Il nuovo romanzo dell'apprezzata traduttrice, scrittrice ed editrice è pubblicato da Longanesi
Torino. Tutta la vita (Longanesi; pp. 432; €18.60) è il nuovo, avvincente romanzo di Romana Petri che ha scelto di declinare la sua intera vita fra libri e cultura, difatti oltre ad essere un’apprezzata scrittrice è anche traduttrice, insegnante ed editrice e la sua posizione sulle nuove tendenze, fra agenti letterari e scuole di scrittura è “fieramente” minoritaria. In Tutta la vita porta sulla pagina Alcina, una protagonista «asciutta, senza fronzoli e bamboleggiamenti, eppure appassionata, tanto da attraversare l’Oceano per sposare l’unico uomo al mondo che le va a genio. Mi piacerebbe un mondo di donne così, come dire, facilmente rispettabili». Alcina incrocerà il suo destino con Spaltero «che la metterà al mondo per la seconda volta» e la loro toccante storia d’amore sarà anche l’occasione per affrontare un altro tema caro alla Petri ovvero il viaggiare, che la riporta a nobili ricordi d’infanzia.
Tempostretto.it ha intervistato Romana Petri.
Dacia Maraini ha definito la sua Alcina “un personaggio indimenticabile”. In effetti la sua protagonista è donna forte, temprata dalle vicissitudini della vita, direi d’altri tempi. Com’è nata?
«Alcina nasce nella mia immaginazione nel 1995, e poi è ricomparsa. Credo sia perché è il genere di donna che mi piace. Asciutta, senza fronzoli e bamboleggiamenti, eppure appassionata, tanto da attraversare l’Oceano per sposare l’unico uomo al mondo che le va a genio. Mi piacerebbe un mondo di donne così, come dire, facilmente rispettabili».
Mentre Alcina è segnata dal passata, Spaltero è proteso verso il futuro, quasi con spavalderia. E’ anche questo parte del fascino che spinge Alcina sino in Argentina?
«Alcina è personaggio tragico, nel senso che avrebbe anche potuto vivere felice se la -tragedia- non avesse invaso la sua vita. Il personaggio tragico è quello che viene travolto dagli eventi, ma conosce la felicità, la ricorda, e dunque sa rilanciarla. Spaltero, come dice lei stessa, l’ha messa al mondo per la seconda volta».
Quanto è importante il concetto stesso del viaggiare per lei?
«Mi affascina ogni archetipo del viaggio, da quello fatto in senso vero e proprio a quello anche solo immaginato. Del resto, quando ero bambina, mio padre (che era il cantante lirico Mario Petri), la sera mi leggeva l’Odissea, io ci capivo poco di quel linguaggio, ma era il suono della parole ad affascinarmi, Anche quello un modo di mettersi in viaggio all’interno di un poema che è tutto un vagabondare».
Dà voce ad una donna ma anche ad un uomo e non è certo la prima volta. La affascina questa inversione della prospettiva narrativa?
«Ho sempre sostenuto che la letteratura, e ogni arte in genere, non debba avere sesso. E poi, tornando alla domanda di prima, anche questo è un modo di viaggiare, diventare ciò che non siamo. Certe volte parlare al maschile mi sembra addirittura più interessante, perché significa guadare un fiume e mettersi dall’altra parte a guardare il mondo da un’altra prospettiva. E poi ho grande simpatia per gli uomini e in questo libro mi andava proprio di esaltarli. Spaltero, l’eroe giovane, bello e coraggioso e Toni, il moderno-drammatico, quello che il male di vivere l’ha tutto dentro di sé».
Lei narra l’amore di tutta una vita e dunque anche la differenza d’età, spesso criticata dai media e additata come ingrediente fatale per le coppie, può rivelarsi benefica se non salvifica?
«Tra Alcina e Spaltero ci sono solo 11 anni di differenza, e 11 anni non fanno una generazione. Hanno gli stessi ricordi, parlano lo stesso linguaggio. Siamo stati abituati da secoli a vedere vecchi sovrani prendere in spose delle bambine. Quando succederà che la differenza al contrario non desterà più stupore? Forse accadrà quando le donne si emanciperanno davvero, ma sono solo ai primi passi».
Critica, lettrice, scrittice, insegnante ed editrice: il suo rapporto con i libri è davvero a 360°. Ha dichiarato che “si è scrittori per urgenza, non per volontà”. Non crede che oggi, fra scuole di scrittura e agenti letterari, la sua posizione sia purtroppo in minoranza?
«Per il momento ho smesso di fare l’insegnante. Onestamente non ne potevo più. Sì, vivo con i libri un rapporto ormai a tempo pieno e continuo a credere fermamente che si scrive solo per urgenza. Dunque a quelle scuole di scrittura e a quegli agenti che spingono a voler far credere che tutti possono diventare degli scrittori, sono obbligata a rispondere con la vecchia battuta di un film: -Io sarò sempre dalla parte della minoranza-».
Romana Petri ha pubblicato vari romanzi e raccolte di racconti con i quali ha vinto il premio Mondello, il Rapallo-Carige e il Grinzane Cavour ed è stata finalista al premio Strega. Le sue opere sono state tradotte in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Germania, Olanda e Portogallo. È editrice e traduttrice e collabora con “Il Messaggero”. Vive tra Roma e Lisbona.
