Giornalista, sceneggiatore, analista politico e scrittore di successo: Ecco chi è davvero Eric Frattini
Il famoso giornalista spagnolo Eric Frattini, autore di scomodi reportage sul Vaticano e sul KGB, apre a Tempostretto.it le porte del proprio universo letterario partendo dal suo ultimo successo, Il labirinto d’acqua (Casa editrice Nord; pp.496; € 19.60) che gli è valso addirittura la pubblica condanna da parte dell’Opus Dei: Perché non possiamo considerare la possibilità che Giuda Escariota fosse l’”eletto” per portare a termine il compito più duro, ovvero mettere a nudo il suo migliore amico, su richiesta di quest’ultimo, affinché Gesù potesse compiere la Passione?. Tradotto in undici lingue, Il Labirinto d’acqua, diventerà presto un tv-movie ma Frattini si è già tuffato sul suo prossimo romanzo perché se «il saggio è stancante, nel romanzo sei libero di muoverti senza limiti». Frattini confessa che la sua eroina, Afdera, potrebbe benissimo rapirgli il cuore per quel suo mix di azione e sentimento, «sfortunatamente però non è reale!». Infine, Frattini rivela cosa anima la sua voglia di scrivere: «Divertire i lettori. Fargli vivere migliaia di avventure di spie, di mistero in luoghi esotici. Nient’altro che questo».
“Il vangelo di Giuda” recentemente pubblicato, ha fatto molto discutere. Da qui nasce il suo libro per poi cedere il passo ad un’ambientazione thriller. Come costruisce le sue storie?
«Mi son basato sulla ricerca portata a termine dal National Geographic sul Vangelo di Giuda. Successivamente mi sono concentrato sulla figura stessa di Giuda e su come ce l’ha venduta la chiesa cattolica. Sai, per esempio, che in Germania è illegale mettere il nome di Giuda a un figlio? Ho voluto ambientarla a Venezia perché è una città con una grande magia che ti permette di giocare con i suoi scenari.
Ho anche inserito luoghi che conosco personalmente come San Giovanni di Acre, Berna, Gerusalemme, dove ho vissuto cinque anni come corrispondente, Hong Kong, Egitto e ovviamente Venezia. Sono stato a Venezia circa due mesi vivendo in un hotel. Ogni sera uscivo per i suoi vicoli più scuri cercando i luoghi più inquietanti nei quali sviluppare qualche azione della trama. E’ stata la cosa più divertente. In Spagna si è formato un fanclub del “Labirinto d’acqua” e organizzano viaggi a Venezia per cercare le piste che cito nel romanzo. Alla fine è un libro interattivo».
Da dove trae l’ispirazione?
«Beh… sinceramente mi viene da dentro! Ti dirò senza che nessuno ci ascolti che l’ispirazione per scrivere “il labirinto d’acqua” mi è venuta durante un ingorgo nel traffico di Madrid. Quando sono arrivato a casa ho dovuto scrivere quello che mi era successo per non dimenticarlo. Quell’idea finì per diventare 410 pagine. In un romanzo che io definisco “veloce”, senza pause, dove non lascio neanche respirare il lettore. Alla fine quell’idea si è trasformata in un successo con cinque edizioni vendute in Spagna, che verrà tradotta in undici lingue, l’ultima in arabo, e che presto diverrà un tv-movie. Il romanzo fa molti accenni alla ad Arthur Conan Doyle, a Edgar Allan Poe, a Fumanchú, a Indiana Jones, a Corto Maltese… ecc… Difatti le mie fonti di riferimento sono i romanzi, il cinema e i fumetti. Per creare i personaggi dei miei romanzi mi posso ispirare a un disegno di Hugo Pratt come al viso di una stupenda amica che si chiama Elisabetta, o a Montescaglioso, una piccola cittadina nel sud d’Italia, come mi è successo nel nuovo romanzo che sto scrivendo di cui August Lienart è anche il protagonista. Nel romanzo ci sono anche personaggi reali, tali e quali li descrivo, e che puoi riconoscere se vai a Venezia. Per esempio c’è un ristorante magnifico, dove andavo a mangiare tutti i giorni durante la mia permanenza a Venezia, che si chiama “Alla vedova”. Alla fine avevo sempre un tavolo riservato con la scritta: “Cervantes”. La proprietaria di chiama Mirella Domi e nel nuovo romanzo è una buona amica della mia protagonista Afdera Brooks. Come puoi vedere la mia ispirazione proviene da molte parti!»
