Cartoline da Messina nell'Anno Primo della rivoluzione

Cartoline da Messina nell’Anno Primo della rivoluzione

Rosaria Brancato

Cartoline da Messina nell’Anno Primo della rivoluzione

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lunedì 23 Giugno 2014 - 22:09

Messina, giugno 2013, una città in macerie, senza presente, senza futuro. Disoccupazione alle stelle, la protesta in piazza è quasi quotidiana mentro lo spettro del default è una nuvola nera sullo Stretto. Messina, giugno 2014. Sul piano concreto non si sono registrati cambiamenti, nè svolte epocali. A mutare è il clima. E' come se le nuvole nere si siano allontanate per lasciare spazio, se non altro alla speranza. Abbiamo accostato le due cartoline, quelle di una città prima e dopo le bombe.

Un anno dopo la vittoria di Accorinti un fatto è certo: l’unica rivoluzione l’hanno fatta gli elettori che hanno mandato a casa la vecchia politica virando per il nuovo. La giunta invece si è distratta, dimenticandosi di fare la rivoluzione, esattamente come si è scordata di attuare il primo punto del programma, ovvero il taglio delle indennità agli assessori, proprio come ha fatto un altro rivoluzionario, il presidente Crocetta, per i primi due anni. I maligni dicono che alcuni assessori sono talmente distratti da essersi scordati anche di dare il sostegno economico al movimento Cambiamo Messina dal basso, che li ha portati fino a Palazzo Zanca.

Facciamo un passo indietro nel tempo, guardiamo com’era Messina nel giugno 2013 e poi raffrontiamo quelle immagini con quelle di oggi, per capire se è cambiata e cosa è cambiato in un anno. Il sindaco, festeggiando i primi 100 giorni aveva annunciato conferenze stampa di bilancio allo scadere dei successivi 100 giorni. Così non è stato. Siamo arrivati a 365 giorni e proviamo noi a tracciare un parallelo tra “ieri ed oggi”.

MESSINA-GIUGNO 2013-

La campagna elettorale per le amministrative si svolge in una città in macerie, dilaniata da scontri sociali, veleni, paure legate allo spettro del default, all’alto tasso di disoccupazione e precarietà, all’incertezza dello stipendio e all’assenza di risposte concrete, nonché di servizi adeguati alle esigenze di una comunità sempre più povera. La Messina del giugno 2013 esce da 9 mesi dei rigori della gestione commissariale di Croce, l’ennesimo commissariamento figlio di una politica che guarda solo ai suoi interessi, non si alza mai dalla poltrona per guardare dalla finestra cosa avviene nelle vite quotidiane dei cittadini. Con le sue dichiarazioni senza fronzoli, che non lasciano spazio ai compromessi, Croce ha fotografato la verità di un Palazzo con le casse vuote, sull’orlo di un default che è nei fatti, ma viene nascosto dalle parole dei bilanci. Il Comune è sul ciglio del burrone e non ci sono vie di scampo se non affrontare con lucidità la realtà.

