Dalla citazione di Pascoli alla leggenda del ritrovamento del corpo di Boner sotto le macerie
servizio di Silvia De Domenico
MESSINA – Il 28 dicembre per Messina è il giorno della memoria. All’alba di quel giorno di 115 anni fa un terremoto devastante ha raso al suolo la città e quasi distrutto la sua storia, ma come scriveva Giovanni Pascoli “è rimasta la poesia”. Con questa citazione hanno inizio le commemorazioni coordinate dal comitato “100 messinesi per Messina”. Il professore Piero Chillè racconta le deposizioni organizzate in questi 23 anni di vita del comitato.
La leggenda del ritrovamento del corpo di Boner
Al Gran Camposanto è stata deposta una corona d’alloro proprio davanti alle tombe dei primi caduti sepolti dopo il 1908. A seguire è stata ricordata, davanti al suo monumento, la leggenda del ritrovamento di Edoardo Boner sotto le macerie. “Certamente il più grande scrittore messinese dell’Ottocento“, racconta il professore Giuseppe Rando, membro del comitato. “Grazie a lui Messina, con le sue vie, con le sue strade, con i personaggi, con Ganzirri, la riviera del Faro, il Ringo alberato è entrata nella letteratura italiana. Soltanto che noi messinesi non sempre ce ne ricordiamo”, conclude Rando.
“Conoscere il passato ci fa essere resilienti”
Alla cerimonia era presente l’assessore con delega ai Cimiteri Massimo Minutoli. “La memoria ci aiuta a conoscere le nostre radici e il nostro passato e conoscere quello che è stato ci fa essere resilienti. Inoltre la mia delega alla Protezione civile mi porta a pensare alla tematica della prevenzione, perché la storia ci insegna che bisogna sempre essere pronti”, ha detto l’assessore in rappresentanza del sindaco di Messina Federico Basile. Ha anche accolto una richiesta avanzata dal comitato, quella di intitolare una piazza di Messina ai caduti del terremoto e un monumento ai soccorritori.
A benedire i partecipanti alla commemorazione c’era padre Marco D’Arrigo, parroco della chiesa di San Pietro e Paolo.
28 dicembre 1908
In memoria
(…e senza secolari strumentalizzazioni socio-politiche…locali!)
Messina di mare falcato
un’alba fredda ti sorprese
con le tue cupole moresche
e le ciaramelle a festa all’improvviso mute.
L’anno agonizzava nel suo letto decembrino
quando un vento nero picchiò sui vetri
delle stanze dove chiaro era il tuo sonno
e una mamma ignara dava il latte alla speranza.
Un’onda di caverne rabbiose
si dilatò ululando per le strade
e la carne macellata dei tuoi figli
s’annerì del sangue delle case.
Quanto in filare armonia di palazzi
era stato costruito alla cortina
umido sempre del sale alle cornici
giacque
tra vomiti di terra e cieli a lutto.
Lì dentro in marmi, in schiuma di latrine,
in campane amare senza salvezza,
in sostanze defecate, in sogni assassinati
crebbe la grande ombra che sgomenta.
Dal trono scese una donna e pianse
dal mare calarono i Cavalieri della steppa
e dietro loro si commosse il sole.
Mille e mille e non eroi di un’ora
animarono il silenzio e la tua angoscia
io il giorno e la tua storia.
25 aprile 1988
Orazio Nastasi