Foto per informare, per far porre domande, per trasmettere emozioni.
Il World Press Photo, giunto alla sua 53a edizione, è il premio di fotogiornalismo più prestigioso e anche quest’anno la Contrasto editore pubblica in un ricco e curato volume (23×27,9 cm; pp. 160; 168 fotografie a colori e in b/n; € 24), tutte le foto premiate, suddivise in diverse categorie: Vita Quotidiana, People in the News, Spot News, General News, Natura, Storie d’attualità, Arte e spettacolo, Ritratti, Sport in primo piano e Sport in azione.
Sono immagini spesso scioccanti, come quelle catturate sui territori di guerra subito dopo un attacco, fra le macerie di una casa crollata o dopo l’esplosione di un autobomba, quasi sempre un singolo fotogramma perfetto – o talvolta una sequenza di immagini – tesa a trasmettere non un’informazione – sono tutte immagini presentate da fotoreporter professionisti – ma una vera e propria emozione, riuscendo a bucare la pagina sino a catturare chi le osserva.
Il volume reca in copertina il dovuto tributo alla foto vincitore del World Press Photo – selezionata fra le 101.960 in concorso – scattata dal fotogiornalista italiano Pietro Masturzo. E’ il 24 giugno 2009, alcune donne urlano il loro dissenso dal tetto di un edificio di Teheran a seguito delle contestatissime elezioni presidenziali in Iran che hanno decretato la schiacciante vittoria di Ahmadinejad sul candidato dell’opposizione Mir Hossein Mousavi. La televisione e i giornali ci hanno mostrato le manifestazioni sedate con la violenza dalle truppe governative ma la sera la protesta continuava, pacifica, dalle finestre, dai balconi, dalle terrazze. Si sentiva urlare Allahu akbar (Allah è grande) e Morte al dittatore, proprio come avvenne nel lontano 1979, durante quella Rivoluzione Islamica che avrebbe condotto alla caduta dello Scià.
Laureato in relazioni internazionali, Pietro Masturzo (classe ‘80) è poi divenuto fotografo professionista: «Riesco a comunicare meglio con le immagini piuttosto che con le parole. Mi interessano molto le dinamiche di guerra, non so se la fotografia possa da sola cambiare gli eventi ma è importante che la gente sappia». Dietro lo scatto che ha decretato la sua vittoria c’è volontà ma anche fatalità: «Da diverso tempo mi interessavo alla situazione iraniana e le elezioni del 2009 mi sembravano il momento perfetto per andare lì, anche se ero conscio delel difficoltà di scattare foto con sfondo politico o religioso. E difatti dopo tre giorni mi arrestarono. Dopo il rilascio è stato tutto più difficile ma una notte ho sentito le urla delle donne e le ho immortalate, celando volutamente i loro volti». Ma l’avventura non finisce qui difatti «non riuscì a vendere quelle foto, le agenzie non le trovavano abbastanza dirette. Ma questo premio mi dà la speranza per continuare a lavorare in modo autonomo, senza divenire succube delle agenzie, è una grande possibilità al giorno d’oggi».
Ayperi Karabuda Ecer, presidente della giuria del World Press Photo, afferma che «ogni scatto premiato regala un’emozione ma ciò avviene in special modo per le foto realizzate in scenari di guerra – costringendoci ad aprire gli occhi su altre tragedie di cui i media non si occupano. Sono anni difficili per l’informazione e gli incarichi per i fotoreporter sono in drastica diminuzione ma la selezione delle foto premiate riesce a dare un’immagine complessiva, un puzzle che non fornisce risposte, al contrario vuole far porre domande a chi le osserva».
Scorrendo il volume, fra foto di natura, d’arte e sport, è difficile non fermarsi ad osservare gli scatti in preda ad emozioni differenti, molto personali. Personalmente vi segnalo una foto di Barack Obama, scattata da Charles Ommanney (2° posto reportage), uno scatto di Saunton Sands Beach (Simon Roberts, 3° posto reportage) e la menzione speciale assegnata al fotogramma – tratto dal video non professionale – che ritrae Neda Agha-Soltan, a terra, dopo essere stata colpita al petto da un’arma da fuoco durante una manifestazione in Iran. Non a caso il giurato David Griffin ha affermato in merito: «E’ un tributo importante che evidenzia quanto i nuovi media siano un mezzo di documentazione visiva storica».
La didascalia della foto è:
“World Press Photo dell’anno 2009 – Pietro Masturzo, Italia – Dai tetti di Teheran, giugno”.