L’aspra polemica dell’Opus Dei contro il suo ultimo libro non è certo una novità per lei. Con che spirito accoglie queste roventi critiche?
«Con sorpresa, principalmente perchè è un romanzo e non un saggio. Potrei capire un’aspra polemica con il mio nuovo libro che uscirà in Italia tra qualche mese, che si intitola “I papi e il sesso. Da San Pietro a Benedetto XVI” (Ponte delle Grazie), però non capisco una polemica su un romanzo che è pura finzione. Poco tempo fa il corrispondente della Rai al Vaticano affermava, che a volte noi scrittori con molta conoscenza della religione o del Vaticano, utilizziamo queste stesse nozioni ricoperte di un velo di finzione facendo sì che molti lettori pensino che l’informazione sia vera.
Però questo significherebbe considerare i lettori degli stupidi e ti assicuro che non lo sono. Un lettore spagnolo, italiano, portoghese, statunitense o libanese sa distinguere se quello che legge è vero o falso. Non è necessario che sia l’Opus Dei a dire che questo romanzo è finto e che io metto in discussione l’origine del cristianesimo. L’unica cosa che mettevo in discussione, basandomi sul Vangelo di Guida, è che realmente Pietro fosse stata una persona eccezionale come ce l’ha dipinta la chiesa cattolica e Giuda Escariota, un personaggio così spregevole come la chiesa ce lo descrive. Perché dovremmo prendere per buone le cose che ci dicono su un uomo come Pietro che rinnegò Gesù tre volte prima che il gallo cantasse? Perché non possiamo considerare la possibilità che Giuda Escariota fosse l’”eletto” per portare a termine il compito più duro, ovvero mettere a nudo il suo migliore amico, su richiesta di quest’ultimo, affinché Gesù potesse compiere la Passione? Sono queste le domande che non sono piaciute al direttore della Causa dei Santi dell’ Opus Dei in Spagna e per questo il mio romanzo è stato condannato pubblicamente».
Già ne “L’entità” lei ha dimostrato la sua grande abilità nel reperire informazioni, nel violare archivi segreti. Come mai un inviato speciale si trasforma in scrittore?
«Forse per la cattiva condizione in cui versa la nostra amata professione di giornalista? Per il modo in cui è politicizzata? Per il prestigio sempre più basso di cui gode la nostra figura di fronte all’opinione pubblica? La verità è che penso anche che il passo naturale per arrivare a essere scrittore, nel mio caso sia stato il giornalismo».
Ci sono davvero verità che è meglio romanzare?
«Il saggio è stancante. Devi inserire note a piè di pagina per ogni cosa che dici o che scrivi per evitare di arrivare davanti ad un tribunale e questo sinceramente ti sfinisce. Il romanzo è pura libertà. Puoi dire ciò che vuoi. Per questo, finisco questo prossimo saggio e per alcuni anni non penso di scriverne altri. Mi tufferò pienamente nel romanzo».
Come descriverebbe in breve la sua protagonista, Afdera Brooks?
«Come la donna alla quale tutti gli uomini vorrebbero assomigliare. Credo di aver creato una eroina molto reale lontana da Indiana Jones. È una donna molto vera, proprio del XXI secolo. È una donna molto colta, intellettualmente ferrata; del tutto proiettata verso il futuro che appare molto forte, per poi scoprire che ha un debole per Max Kronauer e che in amore non ha vita facile. È intrepida, curiosa, viva, attuale, con una grande personalità, una forte paladina della sua famiglia… una donna della quale potrei innamorarmi tranquillamente, ma sfortunatamente è un’invenzione!»
Cosa anima la sua ricerca?
