Peppino Mazzotta si racconta: da Fazio di “Montalbano” a “I nostri ieri”. VIDEO

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Emanuela Giorgianni

Peppino Mazzotta si racconta: da Fazio di “Montalbano” a “I nostri ieri”. VIDEO

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lunedì 20 Febbraio 2023 - 08:20

L’intervista all’attore calabrese per la presentazione al cinema Lux del suo ultimo film: “I nostri ieri” di Andrea Papini

MESSINA. Al Cinema Lux, in anteprima regionale, la presentazione di “I nostri ieri”, ultima fatica del regista Andrea Papini (in replica al Lux anche martedì sera). Papini sceglie, ancora una volta, per suo protagonista – come nei precedenti lavori La misura del confine e La velocità della luce – l’attore calabrese Peppino Mazzotta, interprete – dal 1999 – dell’ispettore Giuseppe Fazio del “Commissario Montalbano”, e fortemente apprezzato anche in “Anime nere” di Francesco Munzi.

“I nostri ieri” dà avvio a due giorni intesi di cinema a cura del Cineforum Orione. Il film – presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione “Alice nella Città” – è introdotto a Messina dal regista Andrea Papini; dall’autore cinematografico messinese Francesco Calogero, qui in veste di attore; e da Mazzotta nel ruolo del protagonista.

Insieme a loro, a completare il cast altri importanti volti del cinema italiano: Francesco Di Leva, Teresa Saponangelo, Maria Roveran, Daphne Scoccia e Denise Tantucci.

I nostri anni

Peppino Mazzotta è, infatti, Luca, un documentarista prestatosi all’insegnamento in carcere. Luca decide di coinvolgere i detenuti in un film che racconti di loro e delle ragioni per le quali si trovano dietro le sbarre. Il primo a ricostruire la propria storia sarà Beppe (Francesco Di Leva), colpevole di un misterioso omicidio. Si creerà così un film nel film del film, un metacinema che – in una grande circolarità – colpisce ed emoziona.

Il lavoro cinematografico nasce da un confronto importante del regista Andrea Papini con i carcerati di Rebibbia e dalla scelta di porre al centro della narrazione un delitto tra i più assurdi e inspiegabili.
Il carcere si rivelerà, però, essere soltanto uno spazio offertosi per una più grande riflessione: quella sul tempo. “I cancelli del carcere sono i cancelli reali del nostro rapporto con il tempo” spiega Papini. Tra dentro e fuori, tra passato e futuro, si apriranno una serie di storie fatte di verità scomode, memorie dimenticate, attimi sospesi. Papini inquadra il dramma senza mai alcun giudizio, con uno stile minimalista e delicato; l’unico protagonista è il racconto dell’essere uomini, tra errori e debolezze.

Sui suoi personaggi – Beppe e Luca in particolare – il cinema avrà un ruolo risolutore, di liberazione e catarsi, almeno di fronte a se stessi. Così, farà anche con noi spettatori, insegnandoci a saper guardare a fondo tanto nelle cose, quanto in noi stessi.

L’intervista

Così, Peppino Mazzotta ha raccontato a Tempostretto “I nostri ieri” e il suo personaggio Luca: “È un film che coinvolge più vite, in cui non vi è un unico punto di vista. Il mio personaggio è una sorta di Virgilio che accompagna il pubblico dentro queste storie. Nel desiderio di dare qualcosa ai detenuti con cui si relaziona, si trova a ricevere, poi, molto di più di ciò che dà. L’incontro con un’umanità così forte e così potente, un’umanità fatta di grande dolore, come una terapia, gli permetterà di comprendere tante cose della sua esistenza, aspetti che aveva lasciato indietro. “I nostri ieri” è, poi, un film che celebra il cinema, ci sono tutta una serie di riferimenti specifici e simbolici sul racconto, attraverso le immagini messe in sequenza. È tante cose questo film e anche tante vite”.

L’arte come conforto

Abbiamo chiesto, allora, a Mazzotta se l’arte avesse tale funzione catartica, anche per la sua di vita e di carriera, proprio all’arte – in tutte le sue forme – da sempre dedicata . La passione dell’attore nasce, infatti, dal teatro e nel teatro continua sempre; poi arriva il cinema, la televisione, i vent’anni come Ispettore Fazio che lo hanno portato nei cuori di tutti gli italiani, anche un romanzo nel 2022 (L’azzardo, a quattro mani insieme a Igor Esposito). “Ho sempre cercato di fare le cose che mi interessavano – spiega – raccontare delle storie con gli strumenti di cui sentivo il bisogno in quel momento: la letteratura, il cinema e così via. La catarsi non la si può prevedere, però sappiamo, invece, di fare un lavoro capace di dare conforto – anche coscienza – ma, soprattutto, conforto nella vita delle persone. Per questo sì, vale assolutamente la pena di occupare il tempo della propria vita”.

L’ispettore Fazio

Ma cosa succede quando si interpreta un personaggio per un sacco di anni?
Da una parte, la prima cosa che succede – almeno ciò che è successo a me che ero giovanissimo all’inizio del mio Ispettore Fazio – è che hai questo specchio continuo e inesorabile davanti agli occhi, ti vedi come eri a 25 anni e non puoi dimenticarlo, perché le puntate vengono trasmesse continuamente. Non ti puoi distrarre dalla realtà del tempo passato e che continua a passare. Dall’altra parte, invece, quando affronti un nuovo ruolo c’è sempre il disagio di non sapere come rappresentarlo al meglio, soprattutto quando si tratta di un personaggio, già, fortemente amato come quelli dei romanzi di Camilleri. Con il passare del tempo e grazie al grosso consenso del pubblico ti rilassi un attimo, ti metti nei panni del personaggio in maniera più comoda. Più tempo passa più si stabilisce una vicinanza tale per cui sai che le reazioni naturali, tue, personali, che metti in scena, sono quelle giuste per il tuo personaggio. In scena, si viene a creare questa simbiosi. Negli ultimi anni non erano più necessarie numerose prove, bastava lasciarsi andare al proprio sentire”. 

La possibilità di realizzare ancora un ultimo episodio di Montalbano – quello che porterebbe in tv l’avventura finale del Commissario nel romanzo postumo di Andrea Camilleri, Riccardino – non sembra, però, in programma: “Alcuni di noi hanno provato a dirlo molto timidamente, perché era una cosa che Andrea desiderava moltissimo, e in qualche modo glielo dobbiamo. Però le condizioni al momento mancano, per cui credo che la fine del personaggio di Montalbano resterà confinata nella letteratura”.

Un’ultima domanda personale riguarda la fede buddista dell’attore: “È un percorso per trovare, anche stavolta, un conforto nella vita; ma non è solo questo, mi permette di essere molto presente in ciò che mi accade e di trovare la forza per affrontarlo. È una filosofia prima che una religione, un modo per approcciarsi a un sapere non solo razionale ma anche irrazionale, metafisico per certi aspetti. È un riferimento a comprendere l’esistenza in tutte le sue sfaccettature, un invito verso una possibilità interiore cui delle volte è più facile accedere; quando la vita si fa più complicata un po’ meno. Ma serve, a me è servito moltissimo”.

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