Operazione "Vivaio", le richieste dell'accusa in appello

Operazione “Vivaio”, le richieste dell’accusa in appello

Operazione “Vivaio”, le richieste dell’accusa in appello

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martedì 11 Giugno 2013 - 06:15

I pg Giuseppe Verzera ed Enza Napoli hanno chiesto alla Corte d'Assise d'Appello l'assoluzione per due degli imputati in primo grado e la conferma di otto sentenze di primo grado. Al centro del processo l'operazione dei Ros che nel 2008 fece luce sulla gestione dei principali appalti e subappalti da parte del clan dei barcellonesi che, secondo l’accusa, controllava e gestiva le discariche di Mazzarrà Sant'Andrea e Tripi. Nel corso della guerra di mafia all'interno del clan fu ucciso Antonino Rottino.

Otto confeme , due assoluzioni e molti aumenti di pena . Queste le richieste dei pg Giuseppe Verzera e Enza Napoli alal corte d’assise d’appello nel processo scaturito dall’operazione Vivaio. L’inchiesta, condotta dai Carabinieri, il 10 aprile del 2008 portò all’arresto di 15 persone per associazione mafiosa finalizzate alle estorsioni. Queste le richieste: Carmelo Bisognano 6 anni (10 in primo grado), Bartolo Bottaro conferma a 2 anni, Tindaro Calabrese 30 anni (24 anni decisi in primo grado), Antonino Calcagno assoluzione ( 2 anni), Agostino Campisi 14 anni (16 anni), Salvatore Campanino la conferma di 8 anni, Alfio Giuseppe Castro, 8 anni e 6 mesi (15 anni), Aurelio Giamboi conferma a 2 anni, Cristian Giamboi assoluzione contro i 2 anni decisi in primo grado, Sebastiano Giambò conferma dei 14 anni, Aldo Nicola Munafò conferma ergastolo, Michele Rotella 16 contro i 12 anni, Thomas Sciotto conferma a 2 anni, Nunziato Siracusa conferma a14 anni, Carmelo Salvatore Trifirò 16 anni e 10 mesi contro i 12 anni, Giuseppe Triolo conferma a 2 anni.

Al centro dell’indagine condotta dai carabinieri del Ros la gestione dei principali appalti e subappalti da parte del clan dei barcellonesi che, secondo l’accusa, controllava e gestiva le discariche di Mazzarrà Sant’Andrea e Tripi. Un business da decine di milioni di euro che aveva assunto dimensioni enormi nella fascia tirrenica della provincia di Messina. Naturalmente gli imprenditori che si rifiutavano di sottostare al ricatto subivano pesanti minacce ed intimidazioni o danneggiamenti nei cantieri.

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