«Uffff… molte cose. Per esempio per creare la “lettera di Eliezer” mi ha aiutato Antonio Piñero, un ordinario dell’università di Madrid e uno dei grandi specialisti mondiali sull’origine del cristianesimo: Lui mi ha aiutato a conferire a questo documento un’impronta filosofica. Ho impiegato due mesi per scrivere un testo con meno di due paragrafi. Quando ho terminato il testo, Piñero mi ha detto che doveva essere scritto in aramaico siriano. Stavo quasi per mettere da parte l’idea della lettera, quando ho rintracciato Francisco del Rio, un professore di lingue semitiche dell’Università di Barcellona che mi ha tradotto il testo in aramaico. Un altro esempio potrebbe essere quello riguardante gli spari dell’Arcangelo. Su quest’argomento, mi ha prestato la propria consulenza un membro della UEI, l’unità antiterrorista della Guerra Civile spagnola. Io gli inviavo ogni pomeriggio il luogo dove avrei realizzato lo sparo, se era una zona costiera o interna, l’altezza della persona che avrebbero ammazzato. Lui mi faceva così un’analisi dello sparo e mi indicava con quale arma avrei dovuto sparare, il tipo di munizione, come si sarebbe dovuto posizionare il tiratore per non venire scoperto ecc… Un altro esempio potrebbe essere quello dell’assassino che utilizza solo veleni per uccidere le sue vittime. Per lui ho divorato libri sulle sostanze più velenose del pianeta e un mio amico della polizia forense mi aiutava sulle reazioni che produceva un determinato veleno sulla vittima. Molti lettori si sono impressionati per il modo in cui nel romanzo uccido una scienziata».
Frattini oggi si gode il meritato successo o è già all’opera su un nuovo romanzo?
«In questo periodo sono in trattative per tre romanzi con Espasa Calpe (Gruppo Planeta), uno di questi è il prequel de “Il quinto Comandamento” e del “Labirinto d’Acqua”. In questo il cardinale Augusto Lienart ha 22 anni. L’azione inizia nella Strasburgo occupata dai nazisti in una riunione svoltasi lì il 10 agosto del ’44. Il romanzo termina nel dicembre del 1958 a La Habana. Per questo ho vissuto un mese a Berchtesgaden, nel Obersalzberg, dove Hitler e i lider del partito risiedevano nel tempo libero. Leggendo questo romanzo si può capire come Lienarte sia riuscito ad avere tanto potere al Vaticano. Dopo questo, e prima di scrivere l’ultimo romanzo di chiusura della tetralogia di Lienart, ho in mente di scirvere due romanzi su un ispettore in pensione del MI5, il servizio di sicurezza britannico, che prevede una specie di Doctor Watson, nelle vesti del presidente della compagnia assicuratrice Lloyd’s di Londra. Questo dirigente chiama il suo amico pensionato ogni qualvolta non si riesce risolvere un caso che si presenta nella società assicuratrice. Come vedi non smetto un attimo di creare e inventare storie nella mia mente per divertire i lettori. Poco tempo fa un famoso critico letterario mi domandava che obiettivo volessi raggiungere con i miei romanzi. Gli ho risposto: “Divertire i lettori. Fargli vivere migliaia di avventure di spie, di mistero in luoghi esotici. Nient’altro che questo” e credo di averlo raggiunto con “Il labirinto d’Acqua”».
Eric Frattini (Lima, 1963) è un professore universitario, giornalista e scrittore eclettico, appassionato di storia e di politica. Corrispondente dal Medio Oriente, analista politico e sceneggiatore televisivo, ha abitato per diversi anni in Polinesia, Paraguay, Libano, Cipro e Israele. Ha anche diretto numerosi documentari per le principali emittenti televisive spagnole, con le quali collabora assiduamente. È autore di una ventina di libri, tradotti in tutto il mondo, tra i quali:Osama bin Laden, la espada de Alà (2001); Mafia S.A. 100 Anos de Cosa Nostra (2002); Irak, el Estado incierto (2003);Secretos Vaticanos (2003); La Santa Alianza, cinco siglos de espionaje vaticano (2004), pubblicato in Italia col titolo L’Entità(2008); ONU, historia de la corrupciòn (2005); Kidon, los verdugos del Mossad (2006); La Conjura, Matar a Lorenzo de Medici(2006); CIA, joyas de familia (2008). Attualmente, vive e lavora in Spagna.
Si ringrazia la dr.ssa Ida Panzera per la traduzione dell’intervista.
