Il romanzo d'esordio di Berry mescola ad arte giallo e noir con toni surreali
Se vi dicessero che il celeberrimo detective Travis T. Sivart, talmente famoso che senza di lui la potente Agenzia non avrebbe ragion d’essere, un giorno svanisse nel nulla, che il suo sorvegliante diretto, Ed Lamech, venisse trovato misteriosamente morto nel suo ufficio e che un minuzioso quanto anonimo impiegato del quattordicesimo piano, Charles Unwin, venisse inspiegabilmente promosso detective, voi, acuti Lettori dei gialli classici di Agatha Christie e Conan Doyle e di quelli più noir sullo stile di Raymond Chandler, cosa pensereste?
Ovviamente un burocrate come Unwin, protagonista di Manuale di Investigazione (Adelphi, pp.283, €19), pensò subito ad un equivoco. O meglio, inizialmente restò senza parole, scoperto nel bel mezzo di quella che da otto mattine era la sua nuova routine ovvero fingere di prendere un caffè alla Central Station in attesa di trovarsi fianco a fianco con una misteriosa donna dal cappotto scozzese. Entrambi immobili sulla stessa banchina: lei ad aspettare qualcuno e lui a sperare che quel qualcuno non la portasse mai via da lui.
Fortunatamente il detective Samuel Pith non gli chiese alcuna spiegazione per la sua strana routine, anzi, vedeva di buon grado che «ciascun agente avesse dei segreti». Tuttavia gli ordini erano chiarissimi: doveva immediatamente recarsi in ufficio, nella sua nuova stanza al 29° piano, leggere con attenzione il “Manuale di investigazione”, in special modo il capitolo 18 e ovviamente cambiare cappello. Quello che portava, moscio e senza fascino, non somigliava affatto a quello che da Bogart in poi siamo abituati ad associare ai veri duri.
Ma Unwin non si perse d’animo, anzi con la mente, mentre si recava in ufficio, stilava già il suo lungo, lunghissimo, dossier sul caso. Del resto proprio lui era l’impiegato di riferimento di Sivart ed aveva guadagnato una certa stima fra i colleghi per la cura con cui redigeva i suoi rapporti come “La scomparsa del dodici novembre”, “L’uomo più vecchio mai assassinato” o “Le tre morti del Colonnello Baker”. Poteva essere un test? Certamente. Immaginate la sua sorpresa quando nella sua stanza, alla luce della sua lampada, seduta sulla sua sedia trova la misteriosa donna dal cappotto scozzese…
In una innominata e piovosissima metropoli, sempre in sella alla fedele bicicletta, Unwin si trova da un giorno all’altro detective, assistito dalla narcolettica e misteriosa Emily ad indagare sulla scomparsa di Sivart, sulla morte di Lamech, con alle calcagna la vera femme fatale Cleopatra Greenwood, i temibili gemelli Jasper e Josiah Rook e il malvagio ventriloquo Enoch Hoffmann, colui che già aveva rubato il dodici novembre.
Jedediah Berry, già segnalato fra le giovani promesse americane per i suoi racconti brevi, esordisce con un romanzo di grande impatto sul lettore. Pur se colmo di devozione per i maestri del genere, l’autore si discosta dai clichè con una galleria di personaggi e luoghi assolutamente atipici, una grande cura per i dialoghi e un’ambientazione sospesa nel tempo fra grattacieli, limousine, biciclette e grammofoni. La cifra stilistica più interessante è la vena surreale che Berry ha voluto dare alla vicenda, mescolando sogno e realtà in modo inscindibile per un’indagine ricca di tranelli e cambi di prospettiva, dove ogni parola detta può essere un aiuto o una condanna.
Titolo: Manuale di investigazione
Autore: Jedediah Berry
Pagine: 283
Prezzo: € 19
Traduzione italiana a cura di Ombretta Giumelli
