L'imprenditore al 41 bis e la sua famiglia rispondono al giudice. Ecco la loro versione
MESSINA – Hanno deciso di rispondere a tutte le domande del giudice Pietro Nicola Mazzagatti e i suoi familiari, agli interrogatori di garanzia disposti dopo il blitz della Dia della scorsa settimana che ha portato all’arresto dei familiari più stretti dell’imprenditore di Santa Lucia che è al carcere duro da qualche anno. Mazzagatti, assistito dall’avvocato Sebastiano Campanella come il resto dei familiari, è stato ascoltato per rogatoria dal carcere di Viterbo dove è al 41 bis.
Ha fornito la sua versione, negando “manovre occulte” e interferenze con l’amministrazione giudiziaria. Non controllava nulla, insomma, tramite suo figlio e la moglie, piuttosto forniva le indicazioni che poteva fornire da gestore prima dei sequestri e della confisca, e in piena armonia con l’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Stesso tenore le difese della moglie Nicolina Famà e dei figli.
Ha scelto di rispondere anche Salvatore Chillemi, coinvolto perché considerato prestanome di Mazzagatti, titolare di una società creata appositamente per consentire all’uomo in carcere di continuare a gestire le attività confiscate. Assistito dall’avvocato David Bongiovanni, Chillemi ha chiarito di aver inizialmente chiuso alla trattativa con l’amministratore giudiziario, per l’affitto dei saloni, perché non riteneva il canone congruo. Ha cambiato idea non su pressioni esterne ma su una successiva valutazione dei suoi consulenti.
I difensori hanno chiesto al giudice di rivedere il provvedimento cautelare disposto, il giudice si pronuncerà nei prossimi giorni.