I lavoratori Atm, Messinambiente hanno trascorso gli ultimi mesi a protestare per la mancanza di stipendi, trovando i cancelli del Comune chiusi. Anche quando riescono ad entrare nel Palazzo ci sono i tornelli. Nelle stanze dei bottoni non c’è più la politica che promette, ma un commissario che risponde con i conti alla mano. I servizi sociali sono allo stremo, i dipendenti delle cooperative, malpagati e raramente pagati, sotto il continuo “ricatto” di finire in strada, protestano mentre i destinatari dei servizi, disabili, anziani, minori, restano attaccati all’ultimo filo di speranza rappresentato dall’amore di quegli operatori che non li abbandonano, nonostante tutto. Casa Serena, inagibile e non a norma, rischia di chiudere battenti e gli anziani di essere trasferiti. Il servizio di trasporto pubblico è una chimera, i rifiuti coprono la città e la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea ad agosto chiuderà i cancelli ai camion di Messinambiente reclamando quei milioni di euro che il Comune non paga più per scaricare. L’edilizia è ferma, gli ex operai della Triscele non riescono a trovare nessuno che li aiuti per far decollare i loro sogni imprenditoriali. Il Teatro Vittorio Emanuele ha abbassato il sipario a marzo, non c’è stata alcuna stagione teatrale, solo un Rigoletto amaro sulle note di una protesta ignorata. Gli orchestrali suonano fuori dal teatro ma il coro degli indignati non viene ascoltato. I turisti rischiano la vita attraversando la strada, inciampano nei rifiuti e trovano i negozi della cortina del porto chiusi. La fiera è deserta, i padiglioni vuoti e abbandonati hanno un’immagine spettrale. Solo la lucida follia di Lello Manfredi a luglio riaccenderà riflettori e speranze di un’estate messinese che sogna di cambiare. Il Pinelli a febbraio è stato sgomberato dal Teatro in Fiera, abbandonato da 18 anni, simbolo dell’incapacità della politica di valorizzare il patrimonio e dal 25 aprile occupano la Casa del portuale, organizzando eventi e manifestazioni di tipo culturale. I sindacati protestano perché il servizio Metromare scade a fine giugno e migliaia di pendolari e passeggeri rischiano di restare in balia di un monopolio privato nello Stretto che guarda più ai mezzi pesanti e alle auto che non a chi transita a piedi. I tir scorazzano indisturbati per la città, senza alcun tipo di vincolo grazie ad una gestione bizzarra dei pass e dei controlli. Pochi mesi dopo i vigili scopriranno che decine di camionisti consideravano i pass temporanei come tessere personali che conservavano, anche scaduti, insieme alla carte d’identità e nessuno si era mai accorto di nulla. Il secondo approdo di Tremestieri era (ed è) una leggenda. Lungo le vie del centro si chiudevano, una ad una, le saracinesche di attività strozzate dalla crisi e dalla burocrazia. La manutenzione delle strade è inesistente e se avventurarsi sul Viale Italia è sconsigliato a persone a rischio infarto, a chi ha mangiato da poco e a chi non è dotato di jeep e fuori strada da Camel Trophy, ormai non esiste più via che non sia costellata di buche, voragini, imbuti, fori di ogni tipologia e dimensione. Sorvoliamo su verde e arredo urbano, gestione delle ville e delle aiuole. Nella città dei disoccupati e dei giovani che vanno via per studiare o lavorare, coop ed enti di formazione funzionano da ammortizzatore sociale ed ufficio privato di collocamento. Di lì a poco il pentolone sarebbe scoppiato, ma già da mesi Crocetta ha bloccato somme e progetti causando le proteste dei dipendenti del settore. Anche quell’ammortizzatore sociale, con l’operazione Corsi d’oro a luglio e nei mesi successivi cesserà di fare da cuscinetto alla disperazione di una città che sembra Beirut, e non solo per le buche…

Qualcuno, tra un caffè e un cornetto continua a discutere sulla localizzazione del Palagiustizia, altri sulle spiagge sporche, altri ancora sulle macchine in doppia fila. Perché in fondo si sa, anche quando si affonda il problema del traffico è sempre quello che accende i dibattiti al bar.

