"Trasparenze": le poesie di Antonio David

“Trasparenze”: le poesie di Antonio David

Autore Esterno

“Trasparenze”: le poesie di Antonio David

domenica 23 Novembre 2025 - 20:39

È stata presentata, alla libreria Mondadori di Messina, una silloge di poesie. La recensione della professoressa Maria Arruzza

di Maria Arruzza

MESSINA – È stata presentata in questi giorni, alla libreria Mondadori di Messina, una bella silloge di poesie, “Trasparenze” del filosofo Antonio David, edita da Controluna .

Cominciamo dal titolo: “Trasparenze”. Cioè quel che appare attraverso. Attraverso le parole, ovviamente. Ma se ampia discussione critica letteraria c’è stata (soprattutto nella prima metà del secolo scorso) sul ruolo della poesia, non possiamo certamente  pensare di essere giunti a una conclusione: la poesia può, deve, essere “onesta”, come diceva Saba (“Ai poeti resta da fare la poesia onesta” – in Quello che resta da fare ai poeti), oppure deve essere ermetica e il lettore deve lasciarsi affabulare dal significante più che dal significato? La questione è ancora aperta e questo significa che non esiste una catalogazione rigida della poesia, la più bella delle arti letterarie, ma anche la più bistrattata.

Antonio David, sceglie una scrittura chiara, onesta, seppure di registro alto, che arriva immediatamente al cuore. Le trasparenze della sua poesia sono i temi, non l’argomento che è l’amore custodito, rincorso, perduto. L’amore, infatti, è solo il primo livello di lettura.

I temi come la solitudine, il vuoto, il tempo, l’apnea della vita sofferta, l’incredulità, il rapporto con Dio sono le vere trasparenze. Appaiono attraverso le parole (firmamento, cielo, stella, sole, anima, immenso per attrarre lo sguardo verso l’incommensurabile e si affacciano prepotenti nelle anafore (è semplice e impegnativo amarti/è semplice perché è facile – che poi ripete a specchio all’ultimo verso della 30.ma poesia Eppure, è tanto semplice amarmi – ; ti farei scoprire/ti farei vedere; che ne sapete voi) per sottolineare il flusso dei pensieri che invece sono prettamente umani.

Sono temi individuali ma universali. Antonio David ha scelto la forma poetica optando per uno stile che in qualche strofa, pur mantenendo il ritmo, è quasi prosastico, perché la poesia è lo strumento che maggiormente permette di esprimere dal profondo.

I versi sull’amore, Dio e la bellezza

Questa silloge ha come un battito interno, che segna il tempo che scorre, galoppante da giovani si trasforma in uno stillicidio da adulti, in immobilità da anziani: pensiamo ai primi versi della prima poesia T’ho aspettata prima che nascessi/ e, nell’attesa, m’ha travolto il tempo. /Sadico, ha trangugiato/ tutti gli istanti della mia giovinezza. E più avanti nella poesia 19: Il tempo ci spalanca, inorridito/giorni crudeli, duri, insanguinati, e paesi e uomini e speranze/ si schiantano dilaniati con livore./ Ma noi li affronteremo col coraggio/d’essere insieme forti innamorati. Qui sentiamo il per sempre dei giovani innamorati, quelli che ancora si lasciano promettere e illudere dall’amore. Racconta il passato ma sentiamo il futuro, la speranza. Poi arriva la consapevolezza matura, hegeliana oserei dire, quell’hic et nunc, quel presente da “strappare di soppiatto” per accogliere la stella incastonata nel trasparente firmamento (ed è l’unica volta in cui si parla di trasparenza): Per sopravvivere/ in questo spazio disanimato/ d’un presente pietrificato dal nulla/ disilluso di vita/ mi sono accovacciato/ nell’angolo più abbandonato/ del silenzio millenario/ e il mio cuore desolato/ ho drogato di tempo. E infine la disillusione, il vuoto, l’apnea della vita: La mia anima/incastonata nel tuo nome/ rimane neghittosa/nel limbo d’un tempo pietrificato/a macerarsi/ come un’orchidea/ in un pozzo di fango/ ormai dimentica/ della serra sfarzosa/ che la cantò regina./Non ci sarà mai più/ un trepido sussurro/ che si inerpichi/ sopra un raggio di sole/ ad invocare il suo viso smarrito/ nei tanti volti/ di evanescenti donne./ La mia anima è aduggiata/solo/ dal sudario del nulla. E qui subentra il mai più.

Resta da affrontare l’argomento: l’amore rincorso, aspettato, sognato, sfiorato e perduto. Ma Cinzia non è il simbolo dell’amore. Non è l’angelo che guida il poeta (sebbene i rimandi a Dante siano frequenti e dichiarati: Come Beatrice mi tenderai la mano/e nell’abbagliante Iperuranio/io, solo io, potrò capire/il gran segreto dell’Essere). Cinzia è una donna, con un corpo, con capelli che fluiscono radiosi e neri, il seno granito di velluto, gli occhi neri da favola, la bocca sempre sorridente pronta a elargire dolcissimi baci, pronta a ritrarsi e negarsi, in un delicatissimo erotismo romantico. Disperate mani si protendono, le mie/inutilmente ad afferrarti./ Ormai sei già lontana, un punto. Darsi e ritrarsi. In prefazione Tania Di Pietro afferma che al centro delle poesie di Antonio David non c’è l’amore, ma il desiderio. Secondo me la sofferenza, in questo caso, non nasce semplicemente dall’amore negato o dal desiderio che rimane. E’ qualcosa di molto più complesso. Nasce dalla coscienza che l’amore è ingannatore. Promette e non mantiene. Mi viene in mente Catullo. E’ nel carme 76 che Catullo si rivolge agli Dei chiedendo di liberarlo dalla sofferenza: Non chiedo che torni ad amarmi;/non inseguo ciò che è impossibile./Chiedo solo di guarire,/di liberarmi da questa pena lacerante. L’amore come una malattia, insomma. Non t’angosciare accarezzando un sogno:/ tu cerchi solo quella che non c’è, chiosa Antonio David e dopo le invettive verso gli altri, indifferenti (che ne sapete voi), conclude che solo gli angeli,/ custodi apprensivi dei nostri rimorsi,/ divinamente umani, /si affliggono, ma ci sussurrano /di continuare a vivere.

Dio è spesso citato nei suoi versi, eppure qualche volta tra le parole “traspaiono” sentimenti contrastanti, che ricordano l’idea della Natura matrigna di leopardiana memoria più che l’idea di un dio-Provvidenza. Cioè, si nota un uomo stupefatto da un Dio che non mantiene la promessa di felicità, un uomo in-credulo.

L’altro argomento che apre discussioni infinite è il concetto di bellezza. Cosa è bello? “La verità è bellezza” e tu sei così bella, virgolettando parte di un verso di Keats, che con un chiasmo enuncia la bellezza è verità e la verità bellezza, David riconosce l’immediata identità fra bellezza e verità come diceva Keats, oppure come sostiene Hegel la bellezza esprime la verità, ma non è tutta la verità, cioè la bellezza è una forma della verità, l’idea resa sensibile? Di certo la bellezza è imprescindibile rispetto all’amore, perché è bello ciò che si ama.

Maria Arruzza

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