"Sono stata uccisa davanti agli occhi di Messina", il monologo di un'alunna del Maurolico per Sara VIDEO

“Sono stata uccisa davanti agli occhi di Messina”, il monologo di un’alunna del Maurolico per Sara VIDEO

Silvia De Domenico

“Sono stata uccisa davanti agli occhi di Messina”, il monologo di un’alunna del Maurolico per Sara VIDEO

Tag:

sabato 05 Aprile 2025 - 13:00

L'autrice è Flavia Beccaria. La notte dei licei classici si è fermata in piazza Duomo per ricordare Sara Campanella

servizio di Silvia De Domenico

MESSINA – “Il 31 marzo 2025 Stefano Argentino mi ha uccisa accoltellandomi, ma da quel giorno muoio ogni qual volta che si cerca di giustificare il carnefice, che si cerca di dare una spiegazione al folle gesto, che si cerca di colpevolizzare la vittima. Io sono morta sotto la luce del giorno, sono stata uccisa davanti agli occhi di Messina, e adesso, più che chiedermi “perché mi hai uccisa” mi chiedo “perché sono morta” se il mio sacrificio non sarà l’ultimo. Con il termine “femminicidio” non si indica il sesso di chi è stato ucciso, ma la causa. E allora, mamma, oggi che sono io, oggi che non potrò più tornare a casa, mamma, distruggi tutto. Oggi che è toccato a me voglio essere l’ultima”.

maurolico duomo sara campanella

Le riflessioni dei giovani studenti del Maurolico

Si chiude così il monologo della studentessa della VA del Maurolico, Flavia Beccaria. Insieme ai compagni di scuola ha dedicato un pensiero a Sara Campanella. In occasione della notte dei licei classici la scuola ha deciso di fermarsi un per un momento di commemorazione e riflessione in piazza Duomo. Gli studenti e le studentesse hanno letto pensieri e poesie scritte da loro. Un ragazzo ha recitato il testo della “Cazone di Marinella” di Fabrizio De Andrè, una compagna ha interpretato un estratto della Medea.

maurolico duomo sara campanella

Stretti per mano con un cuore al centro

Partiti dal loro istituto sul corso Cavour hanno marciato fino alla Cattedrale, accompagnati dagli insegnanti e dalla dirigente scolastica. In piazza il corteo è stato raggiunto dagli assessore Enzo Caruso e Liana Cannata. Per concludere la manifestazione si sono stretti per mano e in cerchio hanno ricordato Sara sulle note della canzone “Vietato morire” di Ermal Meta. Al centro un cuore rosso fatto di candele accese.

Vedi qui la galleria fotografica


Qui il monologo integrale della studentessa del Maurolico dedicato a Sara Campanella

Non ho tempo da perdere. Non voglio nulla con te. Spero ora, dopo un anno, di essere stata chiara. L’ultima volta ti ho detto “lasciami in pace”, cos’hai capito di questa cosa? Allora ora te lo ridico se mi puoi lasciare magari in pace, cortesemente? Tu te ne troni a casa tua e io continuo per la mia strada? Non lo so, mi devi seguire fino… Perché faccio così? Non lo so, dico, mi stai seguendo. Io non voglio ottenere nulla, sei tu che vuoi ottenere qualcosa se mi segui a ‘sti livelli, cioè non lo so. Non e possibile? Ma che cosa devi parlare di me se il parlare per te significa provare, uscire e fare qualcosa, mi dispiace”.

Mi dispiace, o almeno, mi dispiaceva prima che mi accoltellassi alle spalle.
Mi tremano le gambe, non riescono più a reggere il peso del mio corpo. Non riesco a respirare, mi manca l’aria. Brucio. Sto bruciando, sento la pelle umida, calda. La luce del sole non è mai stata così intensa, non vedo nulla, non riesco a tenere gli occhi aperti, mi gira la testa. Cado. Sono caduta, il marciapiede è sporco, sudicio. Provo a rimettermi in piedi ma non ci riesco, provo a trascinare il mio peso lungo la strada ma sono stanca. Sono stanca. La luce del sole è troppo forte, mi acceca. Sento ruvido sotto i palmi delle mie mani, mi sto graffiando. Sono stanca. Non respiro. Voglio chiudere gli occhi.
Così appoggiai la testa sull’orlo di quella strada e socchiusi gli occhi, mentre la luce del sole diventava sempre più bianca e quel rossore vivido che iniziava ad irrorare il suolo scompariva dietro le mie palpebre.
E improvvisamente il dolore svanì.
Non avvertì più quel senso di pesantezza che prima mi schiacciava contro il suolo. Riuscì a rimettermi in piedi, sbatte le mani così che quel residuo di polvere accumulatosi per terra potesse scivolare via.
Poi mi voltai.
Mi voltai e mi vidi.
Vidi il mio corpo, immobile, disteso lì da dove credevo di essermi appena rialzata.
Vidi il mio corpo, i miei capelli color dell’oro immersi in quello specchio rosso purpureo.
Qualche macchina inizia a rallentare, qualcun’altra accosta, i conducenti scendono, gridano, in pochissimo tempo vengo circondata da persone che però non è me che vedono. Mi attraversano, mi scavalcano, ma io rimango immobile perché nessuno di loro può sapere che sono lì, ferma, senza riuscire a togliermi gli occhi di dosso.
Sono morta.
Perché mi hai uccisa?
Perché mi hai uccisa, Stefano? Io avevo detto “no”. Io ti avevo detto di no Stefano, perché mi hai uccisa? Io avevo detto “NO”. Non te ne è bastato uno, non cinque, non cento. Avevo detto di no Stefano, e tu invece hai deciso per me, uccidendomi.
Io ti avevo chiesto di lasciarmi in pace, e “in pace”, adesso, ci sono davvero, ma non per volontà mia. Mi hai uccisa, Stefano, mi hai uccisa.
Ogni giorno ritorno lì dove mi hai rubata a questo mondo, ti rivedo afferrarmi, strattonarmi, fino a trafiggermi e lasciarmi lì, per terra, zuppa del mio stesso sangue.
Mi hai uccisa, Stefano, solo perché ti avevo detto di no.
Mi hai lasciata morire, da sola, su un marciapiede, davanti al luogo in cui sognavo di coronare il mio desiderio.
Mi hai strappata via Stefano, e con me hai portato via i miei sogni, le mie ambizioni, il mio futuro. Mi hai sottratta a mia madre, all’uomo che amavo e che mi ha amata veramente, all’uomo con cui, forse, avrei potuto avere dei sogni, ma con cui non potrò mai più, perché me lo hai impedito, ce lo hai impedito. Sono morta, Stefano, ma quel girono, quel giorno maledetto, non hai ucciso solo me.

Il 31 marzo 2025 Stefano Argentino mi ha uccisa accoltellandomi, ma da quel giorno muoio ogni qual volta che si cerca di giustificare il carnefice, che si cerca di dare una spiegazione al folle gesto, che si cerca di colpevolizzare la vittima. Io sono morta sotto la luce del giorno, sono stata uccisa davanti agli occhi di Messina, e adesso, più che chiedermi “perché mi hai uccisa” mi chiedo “perché sono morta” se il mio sacrificio non sarà l’ultimo. Con il termine “femminicidio” non si indica il sesso di chi è stato ucciso, ma la causa. E allora, mamma, oggi che sono io, oggi che non potrò più tornare a casa, mamma, distruggi tutto. Oggi che è toccato a me voglio essere l’ultima.

FLAVIA BECCARIA

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Premi qui per commentare
o leggere i commenti
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Salita Villa Contino 15 - 98124 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007

Questo sito è associato alla

badge_FED