MESSINA- GIUGNO 2014-

Ed eccoci qui, un anno dopo, giugno 2014. Sul piano concreto non sono cambiate molte cose, anche le buche sono le stesse, ma a cambiare è il clima. E’ come essere a Beirut dopo i bombardamenti, quando il cielo si libera dalle nuvole nere e dal fumo e anche se ci sono macerie, morti e feriti, si respira un’aria diversa, di speranza, si guarda l’orizzonte pensando che sì, si può ricominciare anche se niente intorno ti spinge a farlo. E’ il clima più disteso, a dispetto di tutto, quel riaccendersi della speranza, nonostante tutto, che ti fa guardare con occhi diversi la città. Un anno dopo la vittoria di Accorinti il default è sempre un’ombra minacciosa ed anzi lo è di più perché le conseguenze di una situazione economica disastrosa le paghiamo giorno per giorno con un Comune che non può spendere un euro. La giunta non ha trovato il modo per uscire dall’imbuto, ci sta ancora studiando. La Corte dei Conti peraltro non è rimasta soddisfatta di quanto l’amministrazione sta facendo. Sono stati altri 365 giorni di rigore che si aggiungono agli anni passati e non lasciano speranze sul piano della ripresa. Senza soldi la giunta ha avuto le mani legate, a mancare però non sono stati solo gli euro, ma anche i progetti, le idee.

Gli stipendi di Messinambiente e Atm sono pagati con regolarità, ma sul fronte della qualità dei servizi non è cambiato nulla ed all’inizio non sono mancate le proteste dei lavoratori che erano in arretrato. La città è sporca come nel giugno 2013,non è stata avviata nessuna politica che inverta la rotta rispetto alla gestione della raccolta dei rifiuti. Anzi, dopo la chiusura dei cancelli di Mazzarrà per molto tempo abbiamo scaricato a Motta Sant’Anastasia, con un aggravio dei costi. Nessuna traccia della differenziata, nessun risparmio nella gestione del servizio ed a fronte di una situazione immutata, i messinesi hanno dovuto sborsare fior di quattrini per la Tares. Una stangata che ha portato tremila cittadini a protestare il 12 gennaio davanti al Comune,trovando i cancelli chiusi, in barba ad ogni forma di partecipazione annunciata dal sindaco. Proprio sul fronte della partecipazione strada facendo l’amministrazione ha perso quell’immagine di Palazzo di vetro aperto a tutti. I cancelli chiusi la domenica del 12 gennaio stati solo l’inizio di un percorso inverso che ha visto sempre più la giunta isolarsi rispetto all’esterno, non solo rispetto alle proteste,ma anche alle proposte. A lamentarsi anche quanti hanno sostenuto l’amministrazione e si sono visti, col tempo, tagliati fuori. E’ vero, i tornelli non ci sono più, ma dopo gli scioperi e le proteste che si sono registrati a Palazzo Zanca, in ultimo gli edili esasperati, è diventato sempre più difficile incontrare il sindaco. Spariti i tornelli restano i filtri e le porte chiuse. Anche i rapporti con i sindacati, all’inizio idilliaci, hanno subito una retromarcia se non dei veri e propri scontri come è capitato nel caso di Messinambiente con la Cgil o dell’Orsa per l’Atm. La partecipazione e il confronto hanno avuto un percorso inversamente proporzionale rispetto ai primi giorni, fino a far registrare un’insofferenza alle critiche (anche a quelle che vengono dalla stampa) da parte di sindaco e assessori, una specie di allergia incurabile e inspiegabile. Nulla è cambiato per i servizi sociali, nessuna rivoluzione. Stesso copione per l’Atm, e ancora oggi non si sa che cosa l’amministrazione voglia fare per l’azienda. Il trasporto pubblico è leggermente migliorato, ma come una coperta, se la tiri da un lato escono i piedi dall’altro e qualcosa resta sempre scoperta. Ma sul fronte viabilità una rivoluzione, e forte, tenace, c’è stata: l’isola pedonale, portata avanti contro ogni polemica e ogni resistenza. Un’altra piccola-grande rivoluzione è stata la Casa di Vincenzo, con la destinazione di un edificio non utilizzato per dare un tetto a chi non ce l’ha. Sul fronte migranti, nonostante l’impreparazione strutturale della città nell’affrontare un’emergenza con queste cifre, la giunta ha dimostrato di saper rispondere.

