veloci, qualcosa di fortemente visivo. E’ il mio modo di scrivere oggi. L’unico che mi interessi. Non è stato casuale o improvviso, c’era nella sua costruzione quel tipo di finale».

Per i suoi piccoli sette anti-eroi cosa rappresenta la rapina? Anche lei a 12 anni nutrì questo desiderio di rivoltare il suo mondo?

«La rapina rappresenta un modo veloce e apparentemente indolore per bypassare gli adulti poco stimolanti che circondano i protagonisti, e gettarsi improvvisamente nel futuro. Con tutti i limiti e le esasperazioni che un piano del genere possiede per dei ragazzini. Con tutto ciò che non possono immaginare al di là del vile danaro. A 12 anni ero un ex bambino già da parecchio. Sapevo che non potevo cambiare il mondo. Ma me stesso sì. Ci provo continuamente anche adesso, a migliorare, a seguire i sogni e tentare di realizzarli. Con o senza armi finte».

Nato e cresciuto a Torino… dove salta fuori il napoletano doc di Cecconi?

«Il napoletano di Cecconi era tutto sbagliato, e dopo la prima stesura c’è stato un aiuto bello grosso da parte della direttrice della narrativa straniera di Fazi, che è di Benevento e mi ha più volte redarguito per i miei strafalcioni!»

Al suo secondo libro lei è un autore già affermato, scrive su La Stampa e ha un blog con un buon seguito eppure la sua casa editrice non ha voluto candidarla allo Strega? Sinceramente è più deluso o arrabbiato?

«No comment.»

Chi vincerà lo Strega?

«Spero un buon libro.»

Un commento

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