Fondazioni Anci Ricerche Cittalia: 38% dei Comuni Italiani ad alto rischio sismicità. Messina e Reggio, per numero di abitanti, sono nella situazione peggiore

Fondazioni Anci Ricerche Cittalia: 38% dei Comuni Italiani ad alto rischio sismicità. Messina e Reggio, per numero di abitanti, sono nella situazione peggiore

Fondazioni Anci Ricerche Cittalia: 38% dei Comuni Italiani ad alto rischio sismicità. Messina e Reggio, per numero di abitanti, sono nella situazione peggiore

venerdì 09 Ottobre 2009 - 01:10

Sono 3060 i comuni italiani che presentano un grado di sismicità medio-alto. Tra questi, le due aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, per numero di abitanti, coprono buona parte della percentuale totale

Tanto interessante da far tremare lo Stretto è il rapporto -I Comuni Italiani 2009-, realizzato dalle Fondazioni Anci Ricerche Cittalia in collaborazione con Ifel e presentato alla 26esima Assemblea, che ha aperto battenti ieri al Lingotto Fiere di Torino.

Dal rapporto emerge una inquietante situazione che coinvolge diverse regioni e micro-zone Italiane. Dallo studio si evince che, eccetto alcune aree delle Alpi centrali e della Pianura Padana, oltre al tratto costiero della Toscana, le zone più colpite dai sismi per frequenza e intensità, come le Alpi orientali, l’Appennino Centro-meridionale, l’Arco calabro e la Sicilia orientale, fanno dell’Italia una delle zone più sismiche del Mediterraneo. Ma questo già lo sappiamo.

Le quattro classi di rischio individuate dallo studio prevedono situazioni catastrofiche nel 100% dei comuni Calabri e, per una percentuale pari al 91 % per la nostra regione. Ovviamente, in testa ai comuni a rischio sismico sono Reggio e Messina che, essendo posizionati in una delle faglie terrestri più attive, in qualsiasi momento possono aspettarsi un movimento tellurico che, tra i più potenti mai visti sulla Terra, e senza un accurata prevenzione che dovrebbe partire da subito, rischiano di divenire, visto la concentrazione abitativa, la più spaventosa catastrofe della storia dopo l’estinsione dei dinosauri. Si, forse può sembrare un esagerazione – lo è -, ma vista la situazione delle due città, è chiaro a tutti come Messina pecca nel proseguire la sua espansione edilizia verso le sue colline di creta e sabbia. Definire questi rapporti come puri e semplici passatempi di studiosi che non sanno cosa fare non deve, ancora una volta, portare ad una sottovalutazione del rischio, che, parliamoci chiaro, a Giampilieri, Altolia, Molino e Scaletta ha causato sino ad ora 28 morti e più, purtroppo; non dimentichiamolo.

Qualcuno potrà anche sostenere che nelle zone alluvionate non ci sia certo stato il terremoto; ma il concetto è lo stesso. La prevenzione oggi costa poco ma vale tanto in termini economici, e soprattutto di vite umane che non possono in nessun modo, anche mettendo in causa fattori economici che a chi perde un parente interessano poco, proseguire in negligenza e la poca attenzione a determinati studi rischiano di farci piangere sempre dopo il danno avvenuto. “Io lo sapevo” non serve più. Sono passati pochi giorni dalla catastrofe, e cosa abbiamo visto di diverso da all’ora ad oggi? E’ passata già una settimana, cari messinesi. Quant’è lunga una settimana? Confidiamo nel Consiglio, nel Sindaco, nella Magistratura ed in tutti gli enti preposti a fermare lo scempio della nostre bella Messina.

Qualche trattore c’è pure stato a pulire le fiumare, e lo sappiamo dai commenti su Tempostretto e per averli avvistati in qualche alveo, ma abbiamo visto solo bobcat, mezzi piccoli e poco operativi nel risolvere problematiche gravi che da Bisconte a Pace, passando per Cumia, Gesso e Castanea, Pezzolo e Faro superiore – solo per citarne alcuni – coinvolgono quasi il totale del territorio. Abbiamo visto nascere palazzi pazzeschi in cima alle colline che pare vogliano crollare da un momento all’altro, strutture fantascientifiche di dieci piani che sorgono a due passi dal centro, edifici commerciali serviti solo da una strada, “puntellature che hanno fatto la ruggia”. Alcuni di questi interventi, come i trattorini nei torrenti, renderanno il nostro territorio forse più bello a vedersi, senza ferraglia e spazzatura, ma poco curato nell’edilizia residenziale, nell’accurato controllo del rischio idrogeologico tramite studi, ipotesi, progetti, esperti. La nostra terra è stata colpita da interessi subdoli e mai c’è stato un attento controllo del territorio ed oggi che la natura si prende la sua rivincita è ora di moderare, studiare, analizzare, prevenire la sua vendetta. Diamoci da fare nel rivedere qualche parametro, che probabilmente è stato concesso con troppa superficialità e poca attenzione. D’altronde, tutti ci dicono di fare ciò, in un momento come quello che stiamo vivendo, che deve immancabilmente essere per sempre fisso nella nostra memoria, agiamo, perché noi non vogliamo più piangere per i nostri fratelli.

Quello che avete letto prende spunto dalle frasi di Roberto Raggi, sindaco di Piacenza e Presidente della Consulta Protezione Civile dell’ANCI che dice:

-E’ necessario lavorare insieme ad un Piano Nazionale di Prevenzione e protezione civile. E’ necessario investire sulla Prevenzione. Prevenzione significa meno perdite di vite umane, limitazione dei danni e degli interventi di ripristino. Come ANCI già prima del terremoto dell’Abruzzo e delle alluvioni di Messina, abbiamo scritto al Presidente del Consiglio e al Sottosegretario Bertolaso affinchè fosse insediato in Conferenza Unificata un gruppo permanente per un Piano Nazionale sulla Prevenzione dei Rischi. Abbiamo la necessità di capire il quadro degli interventi degli ultimi dieci anni, delle risorse destinate alle Regioni sulla protezione civile. Dagli incendi boschivi al rischio idrogeologico, dalla messa in sicurezza degli edifici ad una diffusa cultura della protezione civile a partire dall’adozione dei piani. Abbiamo più volte denunciato – evidenzia Raggi – che le risorse sulla Prevenzione sono irrisorie. Quelle che arrivano ai Comuni per la protezione civile sono spesso pari a zero.-

Come dargli torto.

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