Nulla è cambiato rispetto al 2013 sul fronte water-front e risanamento,via Don Blasco e viadotto Ritiro. Le strade sono ancora disseminate di buche, che però, nell’era accorintiana si chiamano “buche tibetane”, pertanto, se ci finisci con la ruota non devi dire parolacce,ma accettare pazientemente gli ostacoli che rafforzano il carattere e sono opportunità di crescita. Nonostante per la manutenzione stradale sia previsto l’uso dei fondi ecopass non si hanno notizie certe su questa fonte d’incasso. Quanto alla battaglia anti-tir fino a pochi giorni fa la giunta è stata fin troppo morbida, peccando quantomeno d’ingenuità al momento del varo dell’ordinanza d’ottobre, quando ha accettato che siano le stesse società a gestire le deroghe da Tremestieri alla Rada. Morale della favola, senza controlli, senza segnaletica, i mezzi pesanti non si sono accorti che l’aria è cambiata. Pochi giorni fa il clima è mutato con l’annuncio del divieto di transito ai camion sul cavalcavia dal 20 giugno, per fronteggiare l’invasione dei mezzi della Cartour. Nulla è cambiato quanto a verde pubblico e arredo urbano e se la pulizia delle spiagge lo scorso anno è stata affidata ai volontari della prima ora, quest’anno si è programmato tutto con il consueto ritardo. Sul Palagiustizia ancora si discute e le soluzioni si moltiplicano come il pane e i pesci diventando sempre più fantasiose ed improbabili. Il sistema delle fognature è lo stesso e la stagione delle piogge ha fatto registrare gli stessi disagi di quando c’erano “quelli di prima”. La stagione teatrale al Vittorio non c’è stata neanche quest’anno, non per colpa della giunta,ma la fiammella è un Cda che in tempi rapidissimi ha nominato sovrintendente e direttori artistici. La Fiera ha ancora l’aspetto spettrale dello scorso anno e non c’è all’orizzonte alcun progetto per riportarla in vita. Per la verità manca proprio un “progetto complessivo” di sviluppo, un puntino lontano per dire “è là che vogliamo arrivare”. Non ci sono posti di lavoro in più, i giovani continuano a scappare, i negozi a chiudere. Non ci sarà la Campionaria neanche quest’anno, come non ci sono stati gli addobbi di Natale e i mercatini, i turisti continuano a rischiare la vita attraversando la strada e ad inciampare sui rifiuti. La crisi dell’edilizia è ancora spaventosa ma l’allegria degli ex Triscele sui manifesti e nella nuova fabbrica è contagiosa.

Un anno dopo, poco o nulla di epocale è accaduto, poco o nulla di concreto è cambiato. Ma è come dopo i bombardamenti, quando il cielo si sgombra dai nuvoloni neri ed anche senza motivo si sorride pensando che prima o poi il sole tornerà. Non sappiamo quando, non sappiamo se con questa giunta che non brilla per competenza amministrativa ed è fatta di professori che non accettano critiche e suggerimenti e trattano tutti come studenti al primo esame. Non sappiamo quali percorsi la Corte dei conti ci lascerà. Quello che sappiamo è che i bombardamenti sono finiti, la notte è passata, anche grazie a questi amministratori improvvisati che da ex ambientalisti plaudono alla discarica di Pace e pagano esperti per dirci come migliorarci, che da ex rigoristi confermano le indennità aggiuntive ai dirigenti, che non sanno risolvere il problema dei rifiuti, dei trasporti, dei servizi sociali e l’emergenza lavoro, che annunciano la flotta comunale ma non riescono a incassare l’ecopass, che non programmano un cartellone estivo ma annunciano di voler battere moneta complementare. Ma almeno non ci prendono in giro. E’ vero, non basta essere persone perbene per ricostruire, ma almeno, hanno allontanato il cielo scuro e la puzza dei bombardamenti. Il terreno è pieno di buche causate dagli ordigni, ma almeno sappiamo che non ce ne saranno altri.

Rosaria Brancato

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